Incardinata l'autorizzazione a procedere contro Salvini. Tribunale dei ministri di Catania: "Decreto Sicurezza bis non riguarda navi militari". La nota del governo può cambiare la decisione dell'organismo parlamentare. Il Carroccio risponde: "Ci fu interlocuzione tra Viminale, presidenza del Consiglio, ministero degli Affari Esteri e organismi comunitari"
Nel giorno in cui la richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dal tribunale dei ministri di Catania contro Matteo Salvini è arrivata in giunta per le Immunità del Senato, una nota ufficiale di Palazzo Chigi chiarisce uno degli aspetti centrali della vicenda e fornisce un’indicazione fondamentale per il voto dell’organismo parlamentare, programmato per il 20 gennaio 2020. La decisione dell’ex titolare del Viminale di non far attraccare per tre giorni la nave con 131 migranti a bordo non fu mai discussa in consiglio dei ministri. “La questione relativa alla vicenda della nave ‘Gregoretti‘ non figura all’ordine del giorno e non è stata oggetto di trattazione nell’ambito delle questioni ‘varie ed eventuali’ nel citato Consiglio dei Ministri (31 luglio 2019, ndr), né in altri successivi”: è quanto si legge nelle tre righe firmate dal Segretario generale di Palazzo Chigi, inviate l’11 ottobre scorso al Tribunale dei ministri di Catania e citate nella richiesta di autorizzazione a procedere per Matteo Salvini. La Lega, per tutta risposta, ha fatto sapere che “per risolvere la vicenda ci furono numerose interlocuzioni tra Viminale, presidenza del Consiglio, ministero degli Affari Esteri e organismi comunitari. Il via libera allo sbarco – è la spiegazione – fu annunciato dal ministro dell’Interno, appena conclusi gli accordi per la redistribuzione degli immigrati in una struttura dei vescovi italiani e in cinque paesi europei. Accordi raggiunti grazie a una intensa attività diplomatica.”
Il tribunale dei ministri di Catania: “Sicurezza bis non riguarda navi militari” – Il documento di Palazzo Chigi sembra essere il punto di partenza della posizione ufficiale del M5s, che ha annunciato il voto favorevole sostenendo – lo ha detto Di Maio – che “la questione Diciotti fu una decisione del Governo, la questione Gregoretti fu propaganda di Salvini”. Il comunicato di Palazzo Chigi conferma questa tesi: dello stop alla Gregoretti non si è mai parlato in consiglio dei ministri, ergo è stata una decisione personale del ministro dell’Interno. Altro elemento dal peso specifico importante nella decisione della Giunta per le Immunità è quanto scritto dal tribunale dei ministri di Catania nella richiesta di autorizzazione a procedere: “Nel caso in esame, poiché i fatti hanno coinvolto una nave della Guardia Costiera Italiana, e quindi, una nave militare, non trovano applicazione le norme contenute nel cosiddetto Decreto sicurezza bis” si legge nel documento, in cui è sottolineato anche che “il ministro dell’Interno non può infatti vietare l’ingresso, il transito o la sosta a ‘naviglio militare’ o a ‘navi in servizio governativo non commerciale‘”.
Non solo. Sempre a leggere quanto scritto dal tribunale dei ministri di Catania, “a differenza di quanto accaduto per la nave ‘Diciotti’, allorquando si innescò una controversia con Malta in ordine allo Stato obbligato a rilasciare il Pos (porto sicuro, ndr), nel caso Gregoretti è assolutamente pacifico che il coordinamento e la responsabilità primaria dell’intera operazione, seppure avviata in acque Sar maltesi, siano stati assunti dallo Stato italiano su esplicita richiesta di quello maltese”. Lo Stato italiano, secondo i giudici, aveva quindi “l’obbligo di concludere la procedura con il trasferimento dei migranti in un ‘luogo sicuro'”; invece “l’omessa indicazione del ‘place of safety’ (luogo sicuro, ndr) da parte del Dipartimento Immigrazione, dietro precise direttive del ministro degli Interni”, “ha determinato una situazione di costrizione a bordo”, con “limitazione della libertà di movimento dei migranti, integrante l’elemento oggettivo del reato ipotizzato”, il sequestro di persona contestato a Salvini.
