Quando una mail malandrina mi è giunta in posta chiedendomi “cosa resterà degli anni Dieci” ho intravisto per un attimo il lampo macabro di un funerale. Lucio Dalla che se ne va. Piazza Maggiore stracolma di gente venuta da ogni parte d’Italia a salutarlo. Composti, silenziosi, commossi. 4 marzo 2012. L’estremo saluto al più popolare, al più sottopelle, al più geniale e delicato dei poeti musicali del Novecento. Lo canteremo sempre Lucio perché L’anno che verrà è nel dna degli italiani più dell’Inno di Mameli.
Almeno per chi all’anagrafe supera i 40 e vede più vita e creazione dietro di sé che davanti. “Anche le parole che ora diciamo/il tempo nella sua rapina/ha già portato via/e nulla torna”, scriveva Ovidio. Solo che stavolta il tempo si è portato via la storia, ha tolto il mattoncino che tiene su la torre del Jenga. Sì, lo so, è malinconia purissima. Da vecchi rimbambiti. Da quelli che guardano i video di TikTok e pensano (ma non dicono): ma non hai altro da fare durante il giorno? Va bene Mahmood ha vinto Sanremo (2019) e diventiamo ufficialmente una repubblica multiculturale, ma da qui a che la poetica del vincitore diventi memoria del tempo passa il treno dei Jalisse.
Cosa resterà di questi anni Dieci… resterà l’idea che Checco Zalone è più bravo, capace, divertente, sapiente, lungimirante, ecc… di Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, ecc… Che bella giornata oltre 40 milioni d’incassi (2011), Sole a catinelle oltre i 50 (2013), Quo vado? (2015) i celeberrimi 65 milioni e spiccioli. Giusto qualche biglietto di meno per non superare il primo posto sul podio di Avatar. Che ingiustizia. Gli anni Dieci segnalano questo. Zalone è da copertina del Time, edizione Spinazzola, un anno sì e l’altro pure. Perché gli anni in cui non fa film e li prepara come nemmeno Gargamella e le sue pozioni magiche viene evocato come una divinità a otto mani che tutto sa e tutto risolve.
Cosa resterà di questi anni Dieci… resterà Netflix (2015) e la traumatica trasformazione del paradigma culturale della sala buia per seguire e vivere arte e spettacolo dal vivo. Il teatro è talmente ai minimi termini che parlarne imbarazza. Il cinema oramai esiste solo in funzione multisala dove del resto trovano angoli di programmazione perfino le famose “cagate pazzesche” da intellettuali frustrati. Netflix, del resto, e dietro di lei Amazon, Apple (e compagnia) non ha fatto altro che seguire e istituzionalizzare, a pagamento, la prateria aperta dal web in modalità streaming piratato, Youtube clandestino, muli e torrenti scaricatori di passate venture cinefile.
Cosa resterà di questi anni Dieci… resterà il cupio dissolvi del concetto di conflitto nella creazione artistica. Romanzi (a proposito negli anni Dieci ancora niente “grande romanzo americano”, ma arriverà prima o poi?), film, sketch, monologhi, non prevedono più l’intemerata alla Dario Fo, per dirne uno più sofisticato, o il Beppe Grillo anticraxiano, per dirne un altro più pop. Indicare che il re è nudo, sbeffeggiare il potere, è rimasto appannaggio della vecchia compagnia di giro di quei comici saccenti degli anni Novanta che vedevano nel concetto lapalissiano della “destra” come sinonimo di potere l’unica elaborazione possibile (sic!). Senza osservare che i partiti di sinistra, o meglio ciò che si rifà disonestamente a quelle splendide radici, incarna il potere ovunque senza essere mai dileggiato a dovere.
Cosa resterà di questi anni Dieci… resta il mistero di Elena Ferrante e de L’amica geniale (2011) divenuta sconosciuta pietra di paragone di una letteratura che non ha fatto scuola quanto invece ci è riuscito appena qualche anno prima un reale signore come Andrea Camilleri che negli anni Dieci (2019), guarda caso, è morto, togliendoci quel mattoncino del Jenga che tiene su l’intera torre d’avorio delle parole scritte e pubblicate su carta.
Cosa resterà di questi anni Dieci… resterà l’idea che un’immagine, uno scatto fotografico, un frammento cromatico di luci e ombre, un video di pochi secondi, scambiati su un social facciano la storia. Anche se il concetto è vecchio come il cucco (vedi la nostalgia del secolo passato?), il ritmo altissimo, la congestione, l’iperutilizzo dei risultati del mezzo audiovisivo in mano ad ogni ora del giorno come non mai, ci sembrano una novità. Allora evitando video di puzzette o neonati mostrati come gingilli del proprio ego risolto, scatti che ritraggono le star in pigiama casalingo, voglio solo ricordare gli anni Dieci con la foto che vedete in evidenza.
