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Napoli, itinerario in dieci tappe per scoprire le meraviglie nascoste della città-teatro. Lontano da turisti, presepi e pastorelli

Napoli, città teatro, dove ci si immerge quotidianamente nella bellezza tanto da non farci più caso. Ma ce lo ricordano, loro, i distru/turisti che invadono ogni angolo del centro storico ridotto a una mangiatoia/friggitoria/pizzeria. Siamo a un massimo storico di presenze oltre il 21%. Adesso bisogna alzare il livello del turismo, è il chiodo fisso di Nino Daniele, filosofo e assessore uscente alla Cultura: “Napoli sta vivendo una stagione di fermenti, frutto di uno sforzo corale”. E per quelli che nun me piace ‘o presepio, tormentone eduardiano di Natale in Casa Cupiello, che rinunciano all’ingordigia di pastorelli, fatti, rifatti e contraffatti, ecco un itinerario in dieci tappe. E segnatevi questi nomi, alcuni sono già famosi. Altri lo diventeranno.

1) Spettri. La Thomas Dane Gallery è il primo must to see. Hanno scritto che è la galleria più bella del mondo, anche vuota. E non esagerano. Direttamente da Londra si installa al piano nobile di Villa Ruffo, ex residenza di Benedetto Croce, con veranda in stile liberty spalancata sul mare. A fare gli onori di casa la stilosa Federica Sheehan, cresciuta tra Milano e New York. Ha inaugurato ieri con Lynda Benglis, classe 1941, americana, una pioniera nello sperimentare crossover di diversi materiali: ceramica, gesso, bronzo, silicone e poliuretano.

2) Eroi Allomatici. La galleria Prac di Piero Renna (a Pizzofalcone che è di fatto un brand) ospita la personale di Elena von Hessen, principessa reale (sua nonna era Mafalda di Savoia, morta nei campi di concentramento). Eclettica artista che dall’avanguardia berlinese è approdata all’atelier di design di Alessandro Mendini. I suoi “eroi” sono pennellate di alberi antropomorfi. Una mostra al top con vista sul cupolone della Basilica di San Francesco di Paola.

3) Lighea. Come la sirena mitologica e fonte d’ispirazione per Renato Leotta, torinese d’origine siciliana. Le sue opere create e modellate dal moto ondoso dell’acqua, due calchi in sabbia rossa e bianca cristallizzati nel tempo. Alla Galleria di Giangi Fonti, un napoletano di casa a Zurigo.

4) Sette Opere per la Misericordia. Sette artisti sono stati chiamati a interpretare il sublime Caravaggio che sovrasta sull’altare della cappella. Fra questi la raffinata artista inglese Allegra Hicks chiamata a dialogare con l’altro allestimento di quattro sculture in corallo rosso realizzate da Jan Fabre per il Pio Monte della Misericordia che si inaugura il 21 dicembre.

5) Il suono della Parola. Nella seicentesca chiesa di Santa Maria del Purgatorio ad Arco, accoglienza e multiculturalità. E’ il leitmotiv della Fondazione Pietà dei Turchini, a cura di MiNa vagante. L’orchestra delle Donne Arabe del Mediterraneo è una sinfonia di voci e suoni avvolgenti. A cominciare dal nome “Alma’ra” (con pronuncia aspirata) che in arabo vuol dire “donna con dignità” perché diversità vuol dire ricchezza. Nell’ipogeo, antico luogo di culto, ci sono invece resti umani e teschi delle anime pezzentelle.

6) Frammenti di Muro e di Persone. Dalla Cappella Palatina del Maschio Angioino al carcere minorile di Nisida. I muri si abbattono, non si alzano, ricorda Luciano Ferrara, raffinato fotoreporter giramondo, praticamente l’ultimo dei mohicani. Quel muro “armato” di filo spinato, una serpentina lunga 43 chilometri, si sgretola sotto i suoi occhi e di migliaia di berlinesi in festa.

7) L’arte Povera al Madre (che di povera è rimasto solo il nome). Marcello Rumma, dal 1965 al 1970. Sei anni d’amore e d’arte prima di morire giovanissimo, tragicamente. Lia Rumma, sua moglie, ha cominciato da lì. Da Salerno alla ribalta internazionale, ha riscritto i codici dell’arte contemporanea, è diventata una delle più influenti galleriste al mondo. Lei stessa fa da narratore alla mostra omaggio con 80 opere e oltre un centinaio tra foto e filmati.

8) Due location per la coreana Yeesookyung. Al Madre utilizza porcellane cinesi dipinte a mano e scartate perché difettate. Un modo per riutilizzare lo scarto. In fondo siamo tutti cocci rotti e riattaccati. Al Museo di Capodimonte l’artista nelle sue installazioni “dialoga” invece con la tradizione delle porcellane della Real Casa borbonica.

9) One Shoot. Archivio di Stato, maestoso monumento, chilometri di scaffali, il gigante di carta che concentra in un unico luogo la documentazione prodotta in secoli di storia. La madre di tutti gli archivi ha sede nell’antico monastero benedettino del IX secolo. Qui soggiornò Torquato Tasso nel 1594, scrivendo e lottando contro la malattia e i demoni. Solo il 13 dicembre visita guidata promossa da Casa Corriere. Altrimenti per farselo riaprire cliccare il sito ufficiale. O avere qualche santo in paradiso!

10) Festival Barocco Napoletano. Nella sala del Toro Farnese del Museo Archeologico il 23 dicembre dicembre inaugura la quarta edizione da un’intuizione di Massimiliano Cerrito: “Tutto nasce in Campania, dove l’industria culturale dal ‘500 in poi ha quattro Conservatori e 300 maestri. Mozart, Haydn e Beethoven prenderanno lezioni e attingeranno al repertorio di Paisiello, Cimarosa, Scarlatti…”

Last but not least. Musica maestro. Il 19 gennaio al Teatro San Carlo suona Riccardo Muti la Sinfonia No 9 “Dal Nuovo Mondo” di Dvořak. Risparmiate fatica, è tutto sold out da mesi.

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