Il timing che porterà al voto sull’autorizzazione contro Salvini – Oggi la prima riunione della Giunta per le Immunità del Senato, poi 15 giorni di tempo per depositare memorie difensive, infine il voto programmato per il 20 gennaio. È questo il timing con cui l’organismo parlamentare si esprimerà sull’autorizzazione a procedere avanzata dal tribunale dei Ministri di Catania nei confronti dell’ex ministro Matteo Salvini, indagato per sequestro di persona nell’ambito dell’inchiesta sulla nave Gregoretti, così come successo per il caso della nave Diciotti. A fine luglio scorso 131 migranti soccorsi nel Mediterraneo erano stati trattenuti per tre giorni a bordo della nave militare, poi arrivata al porto Augusta. Il Viminale aveva autorizzato lo sbarco solo quando era arrivata la disponibilità da parte di altri paesi alla redistribuzione. Il procuratore Carmelo Zuccaro aveva avanzato il 21 settembre scorso richiesta motivata di archiviazione per l’ex ministro dell’Interno, ma il tribunale dei ministri di Catania ha deciso invece di contestare il reato al leader della Lega.
Iniziati i lavori della giunta per le Immunità – Nel frattempo, però, sono iniziati i lavori della Giunta di Palazzo Madama. Il presidente Maurizio Gasparri ha annunciato l’incardinamento della richiesta: “Daremo un termine di 15 giorni al senatore Salvini per presentare una memoria o chiedere di essere ascoltato, come è sua facoltà – ha spiegato all’Adnkronos – Abbiamo fissato un intenso calendario di lavori su questo caso e su tutte le altre vicende che sono all’attenzione della Giunta, comprese le ratifiche delle elezioni”. Al termine della riunione, poi, la senatrice 5 Selle Elvira Evangelista ha confermato il timing anticipato da Gasparri: “Abbiamo incardinato la procedura che riguarda il caso Gregoretti, abbiamo potuto visionare la domanda di autorizzazione a procedere e abbiamo fissato 4 convocazioni a gennaio. Si andrà sicuramente al voto il 20 gennaio“.
La composizione della Giunta per le Immunità – A 10 mesi dal caso Diciotti che fu esaminato dalla Giunta delle immunità parlamentari del Senato per valutare la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, è la composizione della giunta a essere cambiata. Ora sul “caso fotocopia” dei migranti che erano a bordo del pattugliatore Gregoretti, deciderà un organo figlio della nuova maggioranza Pd-M5s ma con i Dem ridotti a una sola senatrice, Anna Rossomando sul totale di 23 componenti. Altri 3 sono stati “persi” dal Pd perché passati nel frattempo a Italia viva, compreso il vicepresidente Giuseppe Cucca. Ora quindi il rapporto tra Pd e Iv nella Giunta è di 1 a 3. Altra novità riguarda i 5 Stelle che si ritrovano con un senatore in meno: una settimana fa Francesco Urraro ha detto addio al Movimento per aderire alla Lega, ora quindi con un componente in più. Sul voto finale sul caso Gregoretti, Urraro non si è ancora espresso, spiegando di voler approfondire i documenti per farsi un’idea più chiara. Altra novità e vera new entry della Giunta, è l’ex ministro degli Affari regionali, la leghista Erika Stefani: ha preso il posto della senatrice dello stesso partito Donatella Tesei, eletta governatrice dell’Umbria lo scorso 27 ottobre. A questo punto la “torta” della Giunta, che nella sua rappresentanza deve tenere conto degli equilibri politici del Senato, conta 6 senatori M5s (di cui uno è il vicepresidente Grazia D’Angelo), uno per il Pd, 3 di Iv e 3 fra gruppo Misto e Autonomie (Pietro Grasso, Gregorio De Falco e Meinhard Durnwalder). L’opposizione è rappresentata da 5 senatori della Lega, 4 di Forza Italia tra cui il presidente Maurizio Gasparri e uno di Fratelli d’Italia.
Di Maio accusa ancora, Salvini risponde – La questione, a questo punto, è diventata tutta politica. Per il caso Diciotti, infatti, Salvini venne salvato anche dal Movimento 5 stelle, che dopo una consultazione online su Rousseau decise di votare contro l’autorizzazione a procedere. Ora però gli equilibri sono cambiati e Luigi Di Maio ha già fatto sapere che questa volta il M5s voterà a favore della richiesta, sostenendo che le due vicende sono completamente diverse e che l’azione di Salvini nel caso della nave Gregoretti fu solo un’opera di propaganda politica. Accuse peraltro confermate anche oggi: “Mi pare che Salvini abbia sempre detto: mi voglio far processare, non ho niente da temere. Ha sempre detto voglio andare a giudizio, anche per il caso Diciotti. Adesso fa la vittima al contrario…. – ha detto il capo politico del M5s – Penso che la questione Gregoretti non è la questione Diciotti. La questione Diciotti fu una decisione del Governo, la questione Gregoretti fu propaganda di Salvini, che a un certo punto ha iniziato ad annunciare il blocco delle navi delle nostre forze di sicurezza. Adesso lo vedo impaurito, ma è evidente che ognuno deve prendersi le proprie responsabilità“. La replica di Salvini è arrivata a stretto giro di posta: “L’atteggiamento di Di Maio? Ci sono rimasto male umanamente, mi è sembrato squallido, da uomo piccolino” ha detto all’Aria che Tira su La7.
