Sembrerebbe il titolo di un film, invece tanta concentrazione di noblesse di alto lignaggio è per il vernissage di Elena d’Assia (nipote di Mafalda di Savoia che tragicamente morì nei campi di concentramento). E davanti agli “Eroi allomatici” in mostra al Prac, a Pizzofalcone, galleria e zona supertrendy, sfilano Mafalda e Tatiana von Hessen, mamma e figlia (ramo diretto di discendenza con la regina Vittoria d’Inghilterra). E princesse Beatrice di Borbone che sarebbe poi la madre di Jean Christophe Napoleon (sì, l’erede di Napoleone) che a Parigi ha appena convolato a nozze, in stile Gran Marriage, con Olympia Arco-Zinneberg, erede di casa asburgica. Pensa te la storia… Ci sarebbe poi da aggiungere all’aristo/parterre Madeleine Caiazzo von Hessen, terza generazione, figlia di Elena e del geniale Massimo Caiazzo, professore di cromotologia e sound designer. Quale è il giusto protocollo per ricevere tanta nobiltà? Se lo chiede Sergio Cappelli che nella sua casa cinquecentesca, fuga di saloni, soffitti affrescati, buffet illuminato da magnifici candelabri, ha creato una “corte reale” fatta di imprenditori e collezionisti…Tra sformati fumanti di pasta, frittatine e struffoli per scoprirsi in fondo, che tra un Salvini e un Di Maio (scegliere non saprei), in petto batte sempre un cuore borbonico.

Nell’era della riproducibilità sistematica dove stare sui social moltiplica le identità possibili, loro, Fabio Castaldi (basso e voce), Alessandro Erichetti ( chitarra e voce), Paolo Angioi (chitarra acustica elettrica a 12 corde), Maurizio Leoni (sax), Ander Tool (effetti video/audio) hanno scelto di essere altri, di perfomare i Pink Floyd a vita. Ma non sono pallidi cloni canterini, sono bravissimi, sprigionano energia. La voce del front man è identica a quella dello scapigliato David Gilmour. Strepitose anche le coriste. Quasi non si riconoscono i cloni dagli originali. E’ l’unica cover band a essere autorizzata dagli stessi Pink Floyd. Riempiono stadi e teatri in giro per il mondo. Il Teatro Augusteo, 1400 posti, era strapieno di giovanissimi. Perché questo è anche il merito delle cover band, far conoscere i grandi miti della musica alle nuove generazioni. Lo slogan cult “Don’t be afraid to break the wall”, stampato sulla pancia del porcellino di plastica che aleggia sul palcoscenico diventa, il filo rosso che unisce due generazioni.

Il live show identico all’originale “The dark side on the moon”, album uscito nel 1973 ed entrato nella storia del rock per aver venduto 50 milioni di copie. Stessi effetti speciali, raggi laser caleidoscopici che bucano l’oscurità. Lo stesso pugno emotivo di mezzo secolo fa. E’ totale full immersion nel rock psichedelico mixato con esplosioni di magma infuocato.

Sul grande schermo immagini iconografiche, dalle lacrime di Ronald Reagan all’inciampo della lady di Ferro Margaret Thatcher. Solo il ciuffo tinto di Trump e il faccione imbalsamato di Berlusconi, che sembrano scolorite figure rispetto ai grandi del passato, ci ricordano che non siamo negli anni ’70. E lo rimpiangiamo.
Che bello, Giovanni Allevi in Hope Christmas Tour al Teatro Augusteo. Mi dicono tutto esaurito quando me, tapina, oso chiedere last minute un accredito a una società di Latina appaltatrice dell’evento. Mi danno una “fantomatica” e mail presse alla quale nessuno risponde. Vado a teatro per verificare se trovo un biglietto per l’imperdibile concerto. Se ne trovano a iosa, di fatto la platea è riempita poco più di metà, i biglietti li vendono i bagarini. Desisto e non me ne pento. Sopratutto quando l’esperto musicale giramondo Valerio Cappelli lo punzona: “E’ musica banale e nemmeno accattivante, la canti sotto una doccia senz’acqua. E’ come la caramella mou: si appiccica sui denti di cui non resta nulla, del tutto insapore e non la digeriamo. E’ musica pop-ulista, dunque simbolo del tempo che viviamo”.

Si cambia musica: Beppe Barra da quasi mezzo secolo mette in scena uno dei capisaldi della tradizione teatrale napoletana. La sua “Cantata dei Pastori” con Rosalia Porcaro nei panni di un esilarante Sarchiapone, in scena al Teatro Politeama, fa il tutto esaurito, per davvero. E non entra neanche uno spillo al debutto del “La Fabbrica dei sogni”, il musical di Sal Da Vinci, al Teatro Augusteo. Un artista “pazzo” immagina di abbattere le mura della casa di cura, un “non luogo” che si trasforma in teatro visionario per accogliere i reietti della società.

P.S. Acqua alta a Napoli come a Venezia… E le buche della città diventano piscine. E mentre attraverso Piazza Trieste e Trento, nel centro storico più “aristocratico” della città, fra Palazzo Reale, il Teatro San Carlo e la Galleria Umberto I, la nostra Piazza San Marco, mi trovo l’acqua a metà polpaccio. I miei stivaletti di gomma riempiti d’acqua sembrano barchette ai piedi. Mancano solo i pesciolini.

Fb pagina di januaria piromallo

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