Secondo la procura di Catanzaro, l'ex comandante del nucleo operativo passava informazioni all'ex senatore di Forza Italia. In un episodio avrebbe favorito Rocco Delfino, affiliato alle cosche Piromalli e Mole di Gioia Tauro, storiche alleate della famiglia Mancuso
“Giorgione”, “Giorgino” o anche “Giorgiare'” lo chiamava Giancarlo Pittelli. D’altronde gli undici anni passati in città avevano cementato l’amicizia. Al punto che quando aveva bisogno di informazioni su un’indagine o un procedimento giudiziario l’ex senatore di Forza Italia chiedeva e Giorgio Naselli, ex comandante del Reparto operativo nucleo investigativo dell’Arma di Catanzaro, gliele trovava e gliele passava. E per la procura così facendo favoriva le cosche di ‘ndrangheta. I loro nomi figurano tra quelli delle 330 persone arrestate dagli stessi carabinieri del Ros nell’operazione “Rinascita-Scott”, che questa mattina ha portato in carcere e ai domiciliari avvocati, politici e professionisti, oltre ad esponenti di primo piano della cosca Mancuso di Limbadi.
Dalle carte dell’inchiesta emergono i rapporti dell’avvocato Pittelli con clienti e ‘ndranghetisti, con queste ultime due categorie che spesso coincidevano. Come nel caso di Rocco Delfino, affiliato alle cosche Piromalli e Mole di Gioia Tauro, storiche alleate della famiglia Mancuso. Imprenditore nel settore dei rifiuti, Delfino è socio occulto della M.C. Metalli Srl, società sulla quale la Prefettura di Teramo sta effettuando accertamenti. L’azienda è intestata a un amministratore fittizio e nella compagine sociale figura la fidanzata del figlio di Delfino, che ne è il dominus effettivo. “Quindi la continuità nella gestione è palese…”, lo avverte Naselli. E Pittelli vuole sapere come sta procedendo l’iter e il 21 settembre 2018 lo chiama al telefono: “Senti, con un po’ di pazienza secondo te è raddrizzabile?”, domanda l’ex forzista. “Non lo so, dobbiamo vederla insieme…”, risponde il carabiniere che nel 2017 era passato a dirigere il comando della provincia abruzzese. “La cosa importante è che non la decidano immediatamente”, riprende Pittelli. “Vediamo che cosa possiamo fare“, replica Naselli, “io poi ci vado a parlare là vediamo come è l’aria, fammi andare a vedere”. Così facendo, scrivono i magistrati, il carabiniere “procura un indebito profitto patrimoniale derivante dalla possibilità di sottrarsi a nuove misure di prevenzione” e oggi è accusato di rivelazione di segreto d’ufficio e associazione di stampo mafioso.
Pittelli, annotano i magistrati, è “determinatore e istigatore della condotta” dell’ex comandante, che fornisce all’amico informazioni riservate in altre due occasioni. Una prima volta lo informa delle indagini condotte dai carabinieri di Pioltello su un giro di assegni a vuoto, tra cui quello da 400mila euro finito tra le mani di un imprenditore suo cliente. Una seconda, incontrandolo il 3 agosto 2019 presso il suo studio legale a Catanzaro, il tenente colonnello consiglia a Pittelli di evitare un tale non meglio identificato nell’ordinanza di custodia cautelare: “Attenzione a Roberto! Ha la finanza addosso!“, ripete tre volte. “Evita di andare… te le volevo dire questa cosa qua”, chiude con un consiglio Naselli, che il 19 ottobre aveva preso servizio come nuovo vice comandante del Gruppo Sportivo Carabinieri.
Alfiere del garantismo, acerrimo nemico di Luigi de Magistris ai tempi dell’inchiesta Why not, passato due anni fa tra le file Fratelli d’Italia, nel 2002 – nel pieno dello scontro tra il governo Berlusconi II e l’opposizione sul tema dell’immunità parlamentare e il legittimo sospetto – Pittelli era stato autore di un ddl di riforma del codice di procedura penale che chiedeva di anticipare l’obbligo di inviare l’avviso di garanzia all’indagato all’apertura dell’indagine. La norma aveva sollevato le critiche della magistratura e persino di Edmondo Cirielli: “Il centrodestra rimane garantista – aveva commentato l’autore della legge che nel 2005 avrebbe riformato la prescrizione come chiesto dall’ex Cavaliere – ma non si deve esagerare. Si ricorda che tra i punti preminenti del nostro programma elettorale c’era la sicurezza dei cittadini onesti e non certo le garanzie difensive per i delinquenti“.
Qualche anno dopo, da senatore di Forza Italia e coordinatore del partito in Calabria, l’avvocato si predicava baluardo della lotta alla criminalità: “Non vi sono dubbi che porremo straordinaria attenzione alla composizione delle liste elettorali del Pdl”, sosteneva il 13 febbraio 2008, alla vigilia delle elezioni politiche – questo è l’impegno che la Calabria e altre regioni a rischio di infiltrazioni criminali nel contesto della politica elettiva chiedono ai partiti ed al quale intendiamo rispondere con estrema trasparenza e fermezza”.