Sette rinviati a giudizio, undici prosciolti. È la decisione del gup milanese Giusy Barbara, che ha mandato a processo alcuni dei “clienti italiani vip” del barone italo-svizzero Filippo Dolfuss e del commercialista Gabriele Bravi per aver aggirato il fisco tra il 2010 e il 2015. Dollfus e Bravi sono ritenuti gli artefici di una “complessa struttura operativa” composta da società con sede a Lugano e a Panama. La notizia del rinvio a giudizio è di un paio di settimane fa, ma è stata resa nota in queste ore. Il dibattimento si aprirà il prossimo 12 febbraio davanti alla seconda sezione penale del Tribunale, dove dovranno presentarsi – tra gli altri – Anna Rita Rovelli (la figlia del petroliere Nino, uno dei protagonisti del caso Imi Sir) e il suo ex marito Francesco Bellavista Caltagirone, già presidente del gruppo Acqua Marcia, ex socio di Cai, Compagnia Aerea Italiana ed ex componente del Consiglio d’amministrazione di Alitalia. A processo anche lo stesso Bravi (che nel 2013 venne anche arrestato e ora è il solo a rispondere di associazione per delinquere e riciclaggio), l’uomo d’affari genovese Franco Lazzarini, il costruttore Massimo Pessina, l’imprenditore ed ex dirigente sportivo (è stato anche all’Inter e all’Udinese) Franco Dal Cin e Filippo Aleotti, in passato partner del fondo Investindustrial. I sei sono accusati a vario titolo o di omessa dichiarazione o di infedele dichiarazione dei redditi. Il gup, contestualmente, ha anche prosciolto 11 persone, mentre per altri 5 professionisti, 4 dei quali hanno chiesto di essere processati in abbreviato e uno ha chiesto di patteggiare, la sentenza è attesa per il prossimo 30 marzo. Filippo Dolfuss, invece, nel 2016 ha patteggiato una pena di un anno e 11 mesi. La richiesta di rinvio a giudizio era stata avanzata il 28 settembre del 2018.

Tornando al proscioglimento delle 11 persone, alcune hanno fatto ricorso alla ‘voluntary disclosure’ e perciò non sono punibili. Per altre il giudice ha usato la formula perché il fatto non sussiste in quanto le difese hanno dimostrato l’infondatezza delle accuse oppure che la cifra evasa era al di sotto della soglia di punibilità. C’è da aggiungere che per Daniele Lorenzano, l’ex manager Mediaset condannato con Berlusconi nel processo sui diritti tv, il procedimento è sospeso in quanto si trova all’estero e risulta irreperibile. Durante l’udienza preliminare il gup Barbara ha anche respinto, ritenendola “manifestamente inammissibile“, la richiesta dei pm di sollevare alla Consulta la questione di illegittimità costituzionale di due norme introdotte con la legge del 2014 sulla ‘Voluntary disclosure‘, che – a sentire i magistrati – erano “in contrasto con i principi di solidarietà sociale e di uguaglianza” sanciti dalla Costituzione e hanno effetti simili ad un’amnistia o ad un indulto. Il caso Dolfuss aveva suscitato grande clamore proprio per il coinvolgimento di esponenti del mondo dell’imprenditoria e della nobiltà più antiche d’Italia, oltre a noti manager. L’accusa per tutti è quella di aver aggirato il fisco seguendo lo schema della coppia Dolfuss-Bravi, i quali con una “complessa struttura operativa costituita” da società con sede a Lugano e a Panama avrebbe consentito loro, tra il 2010 e il 2015, di “trasferire all’estero ed occultare denaro e utilità nella gran parte dei casi provenienti dai delitti di evasione fiscale o riciclaggio” grazie anche off-shore “adibite a schermo“.

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