L'ex esponente di Msi, poi An e Pdl era finito a processo nel 2012. A giugno 2019 il sostituto anticamorra della Procura di Napoli Simona Belluccio aveva chiesto una pena di 3 anni e 6 mesi e la Dda di Napoli aveva contestato la collusione con la camorra
Una sentenza di condanna a due anni, che tuttavia fa sentire “soddisfatto” Mario Landolfi perché cade caduta l’aggravante mafiosa. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha condannato per corruzione, con pena sospesa e non menzione della condanna nel casellario giudiziario, l’ex ministro delle Telecomunicazioni ed ex esponente di An e Pdl. Landolfi è stato assolto per i capi d’accusa di truffa e favoreggiamento. Il processo era iniziato nel 2012. Il sostituto anticamorra della Procura di Napoli Simona Belluccio aveva chiesto a giugno 2019 una pena di 3 anni e 6 mesi e la Dda di Napoli aveva contestato l’aggravante mafiosa. L’ex ministro aveva rinunciato alla prescrizione, che sarebbe scattata entro pochi mesi.
Il processo a Landolfi è una costola del procedimento a carico dell’ex sottosegretario del Pdl Nicola Cosentino, finito in primo grado con la condanna del politico di Casal di Principe a nove anni per concorso esterno in associazione camorristica. L’indagine è imperniata sulla gestione del Consorzio comunale dei rifiuti Caserta4.
Il consorzio gestiva la raccolta in una ventina di comuni del Casertano mediante il suo braccio privato, l’azienda Eco4, ritenuta impresa collusa. A Landolfi la Procura Antimafia contestava un singolo episodio, ossia di aver fatto dimettere nel 2004 dal Consiglio comunale di Mondragone l’allora consigliere d’opposizione Massimo Romano in cambio dell’assunzione della moglie nell’azienda dei rifiuti, con l’obiettivo di far entrare nell’assemblea una persona che avrebbe aiutato il sindaco Ugo Conte, di centrodestra, a tenere in piedi la maggioranza.
Manovre che erano avvenute ad un mese dalle elezioni Comunali ed erano servite, secondo l’accusa della Dda, a non far cambiare maggioranza nel Consorzio rifiuti Caserta4, facendo in modo che i clan potessero continuare a gestirlo attraverso la politica. L’ipotesi dei magistrati anticamorra era che Cosentino avrebbe costituito il “referente nazionale dei Casalesi” (confermata in primo grado), mentre l’altra leva del potere sarebbe stata detenuta dal secondo uomo forte del centrodestra nel Casertano, appunto Mario Landolfi. L’ex ministro ha sempre rigettato le accuse di collusione con i clan, dicendosi convinto di poter dimostrare l’estraneità ai fatti, tanto da rinunciare alla prescrizione. Nel 2018 Landolfi, già indagato, era finito al centro delle polemiche per uno schiaffo a un giornalista di La7 che gli faceva domande sui vitalizi.
“Sono davvero soddisfatto che sia caduta l’accusa di collusione con certi ambienti criminali che non voglio neanche citare – ha commentato dopo la sentenza -. Un’accusa infamante che non ha retto. Alla fine – ha proseguito Landolfi – sono stato condannato per un fatto residuale che riguarda la politica locale, sulla base di dichiarazioni di un personaggio come Giuseppe Valente, di cui abbiamo dimostrato l’inattendibilità. Ricordo anche che durante il processo ho rinunciato alla prescrizione, che oggi mi avrebbe fatto uscire completamente pulito; ma volevo dimostrare l’infondatezza delle accuse entrando nel merito dei fatti”.
Sollevati anche i legali di Landolfi, Michele Sarno e Nicola Buccico. “Gioiamo – dice Sarno – perché è venuta meno l’architrave del processo, ovvero l’accusa di collusione con la camorra; siamo riusciti a dimostrare ciò che già sapevamo, ovvero che Mario Landolfi con certa gente non c’entra nulla, è una persona perbene. Quando usciranno le motivazioni e presenteremo appello contro la condanna per corruzione, siamo convinti anche di riuscire a dimostrare la totale estraneità di Landolfi ad ogni condotta illecita, anche quella per cui è stato condannato, un fatto di politica mondragonese su cui secondo noi Landolfi non è mai intervenuto essendo sempre stato un esponente di livello nazionale”.