Ieri presso la nota casa d’aste Sotheby’s, durante l’annuale asta “History of Science and Technology” dedicata ai dispositivi tecnologici e scientifici che hanno fatto la Storia, è stato battuto per 43.750 dollari un telaio Jacquard del 1850. Si tratta di un esemplare davvero prezioso in quanto rappresenta uno dei primi “antenati” degli attuali computer, precedente perfino alle più famose “macchine” di Babbage. Mentre la Macchina Differenziale risale infatti al 1819, e la Macchina Analitica al 1833, il telaio Jacquard esordì già nel 1804.
L’evento è interessante, perché costituisce un’occasione per gettare uno sguardo indietro nel passato più lontano, per scoprire le radici delle tecnologie attuali, che sono spesso assai più profonde di quanto possiamo immaginare.
Con l’espressione Telaio Jacquard si intende solitamente un normale telaio per tessitura, a cui veniva però applicato il macchinario messo a punto dal francese Joseph-Marie Jacquard, che consentiva la movimentazione automatica dei singoli fili dell’ordito. In questo modo era possibile realizzare lavorazioni anche particolarmente complesse, utilizzando un unico tessitore e schede perforate come “istruzioni”.
E proprio le schede perforate rappresentano il vero trait-d’union tra il passato industriale e il presente. L’idea di “automatizzare” tanto i sistemi di produzione quanto lo svolgimento di calcoli complessi, ha infatti radici lontanissime accomunate proprio dall’utilizzo della scheda perforata. Quest’ultima è un tipo di supporto per immagazzinare istruzioni, in cui le informazioni in codice sono rappresentate dalla presenza o dall’assenza di fori su rotoli di cartoncino o, più avanti, di schede come nel caso del formato standard messo a punto da IBM.
Non a caso, la nascita delle schede perforate precede di molto quella dei computer. I primi esempi dell’uso di questo tipo di istruzioni risalgono addirittura al 1725, anno in cui Basile Bouchon usò questa soluzione proprio per controllare la riproduzione di complessi motivi floreali sui telai. L’anno successivo inoltre il suo collaboratore Jean-Baptiste Falcon migliorò ulteriormente il progetto originario, grazie all’introduzione di sequenze di schede che rendevano più facile riprogrammare le macchine. Jacquard perfezionò poi ulteriormente questo metodo, consentendo un’automazione maggiore dei telai, grazie all’eliminazione della necessità di inserire le schede manualmente.
Nei decenni successivi questa soluzione fu adottata in diversi ambiti dell’automazione, prima come detto da Charles Babbage e poi da Herman Hollerith nel 1885 e da James Legrand Powers nel 1907. Questi due in particolare misero a punto macchine sempre più raffinate basate sull’uso di schede perforate, per i censimenti negli Stati Uniti. Anzi fu proprio Hollerith nel 1896 a fondare la Tabulating Machine Company, aggiudicandosi l’appalto per la fornitura di macchine per schedatura per il Census Bureau. Nel 1911 infine, fondendosi con altre aziende, diede vita alla Computing Tabulating Recording Company, destinata a diventare più nota, a partire dal 1924, con il nome di IBM.
Insomma in nuce in quei piccoli fori su cartoncino c’era gran parte della nostra idea di futuro, molto prima di Alan Turing o della macchina Enigma, e in maniera assai più significativa, perché lega l’idea di tecnologia e progresso a quella di automazione e produttività industriale. Non è un caso se il romanzo steampunk del 1990 “La macchina della realtà” di William Gibson e Bruce Sterling sia totalmente incentrato sulla macchina di Babbage, ma soprattutto su un misterioso mazzo di schede perforate sviluppate dalla matematica Ada Lovelace, in grado forse di riscrivere la nostra stessa realtà.