M5s: “Caso Gregoretti diverso da Diciotti. Forse da Salvini azione personale” – Sempre la senatrice 5 Stelle Elvira Evangelista ha messo subito in evidenza la differenza tra i casi Diciotti e Gregoretti, confermando quanto scritto da Palazzo Chigi. “Dando un’occhiata veloce alla memoria sicuramente possiamo dire che è un caso molto diverso dal caso Diciotti, sembra non esserci un’azione collegiale nel preminente interesse nazionale. È un caso quindi ben diverso. Infatti mancava un Consiglio dei ministri che avesse avuto all’ordine del giorno il caso Gregoretti”. Per la Evangelista, quindi, “potrebbe anche essere che l’ex ministro Salvini, in questo caso, abbia agito con un’azione individuale e non con un atto politico. Vedremo meglio le carte e avremo modo di studiare”. Per questo motivo, la senatrice ha aggiunto: “Potrebbe cambiare l’esito rispetto al caso Diciotti e quindi l’autorizzazione a procedere“.
La posizione della Procura Catania: “Accertata riconducibilità decisione Salvini” – Il 21 settembre scorso la procura della Repubblica di Catania aveva chiesto l’archiviazione per Salvini così come aveva fatto per il caso Diciotti. La motivazione del procuratore capo Carmelo Zuccaro era stata molto chiara, ma non è comunque servita a convincere il tribunale dei ministri ad accoglierla. Nel suo scritto, Zuccaro è partito da un dato di fatto: “La riconducibilità al Ministro dell’Interno Salvini della decisione di trattenere i migranti su nave Gregoretti per il periodo in contestazione, e quantomeno sino al 30 luglio – si legge – può ritenersi accertata al di là di ogni ragionevole dubbio, e ciò in primo luogo sulla base delle stesse pubbliche esternazioni dell’interessato, che possono ritenersi fatto notorio per l’ampio risalto mediatico voluto dallo stesso, che ha rivendicato la paternità di tali scelte riconducendole alla strategia politica nella veste istituzionale di vice Presidente del Consiglio dei Ministri e di Ministro dell’Interno, iscrivendo tale problematica tra i punti principali dell’agenda politica di governo”. Non la pensa così il tribunale dei ministri di Catania, anche in virtù di quanto scritto da Palazzo Chigi, secondo cui della Gregoretti non si è mai parlato in consiglio dei ministri. Ha scritto ancora Zuccaro: “E del resto, la veridicità di tale rivendicazione risulta confermata sia dalle dichiarazioni testimoniali provenienti dal vice-prefetto Filippo Romano sia da quanto già emerso nell’ambito del procedimento del cosiddetto caso ‘Diciotti’ e riportato nella decisione del Tribunale dei Ministri di Catania del 7.12.2018″.
Zuccaro e il paragone con il caso Diciotti – “Dal complesso di tali dichiarazioni e dalle acquisizioni anche documentali – si legge ancora nella richiesta di archiviazione della Procura di Catania – emerge che dall’insediamento al vertice del Ministero dell’Interno del Senatore Salvini era intervenuta nella cosiddetta fase Sar, prima tappa del procedimento di accoglienza dei migranti, una sostanziale modifica. Come si evince anche dagli atti del precedente procedimento relativo al cosiddetto caso “Diciotti” ed iscritto per il delitto di sequestro di persona a carico del Ministro dell’Interno Salvini in relazione a fatti analoghi a quelli in trattazione – è spiegato – proprio nel secondo tempo della fase SAR è intervenuto il mutamento dell’iter procedurale introdotto dal Ministro Salvini, mutamento che ha comportato che il Capo del Dipartimento dell’Immigrazione, prima di assegnare il POS, tenendo conto degli elementi di valutazione indicati nella predetta direttiva, investa della questione della questione il capo di Gabinetto del Ministro, che a sua volta opera da collegamento con il Ministro stesso – ed è il punto centrale della vicenda – che ha inteso riservare a sé la decisione finale circa il rilascio del benestare allo sbarco in un porto italiano”. Obiettivo? “Al fine di verificare preventivamente – ha scritto Zuccaro – la possibilità di condividere con gli altri Paesi dell’Unione europea l’onere dell’accoglienza dei numerosi migranti provenienti da Paesi extracomunitari e soccorsi in situazioni di pericolo. Attualmente, pertanto, solo dopo il benestare del Ministro dell’Interno, comunicato dal suo capo di Gabinetto, il capo del Dipartimento dell’Immigrazione provvede ad assegnare formalmente il POS e, quindi, a consentire l’inizio della procedura di sbarco”.
