“Cronica carenza di liquidità” e “una gestione economica dipendente” dagli accordi con Ryanair. Nonostante ciò Airgest, la società che gestisce l’aeroporto di Trapani Birgi, sarebbe sopravvissuta soltanto attraverso “consistenti immissioni di capitale di provenienza pubblica”. In una frase: uno scalo che fa guadagnare solo la compagnia che l’ha scelto come vettore. È la radiografia tracciata dalla procura di Trapani alla fine di un’inchiesta aperta sull’aeroporto della città siciliana. I pm hanno chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di peculato e falso in bilancio per 15 componenti del consiglio di amministrazione che nell’ultimo decennio (2008-2018) si sono alternati ai vertici della società. A partire dall’attuale presidente Salvatore Ombra, a capo di Airgest dal 2007 al 2012 e nominato nuovamente lo scorso agosto “a titolo gratuito”.
Soldi dei comuni a Ryanair – Sullo sfondo delle accuse processuali c’è l’accordo di co-marketing sottoscritto da Ryanair in tutti gli aeroporti in cui opera. In pratica i comuni della zona pagano una quota alla società di gestione dell’aeroporto, che a sua volta sigla accordi con compagnie aeree. Elargisce cioè un contributo per ogni passeggero che vola su quella città. In questo modo incentivava le compagnie a coprire nuove tratte per collegare lo scalo col resto d’Europa. Quel tipo di accordo era stato sottoscritto anche a Trapani ma è da tempo nel mirino della Commissione Europea: secondo una consulenza del professore Gianroberto Villa – consultato dalla procura rientrerebbe nella categoria degli “aiuti di Stato”. Eppure salcuni studi quell’escamotage aveva fatto la fortuna – a livello turistico – della provincia più occidentale della Sicilia. Per i consulenti della procura, invece, a guadagnarci era solo la compagnia che aveva fissato la sua base siciliana a Trapani: cioè Ryanair. Ma andiamo con ordine.
Vengono i turisti? “Ma non ci guadagna nessuno” – La storia dell’aeroporto di Trapani Birgi è fonte di polemiche che negli ultimi hanno tenuto banco in Sicilia. Dove a ogni tornata elettorale qualsiasi aspirante sgovernatore, sindaco o presidente di provincia ha sempre promesso una cosa: l’ormai mitologico rilancio turistico del territorio. In questo senso il caso dell’aeroporto di Trapani è paradossale. Piazzato in una provincia periferica ma ad alta densità di luoghi d’interesse – soprattutto per quanto riguarda le destinazioni balneare – nel 2008 contava mezzo milione di viaggiatori l’anno. Nel 2013 lo scalo ha toccato il livello massimo di espansione con quasi due milioni di passeggeri: un incremento che a livello percentuale lo piazzava tra i primi 30 aeroporti italiani. Numeri cresciuti negli anni successivi e che avrebbero dovuto avere un’incidenza sul territorio. Secondo Kpmg, una delle principali società di consulenza del mondo, ha calcolato che in quattro anni con dieci milioni di investimento in co-marketing su Birgi, nella zona si è prodotta una ricchezza pari a 900 milioni di euro. In pratica un investimento minimo ha portato nuovo impulso imprenditoriale nel settore con un guadagno del 90 percento. Di segno opposto l’analisi dei consulenti tecnici della procura “Con riferimento agli accordi che direttamente coinvolgevano Airgest, l’analisi svolta dai consulenti tecnici Arosio e Pozzi ha escluso che i contratti in questione, anche valutati da una prospettiva ex ante, presentassero (in modo particolare per i contratti 2014) prospettive di redditività“.
Morte di un aeroporto – Nel 2012 però accadono due cose: l’ad di Birgi, Salvatore Ombra, si dimette. Mentre col nuovo presidente della Regione, Rosario Crocetta, apre l’aeroporto di Comiso. L’obiettivo di Crocetta è far crescere il traffico nello scalo della Sicilia orientale, più funzionale alla sua città d’origine: Gela. Obiettivo raggiunto solo in parte: su Comiso volano oggi circa 300mila passeggeri all’anno. Parallelamente, però, l’aeroporto di Trapani comincia a morire: da 1,8 milioni di passeggeri del 2013 si passa ai 480mila del 2018: meno di quelli di dieci anni fa. Adesso arriva l’inchiesta della procura a spiegare come l’aeroporto di Birgi più che ricchezza per il territorio producesse guadagno soprattutto per la principale compagnia aerea che volava su Trapani.
L’inchiesta – L’indagine è coordinata dal pm Rossana Penna e trae origine da un esposto del Movimento 5 Stelle presentato nel marzo 2018 dal senatore Maurizio Santangelo e dei deputati regionali Valentina Palmeri e Sergio Tancredi. Da qui le accuse della Procura di aver capitalizzato i “costi di co-marketing tra le immobilizzazioni immateriali alla voce ‘costi di ricerca, sviluppo e pubblicità’ (anziché iscriverli nel conto economico)” così “concorrendo a determinare il risultato di esercizio per la sola quota del 20% annuo anziché per l’intero”. Ma soprattutto il mancato versamento di 18.363.808,13 milioni di euro riferibili alla Tassa addizionale comunale, che sarebbe dovuta finire in un fondo del Ministero dell’Interno. Nell’esposto i parlamentari del M5s ricostruivano le “principali criticità”, ipotizzando un “rischio di continuità aziendale con aggravamento del dissesto finanziario”. La scorsa estate, dopo a un altro esposto datato giugno 2019, la Procura ha avviato un’altra indagine tuttora top secret.
