Per capire il ruolo determinante che l’architettura potrebbe avere all’interno dei processi delle politiche sociali – ruolo sottostimato dalla Politica, che con occhio ciclopico punta alle grandi opere come unica strategia per il rilancio del Paese – si dovrebbe guardare a iniziative significative come quella della strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, che attualmente vanta un fondo pari a circa 4,8 miliardi di euro.
La finalità della strategia è quella di restituire alla collettività i patrimoni accumulati illegalmente attraverso la ri-progettazione e la valorizzazione di immobili e aziende confiscati alla criminalità organizzata. In Italia i beni dati in “gestione”, cioè sottoposti a sequestro o confisca anche non definitiva, sono 17.220, mentre i beni già “destinati”, ovvero disponibili per un intervento di co-progettazione per definirne il riuso ed essere messi a disposizione della collettività, sono 13.140. Circa il 60% di questi sono unità immobiliari per uso abitazione, il 30% sono terreni e circa il 9% sono immobili a destinazione commerciale e industriale.
In questo contesto opera con incrollabile determinazione l’architetto Luigi Centola dello studio Centola&Associati e fondatore del master Nib, con Giovanni Allucci – direttore del consorzio Agrorinasce. Da cinque anni collaborano insieme nel laboratorio “Agrorinasce-Nib” e oggi possono presentare 25 proposte progettuali per la regione Campania, elaborate dai giovani architetti, ingegneri e designer delle varie edizioni dei master Nib.
Tra questi: il progetto per il riuso delle tre ville del boss Michele Zagaria a San Cipriano D’Aversa destinate a sede del consorzio Agrorinasce, spazio incubatore e start up; il riuso di un appartamento trasformato in Housing Sociale a Casapesenna; il riuso di un ex mattatoio confiscato e riprogettato come spazio co-working a Villa Literno. Il ruolo svolto dal laboratorio “Agrorinasce-Nib” ha un valore aggiunto: con i suoi 15 studi di fattibilità e i numerosi progetti pilota per il riuso di beni sequestrati in Campania, tenta di strutturare una sorta di teoria progettuale dei beni confiscati, sistematizzando in questo modo le passate esperienze progettuali.
Della sistematicità delle procedure ci sarebbe un grande bisogno, perché “le criticità sono molte”, ammette l’Agenzia nazionale per la destinazione e l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc), che aggiunge: “Il mancato utilizzo degli immobili e i ritardi nei processi di rilancio o liquidazione delle aziende sono riconducibili in misura significativa al fatto che gli Enti responsabili di questi processi non dispongono di personale sufficientemente qualificato per poter gestire e valorizzare tale tipologia di beni. Le capacità amministrative, progettuali e di lettura delle opportunità socio-economiche, necessarie alla valorizzazione dei beni e delle aziende, sono scarse o del tutto assenti presso le diverse Amministrazioni pubbliche coinvolte”.
Il tema della riconversione e progettazione dei beni confiscati è una forma di intervento per lo sviluppo territoriale e a favore delle politiche sociali che, se messo a sistema, potrebbe ampliare la strategia del “rammendo” teorizzata dal senatore Renzo Piano per il Paese.
Forse il “rammendo” è una definizione troppo demagogica e mimetica, se applicato al tormentato territorio delle periferie italiane, che avrebbe piuttosto bisogno di interventi vigorosi. Ma è un termine che rappresenta bene l’urgenza di “rammagliatura” di un tessuto sociale e di un territorio strappato, tagliato e logorato dalla sopraffazione, come quello dove sono presenti le mafie e il malaffare.