“Viminale voleva far attraccare in tempi brevi la nave” – Per la Procura di Catania, si legge ancora, “va ancora sottolineato che dalle dichiarazioni rese dallo stesso vice-Prefetto Romano emergeva che sin dall’inizio, ovvero dal 28 luglio 2019, il Ministero dell’Interno aveva la volontà di assegnare il POS e di farlo in tempi brevi, giustificando l’allungamento dei tempi di tale fase amministrativa con la volontà del Ministro Salvini di ottenere una redistribuzione dei migranti in sede europea. In quei giorni, ovvero tra il 28 ed il 30 luglio – è la ricostruzione del procuratore Zuccaro – mi sono sentito più volte con i diversi uffici ministeriali coinvolti al fine di avere indicazioni sulla destinazione dei migranti una volta sbarcati. Dal Ministero mi dissero più dirigenti che certamente lo sbarco sarebbe stato autorizzato a breve e che l’attesa era dovuta al tentativo del Ministro dell’Interno di ottenere il ricollocamento dei migranti tra gli altri partner europei, come peraltro emergeva di tutti gli organi di stampa e mass media…”.
Ecco perché per la Procura di Catania non si è trattato di sequestro di persona – “Per quanto concerne la sussistenza dell’elemento oggettivo del delitto di sequestro di persona a parere di questo pm occorre tenere in considerazione due dati fattuali: i migranti sono stati portati a bordo della nave Gregoretti a seguito del salvataggio operato dalle unità militari italiane per una situazione di pericolo nella quale si trovavano in parte volontariamente, avendo chiesto loro ai trafficanti libici di imbarcarsi per raggiungere illegalmente il territorio italiano e successivamente, con ogni evidenza, si sono trovati a dover permanere negli stretti spazi a bordo della nave a seguito del citato stato di necessità – dice ancora la Procura catanese nella richiesta di archiviazione – i migranti giunti irregolarmente in Italia anche dopo l’assegnazione del POS non hanno piena libertà di locomozione e movimento sul territorio nazionale dovendo procedersi dapprima all’identificazione e poi a tutte le successive procedure amministrative previste dalla legge in relazione al loro status. In tale contesto, come si è detto, la fase dell’assegnazione del POS è solo una delle fasi amministrative previste dalla legge per l’ingresso dei migranti irregolari in Italia che siano stati salvati in mare, e come noto anche nelle fasi successive la libertà di locomozione subisce delle limitazioni legali in relazione a necessità di ordine pubblico ed a tutela dell’interesse dello stato a controllare e regolamentare i flussi migratori”.
“Dunque, nel valutare l’oggettiva limitazione della libertà dei migranti, costretti a permanere su nave Gregoretti dal 27 al 30 luglio in attesa della formale assegnazione del POS da parte del Ministero dell’Interno, ed al fine di stabilire se la condotta omissiva del Ministro integri gli estremi del fatto tipizzato dall’art. 605 c.p. ( ”chiunque priva taluno della libertà personale”) occorre tenere conto del descritto complessivo quadro fattuale e normativo – ha concluso il Procuratore di Catania- In altri termini, ritiene questo pm che l’avere prolungato per circa tre giorni la permanenza a bordo della nave Gregoretti dei migranti salvati in mare da unità militari italiane – garantendo comunque loro assistenza medica, viveri e beni di prima necessità, e consentendo l’immediato sbarco di coloro che presentavano seri problemi di salute e dei minorenni – e ferma restando l’intenzione ministeriale di assegnare il POS in tempi brevi consentendo lo sbarco ed il trasferimento in “hotspot” per la fase di identificazione, non costituisca una illegittima “privazione” della libertà personale punibile ai sensi dell’art. 605 c.p”..