“Una contestazione puramente formale a tutte le commissioni di collaudo. Ma non ho fatto nulla di irregolare”. Il nuovo ministro della Ricerca e dell’Università, Gaetano Manfredi, risponde così in un’intervista al Corriere della Sera quando gli viene chiesto delle indagini nei suoi confronti per i collaudi nella ricostruzione dell’Aquila. Secondo Il Tempo, infatti, sul nuovo titolare del (mezzo) dicastero di Lorenzo Fioramonti “pende un’accusa di falso come collaudatore delle case che Silvio Berlusconi fece costruire a L’Aquila. Dopo il rovinoso crollo di un balcone, la procura guidata all’epoca da Fausto Cardella mise sotto inchiesta, nel 2015, 37 persone, fra cui proprio Manfredi”.
In quattro anni, però, non si è ancora arrivati a processo, visto che la richiesta di rinvio a giudizio non è mai stata esaminata per vari contrattempi e problemi di attribuzione che l’hanno spostata fino al 5 febbraio 2020, quando per i 29 imputati rimasti, compreso Manfredi, è stata fissata l’udienza preliminare: a ostacolare il regolare corso della giustizia, scrive Il Tempo, sono stati “l’intervento della procura di Piacenza, il rinvio in Cassazione, il trasferimento definitivo a L’Aquila, il giudice che si è a lungo ammalato, udienze continuamente saltate ed errori di notifica”.
Alle accuse, che visto il tempo trascorso rischiano di finire in prescrizione, Manfredi ha però risposto dicendo che si tratta di un atto formale ed è poi passato ad esporre i suoi piani da nuovo ministro. Innanzitutto, rispondendo a chi gli chiede se le sue critiche passate per i mancati fondi all’università non rappresentino una contraddizione, visto che sono il motivo delle dimissioni del suo predecessore: “So che quella cifra, 1 miliardo, è quanto è stato tagliato dei fondi per l’università negli ultimi anni e che dovrebbe essere recuperato – ha detto al Corriere – Ma so anche che la situazione della finanza pubblica è difficile e che non è possibile recuperare tutto subito. Però non possiamo considerare l’università e la ricerca come la cenerentola del Paese, serve un impegno da parte di tutto il governo e un piano per rispondere a queste esigenze in tempi ragionevoli”.
Alla domanda su eventuali garanzie offerte da Conte su questo punto, il neoministro risponde: “Un piano pluriennale si deve fare. La prima cosa, però, è ascoltare gli enti di ricerca e capire come muoversi. Siamo d’accordo, lo faremo insieme, io e il presidente del Consiglio”.