A quattro giorni dall’entrata in vigore, il primo gennaio, della riforma Bonafede che blocca la prescrizione dopo la sentenza di primo grado di giudizio, il Pd presenta la sua proposta di legge che di fatto la reintroduce, congelando i tempi per due anni tra il primo grado e l’appello. Con una distinzione tra le sentenze di condanna e quelle di assoluzione. “È, secondo noi, il minimo sindacale”, ha detto il capogruppo in commissione Giustizia alla Camera, Alfredo Bazoli. Un minimo sindacale che però va contro la Costituzione: lo ha già evidenziato la Consulta con la sentenza del 6 febbraio 2007 che bocciò la legge Pecorella (governo Berlusconi) sull’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento. Come ha spiegato Piero Grasso in una recente intervista a Il Fatto Quotidiano, “per la Costituzione la presunzione di innocenza resta tale fino alla sentenza definitiva. E questo vale tanto per l’innocente quanto per il colpevole: non ci può essere una distinzione in questo senso”.
Walter Verini, responsabile giustizia del Pd, ha però subito chiarito che questa proposta “vorremmo non fosse utilizzata, sperando si arrivi a una sintesi“. Quindi purché si trovi un compromesso tra la posizione del M5s e quella dei democratici nel prossimo vertice di maggioranza del 7 gennaio. “Tre forze dell’attuale governo si sono contrapposte quando il precedente esecutivo ha presentato e approvato la legge sulla prescrizione. Essendo una coalizione, ci aspettiamo che il ministro della Giustizia e il premier facciano una sintesi che non è stata raggiunto finora”, ha spiegato Verini in una conferenza stampa dal Nazareno.
Il testo presentato dal Pd, ha annunciato la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, punta “all’equilibrio tra esigenza di giustizia e giusta durata dei processi”. Oltre alla distinzione tra condannati e assolti in primo grado, la proposta prevede “per le sentenze di condanna dopo il primo grado una sospensione dei tempi della prescrizione di due anni per l’appello e di un anno per la Cassazione, ai quali si possono aggiungere altri sei mesi. Un totale, quindi di 3 anni e sei mesi”, ha spiegato sempre Bazoli. “Noi siamo sicuri che in questo modo non si prescriverà neanche un processo in appello e in Cassazione, ma lasciamo una barriera finale per evitare processi infiniti”, ha aggiunto il deputato democratico.
“Noi siamo contrari al giustizialismo ma anche al garantismo a corrente alternata, come quello di alcuni esponenti di Forza Italia come Costa. Il nostro obiettivo non è far cadere il governo, il governo andrà avanti se avrà delle cose da fare. Confidiamo nell’incontro di maggioranza del 7, altrimenti la proposta verrà discussa in sede parlamentare come è normale che sia”, ha spiegato Verini. Il segretario Nicola Zingaretti ha commentato solo con una nota: “Il Pd è per una giustizia al servizio dei cittadini, per tempi certi nei processi nei quali i colpevoli vengano condannati, agli innocenti venga riconosciuta l’innocenza e nei quali le imprese, che hanno contenziosi, possano contare su esiti rapidi. E’ questo il senso della nostra iniziativa che guarda agli interessi del Paese, al rispetto della certezza del diritto e della legalità“.
La proposta democratica è già stata recapitata al Guardasigilli Alfonso Bonafede che dice di essere pronto a “valutare ogni proposta” nel vertice di maggioranza già convocato per il 7 gennaio. Le posizioni però restano distanti, con il rischio che si arrivi senza un’intesa al prossimo 10 gennaio. Quel giorno alla Camera si voterà la proposta di legge del forzista Enrico Costa per eliminare la riforma Bonafede: un testo che Verini ha già bocciato a nome del Pd proprio durante la conferenza stampa dal Nazareno. Il dubbio però è su come si comporterà Italia Viva che già durante l’esame della manovra ha votato un ordine del giorno di Costa sul tema. Una possibilità è che i renziani presentino un emendamento al pdl Costa che contenga la proposta del Pd, per mettere in difficoltà gli stessi democratici.