Cronaca

CasaPound, Corte dei Conti chiama in giudizio i funzionari pubblici che non hanno riscosso il canone della sede romana

Il danno erariale è stato stimato in 4,5 milioni di euro. E i funzionari sono chiamati a rispondere per omessa disponibilità del bene e mancata riscossione dei canoni. L’udienza è stata fissata al 21 aprile

La sede romana di CasaPound potrebbe costare cara a 8 dirigenti e funzionari dell’Agenzia del Demanio e del Ministero dell’Istruzione e dell’Università. Che sono stati chiamati a giudizio dalla Corte dei Conti di Roma per la mancata riscossione, per 15 anni, del canone del palazzo occupato a via Napoleone III. Il danno erariale è stato stimato in 4,5 milioni di euro. E i funzionari sono chiamati a rispondere per omessa disponibilità del bene e mancata riscossione dei canoni. L’udienza è stata fissata al 21 aprile.

Nel provvedimento di citazione a giudizio i magistrati contabili affermano che l’immobile del Miur al centro della vicenda “è un bene di proprietà dello Stato, appartenente al patrimonio indisponibile” e quindi “non è tollerabile in uno Stato di diritto una sorta di espropriazione al contrario, che ha finito per sottrarre per oltre tre lustri una struttura di ben sei piani, sede storica di uffici pubblici, al patrimonio (indisponibile) dello Stato, causando in tal modo un danno certo e cospicuo all’erario”.

Secondo i magistrati contabili i dirigenti citati non hanno messo in campo azioni né per arrivare alla restituzione dell’immobile occupato da Casapound né per avviare azioni risarcitorie. “I convenuti dirigenti preposti agli uffici competenti non hanno dato disposizioni per agire in via di autotutela amministrativa e per coltivare le azioni civilistiche volte alla restituzione del bene e al risarcimento dei danni che, richiesti in via autonoma o nell’ambito di azioni penali o civili possessorie e petitorie (mai intentate o mai coltivate), sarebbero stati liquidati in sede giudiziaria (sempre in misura pari ai canoni di locazione non percepiti)”, si legge nella citazione.

Gli otto a giudizio “inoltre, non hanno dato disposizioni per richiedere l’indennità di occupazione sine titulo agli occupanti l’immobile in questione e per costituirli in mora, a partire dall’Associazione Casapound. Il comportamento appare censurabile anche per la genericità delle inconcludenti iniziative adottate in un lasso di tempo certo sufficiente ad intraprendere altre e più adeguate strade quali, quelle amministrative e giudiziarie descritte a titolo di mero esempio nel presente atto (non spettando a questa Procura fornire dettagliate indicazioni sulla condotta lecita da attendersi dai convenuti)”.

Secondo i magistrati contabili inoltre “non è possibile dubitare della conoscenza dell’occupazione da parte delle amministrazioni e dei suoi dirigenti preposti al ramo di competenza – e dunque dell’identità del soggetto occupante – per la semplice ragione che essa, come emerge in particolare dal volantino dell’epoca, è avvenuta alla luce del sole ed è stata addirittura oggetto di una rivendicazione politica (“abbiamo occupato”), con tanto di indicazione dello stabile pubblico “espropriato” quale “punto di incontro, per tutto il rione”, nonché, addirittura, sede stessa dell’associazione (“Casapound, Via Napoleone III”, in basso a sinistra)”.

“Se l’esigenza era ed è quella di dare una abitazione a soggetti in difficoltà o disagio abitativo (il che come visto, è tutto da verificare) – sottolinea ancora la Corte dei Conti – occorreva ed occorre attivare le previste procedure di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica o altre forme di assistenza abitativa, mentre tollerare per oltre un decennio l’occupazione abusiva, dunque al di fuori di ogni regola, di decine e decine di appartamenti di proprietà pubblica, peraltro in uno stabile prestigioso del centro di Roma, oltre ad essere abnorme in uno Stato di diritto ed essere fonte di potenziale disintegrazione della stessa convivenza civile (per dirla con Cassazione 24198 del 2018, cit.), finisce per ledere anche le situazioni giuridiche soggettive di tutti gli aventi diritto che da anni attendono l’assegnazione di una abitazione, in base alle regolari procedure amministrative, ai titoli di ciascun richiedente (situazione socio-economica, di reddito, ecc.) e alla posizione nelle relative graduatorie”.

Il leader di CasaPound Gianluca Iannone parla di “persecuzione” nei confronti di ex direttori e dirigenti “tutta politica, dato che CasaPound non è certo l’unico stabile del demanio occupato. Aggiungerei pure che la richiesta è ridicola in quanto basata su calcoli che non stanno né in cielo né in terra. Non è un albergo, è uno stabile pubblico la cui destinazione urbanistica non è mai stata variata”. “Quanto non ha speso il demanio in 15 anni in manutenzione che è stata fatta a carico degli inquilini? Mica c’erano 18 appartamenti da mettere sul mercato, ma solo uffici fatiscenti e piccionaie – ha dichiarato all’AdnKronos – Quanto avrebbe dovuto spendere il Demanio per ricavare 18 appartamenti? Milioni. Quindi è un calcolo che non esiste. Solo persecuzione”.