Il ruolo della politica – Già nel 2012 il socio privato Infrastrutture Sicilia scriveva che “tutte le analisi economiche sin qui condotte hanno evidenziato un incremento delle perdite per Airgest al crescere dei volumi di traffico Ryanair”. Nel frattempo però la società era diventata punto di riferimento per la politica locale per assunzioni e nomine nel cda, tanto da insospettire la Regione Siciliana in occasione dell’approvazione di uno dei piani industriali, mai del tutto applicati. Poi quando nel 2013 l’allora governatore Rosario Crocetta sciolse le province, la Regione Siciliana ne acquisì le quote, arrivando nel 2017 a detenere il 99,93% della società, risanata lo scorso anno con un finanziamento regionale di 12,5 milioni di euro. È di questi mesi invece la procedura di cassa integrazione di 29 dei 74 dipendenti, mentre è in corso la selezione di due nuove figure professionali.
Le denunce dei 5 stelle – “L’aeroporto di Trapani dal 2007 al 2013 ha emesso 20 milioni in 5 anni alla ‘Airport marketing limited’ di Dublino, una controllata Ryanair, per la co-promozione pubblicitaria sul suo sito facendo crescere il numero dei passeggeri dai 533.000 del 2008 a 1,6 milioni del 2012, ma perdendo nello stesso periodo 10 milioni”, scrissero i deputati del Movimento 5 Stelle riferendosi agli accordi di co-marketing tra Airgest e il vettore. Bocciato dal Collegio sindacale già nel 2008 quando evidenziò “rilievi di anti-economicità dell’impianto contrattuale”, ribadendo “di non poter condividere l’operato contrattuale del vertice di Airgest”. Nel 2012 l’advisor Kmpg analizzò bilanci e bozze di contratto e riferendosi al “consuntivo dei primi 5 anni” scrisse che “a parità di altri aeroporti a maggiore connotazione low cost, quello di Trapani aveva raggiunto livelli di redditività inferiori” e inoltre rilevava “un’amplificazione delle perdite nel periodo considerato”.
I comuni non pagarono più – “Il giudizio sulla non sostenibilità economica del nuovo contratto con Ryanair rimarrebbe sostanzialmente immutato”, scriveva Kmpg nel dicembre 2013. Poi nel 2014 l’intesa venne rinnovata, ma furono stipulati due contratti: uno tra Airgest e Ams e un altro tra Camera di Commercio di Trapani e Ams. “L’impegno contrattuale di Ryanair a garantire il flusso di passeggeri pattuito – si legge nella relazione acquisita dai pm – sottendeva, di fatto, una correlazione con i costi di co-marketing stabiliti in misura fissa con la sua partecipata Ams”. Il vettore si impegnava a raggiungere la soglia di 1,4 milioni di passeggeri, Airgest a versare 3,4 milioni di euro all’anno e i comuni 2,1 milioni (attraverso l’ente camerale). Quando i sindaci iniziarono a ritardare i pagamenti – si legge nella relazione del professore Villa – “Airgest si accollò il debito verso Ams”, nonostante non ci fosse alcun riferimento nei contratti e le lettere di messa in mora venissero inviate dalla Camera di Commercio.
E vogliono i soldi indietro – Poi la Commissione Europea iniziò a indagare sugli accordi di co-marketing, a Trapani finito in soffitta, fino a quando Airgest pubblicò un bando poi annullato dal Tar nel febbraio 2018 su ricorso di Alitalia che lo definì “tagliato su misura” per Ryanair. Ad agosto Bruxelles ha sanzionato il vettore irlandese, chiedendo di restituire 8,5 milioni di euro per “aiuti di Stato illegali” ottenuti a Montpellier, in Francia. E anche alla Regione Sicilia sono giunte delle richieste di chiarimento sui bandi prodotti da Airgest. Adesso nel processo in corso dinanzi al gup di Trapani alcuni comuni – come quello di Castelvetrano – hanno avanzato la richiesta di costituzione di parte civile “anche per chiedere indietro i soldi spesi per il co-marketing”. Nel frattempo il presidente Salvatore Ombra ha annunciato un nuovo contratto con Ryanair, avviando la riscossione delle somme del triennio 2017-2021 non ancora pagate dagli stessi comuni. Un vero e proprio cortocircuito finito nelle aule di giustizia. A Trapani, intanto, arrivano cinque o sei voli al giorno: quasi mai c’è un aereo che arriva dall’estero.
*Aggiornato da redazione online il 30 dicembre del 2019 alle ore 17 e 34