Cronaca

Migranti, Papa incontra profughi: “Bisogna svuotare i campi di detenzione in Libia. Bloccare le navi non risolve il problema”

Bergoglio ha parlato davanti a 33 profughi, la maggior parte di origine afghana, arrivati a Roma tramite un corridoio umanitario. Ha detto che "è l'ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre, che li obbliga ad attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione". Poi ha attaccato la politica dei porti chiusi e sottolineato "l’ineluttabile impegno della Chiesa a salvare vite"

Ha incontrato in Vaticano trentatré profughi richiedenti asilo politico, per la maggior parte afghani, arrivati da Lesbo a Roma con i corridoi umanitari. Tra loro anche una decina di fedeli cristiani e 14 minori. Davanti a loro Papa Francesco ha esposto il giubbotto di salvataggio di un migrante non identificato morto nel Mediterraneo a luglio e ha detto: “Siamo di fronte ad un’altra morte causata dall’ingiustizia. Già, perché è l’ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l’ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare”. Il senso delle parole di Bergoglio è stato fortemente politico: il Papa ha infatti sottolineato che “non è bloccando le loro navi che si risolve il problema“, facendo esplicitamente riferimento alla politica dei ‘porti chiusi’ di Matteo Salvini quando era al Viminale. E l’impegno prioritario, ha continuato, deve essere quello di “svuotare i campi di detenzione in Libia, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili. Bisogna denunciare e perseguire i trafficanti che sfruttano e maltrattano i migranti, senza timore di rivelare connivenze e complicità con le istituzioni”.

Per Bergoglio bisogna “mettere da parte gli interessi economici per mettere al centro la persona, ogni persona, la cui vita e dignità sono preziose agli occhi di Dio. Bisogna soccorrere e salvare, perché siamo tutti responsabili della vita del nostro prossimo, e il Signore ce ne chiederà conto al momento del giudizio”. Il portavoce del Vaticano, Matteo Bruni, ha spiegato che il Papa farà simbolicamente posizionare una croce, nell’accesso al Palazzo Apostolico dal Cortile del Belvedere, in ricordo dei migranti e dei rifugiati. Ha spiegato che il giubbotto di salvataggio che ha esposto “è il secondo che ricevo in dono. Il primo mi è stato regalato qualche anno fa da un gruppo di soccorritori. Apparteneva a una fanciulla che è annegata nel Mediterraneo. L’ho donato poi ai due sottosegretari della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Ho detto loro: ‘Ecco la vostra missione!'”.

Un segno per “significare l’ineluttabile impegno della Chiesa a salvare le vite dei migranti, per poi poterli accogliere, proteggere, promuovere ed integrare. Questo secondo giubbotto, consegnato da un altro gruppo di soccorritori solo qualche giorno fa, è appartenuto a un migrante scomparso in mare lo scorso luglio. Nessuno sa chi fosse o da dove venisse. Solo si sa che il suo giubbotto è stato recuperato alla deriva nel Mediterraneo centrale, il 3 luglio 2019, a determinate coordinate geografiche. Siamo di fronte ad un’altra morte causata dall’ingiustizia“.

Durante l’incontro ci sono stati momenti di commozione: nel gruppo, due ragazzi, per il resto famiglie e donne, vittime di violenza, una delle quali ha lasciato la figlia nel Togo e ha espresso il desiderio di potersi ricongiungere presto con lei. Una giovane afghana, appassionata di pittura, ha donato al Papa un bellissimo ritratto ricavato da una fotografia che l’elemosiniere del Papa, Konrad Krajewski, aveva lasciato in occasione di una precedente visita nel campo profughi di Lesbo.