Centosettantacinque minori abusati e responsabilità accertate per 33 sacerdoti. Sono i numeri contenuti nel dossier della Congregazione dei Legionari di Cristo, che ha pubblicato un rapporto sugli abusi sessuali su minori commessi da membri dell’associazione dalla sua fondazione in Messico, il 3 gennaio 1941, ad oggi. Il rapporto, che sarà presentato il 20 gennaio a Roma in occasione del Capitolo generale della Congregazione, precisa che il suo fondatore, il padre messicano Marcial Maciel Degollado, è responsabile di almeno 60 casi di abusi di minori. Casi che sono inclusi nei 175 di cui parla il documento. Con la sua pubblicazione, “i Legionari di Cristo desiderano fare un ulteriore passo per conoscere e riconoscere il fenomeno dell’abuso sessuale su minori e favorire la riconciliazione con le vittime”. Il rapporto inoltre, pubblicato nel portale ceroabusos.org e realizzato in sei mesi da una commissione interna alla congregazione, “condanna e deplora” gli abusi commessi, così come “quelle pratiche istituzionali o personali che possano aver favorito o propiziato qualsiasi forma di abuso o rivittimizzazione“.
Dopo aver sottolineato che fra i 175 minori abusati sono inclusi le 60 vittime dello stesso fondatore della Congregazione, padre Maciel, lo studio precisa che i 33 sacerdoti responsabili degli abusi rappresentano il 2,44% dei 1.353 legionari ordinati nel corso della storia dell’associazione. Dei responsabili, “sei sono morti, otto hanno abbandonato il sacerdozio, uno ha lasciato la Congregazione e 18 vi sono rimasti. Di questi ultimi, il 100% è escluso da rapporti pastorali con minori, quattro hanno restrizioni nell’esercizio del ministero e osservano un piano di sicurezza, mentre 14 non esercitano il ministero sacerdotale pubblico“.
Il Vaticano in possesso delle prove di abusi dal 1943: ma li tenne nascosti fino al 2006 – A inizio anno la Congregazione vaticana per gli Istituti di vita consacrata ha riconosciuto che il Vaticano era in possesso fin dal 1943 di documenti probatori sulla pederastia di Marcial Maciel Degollado (1920-2008), che rimasero però nascosti. Il prefetto del dicastero, il cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz, 71 anni, aveva dichiarato alla rivista spagnola Vida Nueva che “chi lo ha coperto era una mafia, non rappresentava la Chiesa“. “Ho l’impressione che le accuse di abuso cresceranno”, aveva continuato De Aviz, “ci siamo nascosti per tutti questi anni anni ed è stato un errore enorme”.
È noto che il processo sugli abusi di Maciel – colpevole di una doppia e tripla vita con figli da diverse donne, di abusi su giovani seminaristi – fu tenuto per molto tempo fermo in Vaticano, grazie soprattutto alle sue amicizie in alto grado, e a sbloccarlo fu Joseph Ratzinger, già prefetto dell’ex Sant’Uffizio, una volta diventato Papa. Fu solo il 19 maggio 2006, dopo un’indagine durata più di un anno, ma con denunce che risalivano già al 1956, la Congregazione per la Dottrina della Fede – risparmiandogli comunque il processo canonico per “età avanzata e salute cagionevole” – inflisse a un Maciel ormai 86enne la pena della rinuncia a ogni ministero pubblico e gli impose “una vita riservata di preghiera e di penitenza” per gli abusi sessuali e i delitti di pedofilia continuati per decenni su numerosi seminaristi della sua congregazione e per averne successivamente assolti alcuni in confessione. Per quest’ultimo delitto era già incorsa la scomunica ‘latae sententiae’. La decisione fu approvata personalmente da papa Benedetto XVI. Come si apprende però dalle ultime dichiarazioni, la Sede pontificia era in possesso delle prove di colpevolezza del fondatore dei Legionari già da più di 60 anni.