La Corte Penale Internazionale de L’Aia ha aperto un’inchiesta per “crimini di guerra” nei territori palestinesi. Lo ha annunciato la procuratrice capo del tribunale, Fatou Bensouda, che si è detta “convinta che vi sia una base ragionevole per avviare un’indagine sulla situazione in Palestina. In sintesi, sono convinta che crimini di guerra sono stati o vengono commessi in Cisgiordania, in particolare a Gerusalemme est, e nella Striscia di Gaza“. Mentre le autorità palestinesi plaudono all’iniziativa della Corte, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, parla di “un giorno nero per la verità e la giustizia”.
Tra le motivazioni che hanno portato alla decisione della Cpi, pubblicate sul sito ufficiale, si legge che “non vi sono ragioni sostanziali per ritenere che un’indagine non servirebbe gli interessi della giustizia – spiega Bensouda – Date le questioni legali e fattuali uniche e altamente controverse legate a questa situazione, vale a dire il territorio in cui può essere svolta l’indagine, ho ritenuto necessario invocare l’articolo 19 -3 dello Statuto per risolvere questo specifico problema”. Il procuratore spiega di aver chiesto, ed è su questo aspetto in particolare che si concentrano le obiezioni del governo israeliano, “alla Sezione preliminare I di pronunciarsi sulla portata della giurisdizione territoriale della Corte Penale Internazionale nella situazione in Palestina, in particolare se include la Cisgiordania, Gerusalemme est, e Gaza”.
Una pronuncia, quella riguardante i territori su cui la Corte può effettivamente operare, che deve arrivare “prima ancora di iniziare l’inchiesta, non dopo che è terminata, il più rapidamente possibile, nell’interesse delle vittime e delle comunità colpite, dei potenziali testimoni e delle loro esigenze di protezione”, così da non arrivare alla paradossale invalidazione di un’eventuale decisione.
Il segretario dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, Saeb Erekat, ha dichiarato che la decisione della Cpi ha lo scopo di mettere “fine all’impunità per gli autori di crimini”: “Un passo positivo e incoraggiante”, ha detto appresa la notizia, con cui la Corte ha affermato “la sua giurisdizione per prendere in esame i crimini in corso commessi dalle forze di occupazione israeliane in Palestina”.
“Il popolo palestinese”, dichiarano dal Ministero degli Esteri palestinese, si aspetta “azioni congrue con l’urgenza e la gravità della situazione in Palestina” e che queste siano “prese senza ulteriori rinvii”. “Lo Stato di Palestina – ha continuato – nota che l’ufficio del Procuratore ha già stabilito di avere giurisdizione sugli interi Territori Palestinesi Occupati e che ci son basi ragionevoli che vi siano stati commessi crimini”, ricordando che, a suo parere, l’ufficio del Procuratore ha giurisdizione sui Territori, “visto che la Palestina è uno stato membro dello Statuto di Roma e che ha dato al Procuratore la giurisdizione per indagare sui crimini commessi nel suo territorio”.
Chi critica l’annuncio della Cpi è invece il governo di Tel Aviv. Netanyahu ha parlato di “un giorno nero per la verità e la giustizia, una decisione senza basi e oltraggiosa, una mossa che ignora la storia e la verità quando sostiene che l’atto stesso che gli ebrei vivano nella loro patria ancestrale, la terra della Bibbia, sia un crimine di guerra”. Netanyahu ha ribadito che “la Palestina non è mai stata uno Stato. Non rimarremo in silenzio“.
Il premier ha poi detto che, a suo parere, “la Corte non ha giurisdizione in questo caso. La Corte ha giurisdizione solo sulle petizioni proposte da Stati sovrani. Ma qui non c’è mai stato uno Stato palestinese”. Secondo Netanyahu, la decisione del Procuratore ha “trasformato la Corte in uno strumento politico per delegittimare lo Stato di Israele. Il Procuratore ha completamente ignorato gli argomenti legali che le abbiamo presentato”.
Di una decisione contraria “alla legge internazionale per eseguire la propaganda palestinese” ha parlato invece il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz: “Respingiamo questa decisione in tutto e per tutto, chiediamo alle altre nazioni di fare lo stesso e di impedire che la Corte diventi strumento politico nelle mani dei palestinesi nella loro lotta contro l’esistenza dello stato di Israele e il suo diritto all’autodifesa“.