Sta rimbalzando sui social la notizia di una presunta "scure" sugli assegni, pubblicata in prima pagina dal Giornale che parla di "macelleria sociale". Ma per invalidi e vedovi non cambia nulla: le tabelle con le percentuali di riduzione che si applicano a chi ha redditi superiori a tre, quattro o cinque volte il minimo pensionistico sono identiche dal 1995. La circolare Inps non fa altro che aggiornare il valore delle pensioni minime
“Tagliano le pensioni a vedove e invalidi. Macelleria sociale del governo” (Il Giornale, 29 dicembre). La notizia di una presunta “scure” su assegni di invalidità e pensioni ai superstiti, pubblicata in prima pagina dal quotidiano diretto da Alessandro Sallusti, rimbalza sui social da domenica mattina. Complici i tweet indignati dell’ex ministro alla Famiglia Lorenzo Fontana e della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Ma davvero, come commenta Il Giornale, il governo Conte ha varato “quasi di nascosto, come strenna di capodanno“, un “decreto” che prevede “dal gennaio del 2020 il taglio delle pensioni delle vedove e il taglio delle pensioni agli invalidi, quando superano determinate soglie rispetto alle minime”? No: quel “taglio” è semplicemente un limite al cumulo con redditi superiori a certi tetti. Ma soprattutto è una norma in vigore dal 1996. Al governo c’era Lamberto Dini.
Nessun decreto: è la normale circolare Inps di dicembre – Per prima cosa, il governo non ha varato alcun decreto sulle pensioni di invalidità e quelle a cui hanno diritto vedove e vedovi. La legge di Bilancio ha reintrodotto la piena rivalutazione, finora congelata, per le pensioni tra 1.500 e 2mila euro. Ma questo non ha nulla a che vedere con i trattamenti per invalidi e superstiti. Quella a cui fa riferimento Il Giornale è la usuale circolare di dicembre in cui l’Inps elenca criteri, importi e rivalutazioni di tutti gli assegni che saranno versati l’anno successivo. Il punto di partenza è l’aggiornamento – questo sì basato su un decreto ministeriale, che a sua volta recepisce i dati Istat sull’inflazione – dei trattamenti minimi. Nel 2020 la pensione minima salirà a 515 euro, dai 513 attuali, con la conseguenza che tutte le norme che fanno riferimento a valori multipli del minimo vanno aggiornati.
La riduzione degli assegni per chi ha altri redditi è prevista da 25 anni – L’allegato 2 della circolare dell’11 dicembre contiene come ogni anno le tabelle di dettaglio. Comprese quelle che stabiliscono di quanto viene ridotta la prestazione se il beneficiario percepisce anche altri redditi superiori a determinati valori. Per quanto riguarda superstiti e invalidi, le percentuali di riduzione dell’assegno che si applicano a chi ha redditi superiori a tre, quattro o cinque volte il minimo pensionistico sono identiche da 25 anni. Cioè dall’entrata in vigore della riforma pensionistica del governo Dini (agosto 1995). Né il governo Conte 2 né gli altri 13 esecutivi che si sono succeduti da allora hanno modificato quella scala. L’unica novità è che, anno dopo anno, le minime aumentano e in parallelo si alza anche l’asticella oltre la quale scattano i limiti al cumulo.
I limiti al cumulo – Gli invalidi prendono l’assegno pieno se hanno altri redditi non superiori a 4 volte il minimo calcolato su 13 mensilità (dal 2020 circa 26.783), mentre ne percepiscono solo il 75% se i redditi da altre fonti sono tra 4 e 5 volte il minimo (tra 26.783 e 33.479 euro l’anno) e solo il 50% se hanno altri redditi superiori a 5 volte il minimo (dal 2020 circa 33.479 euro l’anno). Vedovi e vedove – che in assenza di figli hanno diritto al 60% della pensione che veniva percepita dal coniuge – subiscono invece una riduzione del 25% in caso di redditi superiori a 3 volte il minimo, del 40% se già incassano da altre fonti più di 4 volte il minimo e del 50% se hanno redditi extra pari a oltre 5 volte il trattamento minimo.
Il Giornale commenta il decreto che non c’è: “Governo macellaio, nessuna pietas” – Il Giornale nel pezzo principale riconosce che quelli a pensioni di invalidità e superstiti sono “i tagli di sempre, consistenti e fissi”. Il commento però parte dal presupposto che a calare “il coltello” sugli assegni è stato il “macellaio” governo Conte. E già che c’è chiosa: “Le vedove e i vedovi e gli invalidi se hanno un reddito mensile superiore a 2000 euro, non hanno diritto al rispetto del loro status di persone, che hanno perso una parte di sé medesime: nel proprio corpo o nella propria vita coniugale. La pietas umana di questo governo, fiero dei propri risultati, si ferma a questa soglia pecuniaria”. E ancora: “Il macellaio ha il manico del coltello. Mutatis mutandi (sic, ndr), il governo Conte bis decide di quanto tagliare le pensioni di vedovi e di quanto quelle degli invalidi. Il cittadino elettore, contribuente, non ha voce in capitolo. Ed inoltre non viene neppure informato dei tagli qualche settimana prima che vengano annunciati”. Anche se il taglio risale al 1995.