Un gruppo di ricercatori della University of Manchester sostiene che non è la luce blu ad alterare l'orologio biologico.
Un gruppo di ricercatori della University of Manchester ha realizzato uno studio che sembra sconfessare la convinzione che la luce blu degli schermi alteri il ciclo del sonno. Il dottor Tim Brown del Dipartimento di endocrinologia, gastroenterologia e diabete, ha scoperto che le attuali tecnologie impiegate ad esempio da smartphone e monitor per limitare l’esposizione alla luce blu nelle ore serali potrebbero essere controproducenti.
L’ideale infatti sarebbe di fruire di luci fioche, più fredde, di sera e più calde durante il giorno. Non è un caso infatti che il crepuscolo, che viene recepito da corpo come un momento appropriato per andare a dormire, si distingua dal resto della giornata per i suoi toni più scuri e un blu più intenso.
La ricerca sui topi effettuata dal gruppo inglese ha sfruttato un’apparecchiatura speciale capace di regolare il colore senza cambiare la luminosità. I risultati dei test hanno confermato che i colori blu hanno prodotto effetti più deboli sull’orologio biologico rispetto ai colori giallo altrettanto luminosi. Il motivo si deve al fatto che il nostro “orologio” utilizza una proteina sensibile alla luce presente nell’occhio per misurare la luminosità, chiamata melanopsina, che funziona meglio nel rilevare fotoni a lunghezza d’onda più corta. Inoltre la nostra percezione del colore, che proviene dalle cellule del cono retinico, fa sì che i segnali di colore blu riducano l’impatto della luce stessa sull’orologio biologico.
“C’è molto interesse a modificare l’impatto della luce sull’orologio biologico regolando i segnali di luminosità rilevati dalla melanopsina, ma gli approcci attuali di solito lo fanno modificando il rapporto tra luce a lunghezza d’onda corta e lunga; ciò fornisce una piccola differenza di luminosità a scapito di cambiamenti percettibili di colore”, ha spiegato Brown. “Sosteniamo che questo non è l’approccio migliore, poiché i cambiamenti di colore possono opporsi a qualsiasi beneficio ottenuto dalla riduzione dei segnali di luminosità rilevati dalla melanopsina”.
Insomma, l’idea è che per favorire il benessere sarebbe meglio usare il colore in modo appropriato: luci fioche e di cromia fredda la sera; calde e luminose di giorno.
La ricerca della University of Manchester è stata pubblicata il 16 ottobre sulla rivista scientifica Current Biology.