La decisione di Pechino avrà impatti importanti anche in Europa e rappresenta la fine di un'epoca segnata da trasferimenti con cifre da capogiro. L'esperto Bagozzi: "Colpa di quei calciatori strapagati che non hanno reso quanto sperato, penso a Lavezzi, Hamsik, Tevez, Jackson Martinez, Fellaini o Carrasco"
“Andrà a prendere una pensione dorata in Cina”. Frase sentita spesso negli ultimi tempi, ma che non si potrà più utilizzare per quei calciatori che ormai vicini o oltre i trenta decidono di giocare un paio d’anni in Super League in cambio di cifre tali da mettere al sicuro le famiglie per generazioni. Con le nuove regole varate dalla Federazione locale, che entreranno in vigore a partire da gennaio 2020, i contratti alla Pellè o alla Lavezzi, rispettivamente 15 e 25 milioni di euro all’anno, non esisteranno più. O meglio: non essendo regole retroattive Pellè, Hamsik e gli stranieri andati in Cina in questi anni continueranno a guadagnare quel che prevedono i loro contratti, mentre i calciatori non cinesi che a partire da gennaio accetteranno di trasferirsi in Super League dovranno accontentarsi al massimo di 3 milioni di euro a stagione, in virtù del tetto salariale deciso dalla federazione. Perché la Federcalcio cinese ha preso una decisione del genere? I motivi sono molteplici secondo Marco Bagozzi, triestino, scrittore ed esperto di calcio asiatico e cinese, autore del libro Storia del calcio cinese, dalle origini ai giorni nostri.
GLI OBIETTIVI DELLA FEDERAZIONE CINESE – L’apporto deludente di molti big alle cause delle squadre cinesi, secondo Bagozzi, è una delle ragioni del salary cup: “Sicuramente c’è la volontà di disciplinare la situazione perché ormai c’era una sproporzione troppo grande: contratti costosissimi per giocatori di nome ma che a ben vedere non hanno reso per quel che venivano pagati e parlo di Lavezzi, così era stato anche per Tevez a Shangai, lo stesso Hamsik non ha dato un grande apporto al Dalian”. Per gli stranieri ci sono delle eccezioni: chi gioca in nazionale potrà vedersi aumentato l’ingaggio del 20 per cento al di sopra del tetto salariale. Ma è ovvio che non saranno quei 600mila euro in più (al massimo) a cambiare le cose. Anche per i calciatori cinesi c’è un tetto salariale: 1,2 milioni di euro al massimo. Ma non è una bocciatura per i calciatori nazionali, tutt’altro: la volontà è quella di far crescere le giovani generazioni di calciatori cinesi. Bagozzi infatti spiega: “È sicuramente un’ambizione della Cina quella di far crescere il livello dei sui giovani calciatori, certo: il discorso è che oggi in Super League anche i calciatori cinesi prendono stipendi molto alti, direi quasi allucinanti, da qui una misura che potrebbe incentivare i migliori ad andare all’estero in cerca di ingaggi migliori piuttosto che restare nella tranquillità del campionato cinese”. È l’affermazione dell’idea esattamente contraria a quella messa in pratica fino ad oggi: arricchisce di più un calciatore cinese che va a giocare all’estero di un big straniero che arriva in Cina. Tra le altre regole anche l’obbligo per le società di contenere il monte stipendi e farlo arrivare al massimo ad un valore complessivo del 60 per cento delle entrate totali del club. Per contro ci sarà una maggiore apertura agli stranieri: le squadre avranno un limite di 6 giocatori non cinesi tesserati e 4 da poter schierare contemporaneamente in campo (fino ad oggi era di tre).
LE CONSEGUENZE IN EUROPA – È chiaro che questo cambia radicalmente anche il calciomercato europeo. Se ad esempio erano innumerevoli le voci su big fortemente tentati dall’avventura asiatica, da Ozil a Mertens, da Callejon a Mandzukic, oggi il tetto salariale cambia tutto: “Il calciomercato europeo sarà molto meno ‘dopato’ da quelle offerte – spiega Begozzi – Ma questo, ripeto, anche in virtù delle prestazioni non proprio esaltanti offerte da big presi in Europa e strapagati: si guardi a Jackson Martinez, ma anche a Fellaini o Carrasco, che hanno avuto impatti medi, o addirittura insufficienti. Difficile oggi che questi calciatori accettino la Cina”. Chiaro: tetto massimo a 3 milioni (fino a 3,6 se si gioca ancora in nazionale, e difficilmente chi gioca in Cina viene convocato in nazionale) ovvero un ingaggio del tutto normale anche in Europa – dovendo cambiare drasticamente vita – ha il netto sapore di un gioco che non vale la candela.
UNA CINA SUPERPOTENZA DEL CALCIO TRA VENT’ANNI? – Che conseguenze ci saranno nel lungo periodo? Una Cina che diventa superpotenza calcistica? Una definitiva perdita d’interesse per il pallone dopo un esperimento costoso ma finito male? Difficile dirlo. A partire dal fatto che secondo Marco Bagozzi non è improbabile che la Federcalcio cinese torni suoi suoi passi: “Le regole da quelle parti cambiano spesso. Quasi sempre con poco costrutto. È chiaro che il paese ha potenzialità infinite non solo da un punto di vista numerico ma anche perché a breve si potrebbe contare pure sull’integrazione dei tanti ragazzi cinesi nati all’estero e non solo da due genitori cinesi, fisicamente più forti. Ma bisogna vedere se si vorrà dar seguito a questa prospettiva: è una fase in cui si cambia ogni anno e questo ovviamente non aiuta la crescita del calcio. Credo che, al di là degli investimenti privati, essendo in un paese ancora legato a logiche socialiste l’idea sia ancora quella di investire forte su sport a carattere olimpico, con un buon bacino di medaglie, piuttosto che far crescere uno sport che ti dà la prospettiva di competere ogni 4 anni”.