di Raffaele Torino

In chiusura dell’anno in cui è stato festeggiato (non abbastanza) il decimo anniversario del Trattato di Lisbona, che ha sancito all’Art. 6 la pari dignità con i Trattati della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ritengo non ci possa rassegnare agli attacchi demolitori dello Stato di diritto e alle violazioni dei diritti fondamentali che, a volte in maniera clamorosa (ma mai sufficientemente sottolineata dai mezzi di comunicazione delle masse), a volte silenziosamente stanno avvenendo in varie parti d’Europa.

In più di un Paese membro dell’Unione europea alcuni principi fondamentali conquistati in secoli di civiltà giuridica europea, quali la divisione dei poteri statali, la libertà di stampa, il rispetto dei diritti dello straniero, la tutela delle minoranze religiose, il principio di non-discriminazione, appaiono messi a serio rischio. Non pochi governi e cittadini degli Stati membri appaiono aver dimenticato che l’Art. 2 del Trattato sull’Unione europea richiede loro (per continuare a far parte del più bell’esperimento politico interstatuale mai realizzato ai fini della protezione degli uomini e delle donne e della promozione del loro benessere) il rispetto quotidiano e non revocabile della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani. Questi diritti e valori devono essere concretamente difesi e promossi dai vari Stati membri, in Europa e al loro interno. Il diritto europeo lo impone.

Negli ultimi tempi, purtroppo, anche l’Italia non è risultata immune a questa scarsa attenzione alla protezione dei diritti fondamentali, sia a livello istituzionale, sia al livello dei singoli cittadini. La sua popolazione, noi italiani, mi appare divisa fra coloro che senza mezzi termini antepongono (in maniera trasparentemente egoistica) al rispetto dei diritti fondamentali la propria sicurezza fisica ed economica (non esitando a respingere chi fugge da guerre e persecuzioni) e chi appare ancora avere un moto generoso dell’intelletto e del cuore di fronte alla loro violazione, ma che poi, in fin dei conti, assume un atteggiamento “tiepido”, poco efficace, e che si giustifica invocando le dinamiche del consenso maggioritario.

Del resto, va anche osservato che nel sistema politico-giuridico italiano manca una public voice in grado di promuovere il rispetto dei diritti fondamentali, di segnalarne con efficacia le violazioni e di porre in essere concreti atti di protezione. Ciò fa sì che l’Italia, fra gli altri punti di debolezza in relazione a ciò, sia in perenne ritardo nel dare attuazione nel proprio ordinamento agli obblighi assunti a livello internazionale per la protezione dei diritti fondamentali e che anche il sistema risarcitorio in caso di violazione degli stessi sia ben lontano dall’essere soddisfacente. E se non mi sbaglio, sotto questo profilo siamo finanche l’unico Stato membro dell’Unione europea a non avere un organismo centralizzato di protezione dei diritti fondamentali.

In questo contesto e avendo a cuore il rispetto dei diritti fondamentali, mi sembra che possa essere condivisa la proposta di attribuire maggiori poteri alle istituzioni europee per assicurare un pieno rispetto di tali diritti nei Paesi dell’Unione europea. Andrebbero ossia ricercati e instaurati meccanismi e sistemi in grado di efficacemente garantire negli Stati membri la tutela dei diritti fondamentali, così come, ad esempio, vengono efficacemente assicurati da istituzioni e meccanismi europei il rispetto delle norme a tutela della libera concorrenza nel mercato o del Meccanismo Europeo di Stabilità.

In altre parole è giunto il momento di compiere un ulteriore passo avanti nel processo di integrazione europea, che può (poiché la base giuridica è fortemente condivisa fra gli Stati membri) e deve (perché molti, se non tutti, i governi nazionali appaiono troppo in balia di scelte politiche dettate dalle esigenze di rielezione) essere fatto. Occorre affidare in maniera diretta, senza eccezioni di rilievo, con poteri efficaci, la protezione e promozione dei diritti fondamentali a un’istituzione (che vada ben oltre l’Agenzia europea dei diritti fondamentali) e a una corte europea (senza i limiti cui incorre la Corte di giustizia dell’Unione europea), a cui possano rivolgersi tutti i cittadini europei e i residenti sul territorio europeo.

Questo affinché l’Europa che si va costruendo sia anzitutto un’Europa rispettosa dei diritti fondamentali a tutti i livelli e non un mero consorzio fra Stati, messo su solo per perseguire interessi più o meno lodevoli.

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