La rivista accademica "Conversation" pubblica il risultato di una lunga indagine condotta da Sabine Lee dell’università di Birmingham e Susan Bartels, della Queens University in Ontario: tra le molte storie raccolte anche quelle di ragazze di 11, 12 e 13 anni costrette a crescere i neonati nella miseria più totale
Abusavano di ragazze dodicenni per pochi spiccioli, abbandonandole una volta che scoprivano di essere incinte: uno studio pubblicato sulla rivista accademica Conversation rivela che ad Haiti ci sono centinaia di bambini figli dei caschi blu dell’Onu, che per tredici anni hanno condotto una missione di pace.
L’articolo, intitolato “Incinta per poche monete – 265 storie di bambini haitiani abbandonati dai padri dell’ONU“, è apparso su una rivista accademica internazionale sostenuta da un consorzio di università. Lo studio è il risultato di una lunga indagine condotta da Sabine Lee dell’università di Birmingham e Susan Bartels, della Queens University in Ontario. Nell’estate del 2017 hanno intervistato centinaia di donne appartenenti alle comunità che ospitano le missioni di pace. Molte storie si somigliano: i militari chiedevano rapporti sessuali in cambio di un pasto, o di un piccolo pagamento. Alcune donne invece parlano esplicitamente di stupro. Tra queste, anche bambine di 11 anni, 12 e 13 anni che poi hanno dato alla luce il frutto della violenza. Spesso le ragazze venivano cacciate di casa una volta scoperta la gravidanza, e i padri le lasciavano crescere i neonati da sole, nella miseria più totale. Sono finiti sotto accusa i militari di 13 diverse nazioni, in maggioranza brasiliani e uruguaiani, che venivano rimpatriati ogni volta che una gravidanza veniva scoperta.
“Lo sfruttamento sessuale e l’abuso da parte di personale Onu è inaccettabile”, ha reagito il portavoce del dipartimento al peacekeeping Nick Birnback, ricordando che il segretario generale Antonio Guterres ha fatto della tolleranza zero una priorità del suo mandato. La missione di stabilizzazione di Haiti (Minustah) è la più lunga mai insediata nel Paese, attiva dal 2004 al 2017: è stata prolungata per i disastri naturali, il terremoto del 2010 e l’uragano del 2016. Non è la prima volta che vengono documentati casi di abusi sessuali da parte dei Caschi blu: era già accaduto in Mozambico, Bosnia, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana.