A Bari non sono solo i soci a tremare. Nelle mani dei piccoli risparmiatori c’è anche un bond subordinato emesso nel 2014 del valore complessivo di 213 milioni di euro. Per sua natura si tratta di un prodotto finanziario estremamente rischioso, tra i primi ad assorbire le perdite in caso di fallimento e convertibile in capitale ordinario in caso di necessità patrimoniali della banca. Il bond sembra però essere stato studiato apposta per finire nei portafogli dei “piccoli”. Il singolo titolo è stato emesso con un valore 6 euro, erano quindi sufficienti somme modeste per acquistarlo. Scadenza nel 2021, il titolo subordinato della Bari paga un interesse annuo del 6,5%. Alto ma non altissimo considerato il livello di rischio. Basti dire che oggi, nonostante il piano di salvataggio con un corposo contributo pubblico, è ancora tutto da vedere se gli obbligazionisti subordinati recupereranno tutti i soldi investiti o saranno invece chiamati a sostenere parte dei costi della crisi con il meccanismo del burden sharing.

In generale per le banche vendere questi bond a piccoli risparmiatori è sempre un affare poiché riescono a corrispondere interessi più bassi rispetto a quelli che verrebbero chiesti da investitori istituzionali, ben più consapevoli di quel che stanno acquistando. Pratiche simili emersero anche nel caso di Mps, Banca Etruria e banca Carige. Non di rado con comunicazioni incomplete alla clientela sul livello di rischio dell’investimento che veniva proposto. Il valore del bond della Bari nel frattempo è collassato intorno ai 50 centesimi. Perdite del tutto virtuali che rischiano per di più di aggravarsi ulteriormente fino al totale azzeramento del titolo. Anche perché, ormai, vendere è impossibile.

Al momento in Italia ci sono bond subordinati bancari in mano a piccoli risparmiatori per un controvalore di 31 miliardi di euro. Un ammontare simile è invece in mano a investitori istituzionali, ossia altre banche, fondi eccetera. In teoria, chi acquista questo tipo di obbligazioni dovrebbe essere ben conscio del rischio che corre. Per questa ragione la disciplina europea sui salvataggi bancari (bail in) prevede che azioni e bond subordinati siano i primi titoli immolati agli sforzi di ristrutturazione. Questo schema fu seguito nel caso di Etruria salvo poi predisporre dei ristori ad hoc per i piccoli risparmiatori in possesso di questi titoli che dimostrassero di essere stati ingannati sulla natura del prodotto. Nel caso di Mps è stato possibile convertire i bond in azioni e obbligazioni ordinarie attraverso due differenti interventi sostenuti dal governo.

@maurodelcorno

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