In Italia, il Boxing Day non ha mai attecchito: ci hanno provato lo scorso anno a far giocare la Serie A a Santo Stefano, senza grande successo. Spettatori in calo per le tv, spalti vuoti: esperimento da bocciare. Ci avevano provato anche in passato quando c’era solo la Rai, le tv non dettavano legge e Tutto il Calcio Minuto per Minuto univa l’Italia.
Il penultimo Boxing Day, però, non può essere dimenticato: un pezzo di storia dal deciso sapore di provincia, di tv in bianco e nero, di spalti pieni. E all’epoca in pochi l’avrebbero chiamato Boxing Day: era semplicemente l’undicesima di Serie A, nel giorno di Santo Stefano. In quel campionato la testa della classifica era pressoché identica a quella di adesso: le prime undici squadre di allora sono tutte lì anche oggi. Mancano solo Lazio e Parma. La coda, invece, era completamente diversa: Varese, Catanzaro, Mantova. Squadre di calcio che ai bambini e agli adolescenti di oggi sono praticamente sconosciute: forse per i più appassionati saranno semplici stemmi da attaccare al sempreverde album dei calciatori.
Quel Mantova, in quel match di Santo Stefano, affrontava la Juventus al Comunale. Oramai lontani i tempi del “piccolo Brasile” di Fabbri, i biancorossi erano tornati in A dopo aver vinto il campionato cadetto con Giagnoni in panchina. Il mister si era fatto notare e infatti, al termine di quel campionato di B vinto, aveva ceduto alla corte del Toro portandosi anche Topolino Toschi, l’attaccante più prolifico dei biancorossi. Anche altri protagonisti della promozione, da Blasig a Bonci, erano andati via. E dunque in panchina viene scelto Renato Lucchi, navigato tecnico reduce da due buone stagioni in A sulla panchina del Verona. La squadra però non gira e a parte qualche exploit, come la vittoria a San Siro sul Milan, si intuisce dalle numerose sconfitte che la stagione sarà difficile.
E a Santo Stefano il Mantova va a Torino: sulla panchina dei bianconeri siede il ceco Vycpàlek, zio materno di Zdenek Zeman. Al Comunale, sulla carta, la sfida sarebbe impari, ma nel primo tempo i biancorossi mettono paura alla Signora: Nuti ci prova, Carmignani para, e la Juventus di Bettega, Causio, Capello e Anastasi non sfonda il muro biancorosso. Un punto sarebbe importantissimo per la squadra lombarda, perché all’epoca la vittoria valeva solo 2 punti e un pareggio al Comunale avrebbe dato morale agli uomini di Lucchi.
La differenza di valori alla fine, però, viene fuori: dopo venti minuti dall’inizio del secondo tempo Anastasi ne fa due in cinque minuti, Nuti accorcia le distanze a dieci minuti dalla fine e il Mantova prova il forcing disperato per pareggiare, ma invano. Si esce da Torino tra i complimenti, ma senza punti. Da lì per i biancorossi comincia una serie di sei sconfitte consecutive fatali per la panchina di Lucchi sostituito dal vice Uzzechini. Ma neanche il cambio al vertice darà i frutti sperati: il Mantova dirà addio alla permanenza in massima serie assieme a Varese e Catanzaro.
Addio per sempre, visto che quella del 1971/72 sarà l’ultima stagione dei biancorossi in serie A. La Juve invece vincerà il campionato, pur impattando a Mantova al ritorno. Un osso duro, i lombardi, per la Juve, solo una volta vittoriosa a Mantova, più volte fermata a Torino dai virgiliani.
Pure in B, nel 2006, la Juve con Nedved, Del Piero, Trezeguet, Buffon e Camoranesi vide interrotta la sua marcia trionfale proprio a Mantova, sconfitta con un autogol di Kovac. E oggi che il Mantova domina il campionato di Serie D e ambisce al ritorno tra i professionisti, le sfide con la Juve sono dolci ricordi. Meno quelli di un lontano Boxing Day.