Bei tempi quando Beppe Grillo prometteva la dismissione dell’Ilva di Taranto, la bonifica del territorio e la creazione di parchi. Chi non vorrebbe un parco al posto di una fabbrica altamente inquinante? E infatti i voti per il Movimento fioccavano. Quando il M5S è divenuto primo partito, il numero di deputati e senatori era troppo grande per continuare a nascondersi sotto il letto: bisognava usare i voti ricevuti e governare, perché anche l’elettore più ingenuo vota un partito per mandarlo al governo, non all’opposizione. Ma l’Ilva non si poteva chiudere: c’erano i contratti e le penali (nulla di segreto per carità: se uno rompe un accordo paga i danni all’altro contraente, anche nei contratti tra privati). E così, col malcontento di molti elettori e di molti eletti, il governo M5S-Lega ha ratificato accordi già iniziati sotto l’odiato Pd e ceduto l’Ilva ad Arcelor-Mittal.
La sorte benigna regala una grande ed inaspettata opportunità al Movimento: Arcelor getta la spugna e vorrebbe recedere dal contratto, pagando la penale relativa. Il progetto parchi ritorna possibile! Come mai nel Movimento non si stappano bottiglie di champagne?
Pare che la chiusura degli altiforni comporti la cassa integrazione, e in prospettiva la disoccupazione, per i lavoratori ex-Ilva. Era anche questa una conseguenza segretata dal Pd? Beppe Grillo non ci aveva pensato. E non ci avevano pensato neppure gli elettori. O forse ci avevano pensato e si erano detti: parchi e reddito di cittadinanza, perché no? Ma il reddito di cittadinanza funziona solo se da qualche altra parte del paese c’è un’altra Ilva, in attivo e più grande di quella che si vuole dismettere, le cui tasse (e quelle dei suoi lavoratori) coprano le spese. E richiede inoltre una forte solidarietà tra i lavoratori, altrimenti i percettori del RdC votano M5S e i pagatori del RdC passano alla Lega.
Non è accettabile che esista una Ilva che coi suoi fumi fa ammalare e morire un pezzo di Taranto; ma è necessario che esista una Ilva che dà lavoro a un pezzo di Taranto. Il problema che la politica deve risolvere è questo, e nessuna soluzione è gratuita e indolore. Lo Stato potrebbe intervenire e sovvenzionare la messa a norma degli impianti, ma questo oltre a costare soldi pubblici richiederebbe verosimilmente una deroga a normative internazionali sulla concorrenza industriale. Non è un problema che un elettore saprebbe risolvere, ma è un problema che un elettore deve comprendere prima di votare il partito dei parchi, che tra l’altro è anche il partito che vede sotto ogni intervento pubblico una occasione di ruberie.
La storia dell’Ilva dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che il successo elettorale non prova la validità della proposta politica; anzi spesso la proposta semplicistica e sbagliata è quella che raggiunge il massimo successo. La proposta realistica viene invece bollata come lontana dal popolo, che non ne capisce la necessità. Ovviamente alla prova dei fatti, cioè dopo il voto, la proposta semplicistica si rivela deludente. Dire che gli elettori avevano sbagliato non è disprezzo ma realistica valutazione politica, fatta dagli elettori stessi, che hanno drasticamente ridimensionato il M5S dopo soltanto un anno e mezzo di governo, con alleati diversi. La Lega ed i suoi alleati hanno costruito la nuova propaganda vincente. E’ altrettanto semplicistica della vecchia e deluderà gli elettori altrettanto in fretta, ma concederà alla Lega una legislatura.
Prendersela con l’Europa da una parte, con le ong e gli immigrati dall’altra non cambierà di una virgola il colossale debito pubblico del paese e la sua dipendenza dai sottoscrittori; anzi Salvini con le sue intemperanze verbali fa calare la fiducia dei mercati e fa salire l’interesse che lo Stato deve pagare. Del resto, quando la Lega governava con Berlusconi aveva portato il paese a un passo dal fallimento.