La vita è una festa, viviamola assieme. Proprio per questo motivo a me le feste natalizie non fanno tanta impressione: sono abituato a festeggiare ogni santo giorno della mia vita. Quando mi chiedono “che cosa fai nella vita?”, rispondo sempre “nulla, ma se vuoi ti dico che cosa faccio per la vita”. Sono ateo, consumista, e consumato ormai dal tempo; per me il Natale è solo un’occasione speciale per fare dei regali in una città addobbata e attraversata dalle luminarie oscillanti al vento.
Questo Natale è un Natale ricco perché ho venduto il rolex d’oro di papà a mio zio Dario Farina (il compositore di Felicità e Sarà perché ti amo): è un orologio troppo impegnativo anche per un radical chic come me, e consegnarlo al polso del fratello di mio padre mi fa sentire meno traditore. Per eleganza non posso dire la cifra, ma diciamo che posso permettermi un bel viaggio a Parigi senza farmi mancare nulla. Questo a Capodanno, ma a Natale andrò a Montignoso con mio fratello a trovare la nostra amatissima madre Milena.
A proposito di Parigi, sto leggendo un bellissimo libro di Eric Hazan: Parigi, l’invenzione di una città. E faccio mia una frase del poeta Moreas da consegnare ai giovani per il santo Natale e il nuovo anno: “appoggiatevi saldamente ai principi, prima o poi si piegheranno”.
Ah, il cinismo dell’età! Abbracciare una madre è già una festa di per sé. Se poi avete una madre che sa cucinare come Milena, la festa è ancora più festosa! Noi per tradizione mangiamo gli spaghetti alla bottarga di muggine alla vigilia e una bella parmigiana di melanzane, e il 25 i cappelletti in brodo.
È una tradizione che si basa solo sui nostri gusti, non ha altri significati se non il godimento delle nostre papille gustative. Per dolce ovviamente il panettone, con una bella crema chantilly spalmata sopra con voluttà calorica. I regali li scartiamo il 24, senza nemmeno aspettare la mezzanotte. Grazie al rolex di papà, io e mio fratello Roberto questo Natale siamo riusciti a fare a mamma un bel regalo: Chanel n°5. Personalmente non sono molto bravo ad azzeccare i regali, mi butto sempre sui libri per andare sul sicuro.
Mio fratello invece ha più talento, più immaginazione, riesce sempre a fare dei regali che non ti dimentichi più. Non posso dirvi quali perché li ho dimenticati tutti, ma io sono un caso patologico di amnesia permanente, come la rivoluzione ipotizzata da qualcuno. Ah no, lo scorso Natale mi regalò un bellissimo quadro di Mirko Gualerzi, un pittore che io e Robi amiamo, e di cui vi ho già parlato tempo addietro su questo blog.
A Pisa, 40 anni fa, la mia amica Marina mi disse che “Babbo Natale non esiste, sono i nostri genitori che ci portano i regali”. C’è sempre un guastafeste a ogni festa! Quindi collego il mio ateismo natalizio alla torre pendente. Negli anni sono riuscito a perdonare Marina, e forse riuscirò anche a perdonare mia madre per avermi gettato in un mondo senza Babbo Natale e senza Dio. In ogni caso anche il mio ateismo è festoso, Dio per me è qualcosa d’incredibile!
Tra il Natale e il Capodanno del 2004 persi mio padre: era l’anno dello tsunami in Indonesia, e di uno tsunami casalingo a Montignoso. Da quel fatidico 2004 mio padre festeggia il Natale sempre con noi, ma ci odia ogni volta che banchettiamo: lui amava il cibo e diceva: “lasciatemi mangiare, quando sarò morto non mangerò più per molto tempo”. Chissà se in paradiso fanno la pasta al forno che lui tanto adorava…
Ogni Natale comunque ha qualcosa di diverso; per me questo sarà segnato dal ricordo di Sorin, un rumeno che ho incontrato sotto casa, vestito da Babbo Natale, con una tromba dorata in mano. Mi è piaciuta la sua voce da “cugini di campagna” e il suo volto buono. Mi ha seguito mentre facevo la spesa, poi gli ho offerto una coca cola al bar e mi ha accennato alla sua vita: sua moglie ha avuto un infarto, lui è venuto dalla Romania per fare soldi, con una tromba che non sa nemmeno suonare bene e spera nella generosità dei passanti che a Natale dovrebbero sentirsi più buoni.
Gli ho dato un paio di scarpe che non metto più e 10 euro. Avrei potuto fare molto di più, anche perché ho venduto il rolex, ma in fondo non sono poi così generoso come vorrei essere. Mi è piaciuta l’allegria di Sorin, quel tipo di allegria che nasce dalla sventura e dall’avventura.
E anche se mi ha detto che dorme sotto il cielo rigido dell’inverno insieme ad altri 40 rumeni, a Bergamo, sotto una grande coperta, non è mai andato alla ricerca della mia pietà, ma del mio sorriso, ed è per questo che gli ho dedicato questo film, per attenuare il senso di colpa dei miei privilegi e del mio ricco Natale.