Siamo a Montichiari (Brescia), il 28 aprile 2012. Alcuni attivisti animalisti sfondano le barriere dell’allevamento di Green Hill. Dentro ci sono oltre duemila beagle che sarebbero stati utilizzati poi da aziende di ogni tipo come animali da laboratorio, sfiancati da gas di sigarette, la pelle, gli occhi, il pelo, gli organi interni distrutti da sperimentazioni medico sanitarie e cosmetiche. Ne tirano fuori in pochi minuti alcune decine. Quel beagle forse di nemmeno un mese che attraversa il filo spinato tra tante mani fa il giro del mondo. Quel beagle gli anni Dieci del Duemila se li è passati su un divano a dormicchiare sereno.
Davide Turrini
Giornalista
FQ Magazine - 30 Dicembre 2019
Cosa resterà degli anni Dieci? Io voglio ricordare solo questa foto qui
Quando una mail malandrina mi è giunta in posta chiedendomi “cosa resterà degli anni Dieci” ho intravisto per un attimo il lampo macabro di un funerale. Lucio Dalla che se ne va. Piazza Maggiore stracolma di gente venuta da ogni parte d’Italia a salutarlo. Composti, silenziosi, commossi. 4 marzo 2012. L’estremo saluto al più popolare, al più sottopelle, al più geniale e delicato dei poeti musicali del Novecento. Lo canteremo sempre Lucio perché L’anno che verrà è nel dna degli italiani più dell’Inno di Mameli.
Almeno per chi all’anagrafe supera i 40 e vede più vita e creazione dietro di sé che davanti. “Anche le parole che ora diciamo/il tempo nella sua rapina/ha già portato via/e nulla torna”, scriveva Ovidio. Solo che stavolta il tempo si è portato via la storia, ha tolto il mattoncino che tiene su la torre del Jenga. Sì, lo so, è malinconia purissima. Da vecchi rimbambiti. Da quelli che guardano i video di TikTok e pensano (ma non dicono): ma non hai altro da fare durante il giorno? Va bene Mahmood ha vinto Sanremo (2019) e diventiamo ufficialmente una repubblica multiculturale, ma da qui a che la poetica del vincitore diventi memoria del tempo passa il treno dei Jalisse.
Cosa resterà di questi anni Dieci… resterà l’idea che Checco Zalone è più bravo, capace, divertente, sapiente, lungimirante, ecc… di Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, ecc… Che bella giornata oltre 40 milioni d’incassi (2011), Sole a catinelle oltre i 50 (2013), Quo vado? (2015) i celeberrimi 65 milioni e spiccioli. Giusto qualche biglietto di meno per non superare il primo posto sul podio di Avatar. Che ingiustizia. Gli anni Dieci segnalano questo. Zalone è da copertina del Time, edizione Spinazzola, un anno sì e l’altro pure. Perché gli anni in cui non fa film e li prepara come nemmeno Gargamella e le sue pozioni magiche viene evocato come una divinità a otto mani che tutto sa e tutto risolve.
Cosa resterà di questi anni Dieci… resterà Netflix (2015) e la traumatica trasformazione del paradigma culturale della sala buia per seguire e vivere arte e spettacolo dal vivo. Il teatro è talmente ai minimi termini che parlarne imbarazza. Il cinema oramai esiste solo in funzione multisala dove del resto trovano angoli di programmazione perfino le famose “cagate pazzesche” da intellettuali frustrati. Netflix, del resto, e dietro di lei Amazon, Apple (e compagnia) non ha fatto altro che seguire e istituzionalizzare, a pagamento, la prateria aperta dal web in modalità streaming piratato, Youtube clandestino, muli e torrenti scaricatori di passate venture cinefile.
Cosa resterà di questi anni Dieci… resterà il cupio dissolvi del concetto di conflitto nella creazione artistica. Romanzi (a proposito negli anni Dieci ancora niente “grande romanzo americano”, ma arriverà prima o poi?), film, sketch, monologhi, non prevedono più l’intemerata alla Dario Fo, per dirne uno più sofisticato, o il Beppe Grillo anticraxiano, per dirne un altro più pop. Indicare che il re è nudo, sbeffeggiare il potere, è rimasto appannaggio della vecchia compagnia di giro di quei comici saccenti degli anni Novanta che vedevano nel concetto lapalissiano della “destra” come sinonimo di potere l’unica elaborazione possibile (sic!). Senza osservare che i partiti di sinistra, o meglio ciò che si rifà disonestamente a quelle splendide radici, incarna il potere ovunque senza essere mai dileggiato a dovere.
Cosa resterà di questi anni Dieci… resta il mistero di Elena Ferrante e de L’amica geniale (2011) divenuta sconosciuta pietra di paragone di una letteratura che non ha fatto scuola quanto invece ci è riuscito appena qualche anno prima un reale signore come Andrea Camilleri che negli anni Dieci (2019), guarda caso, è morto, togliendoci quel mattoncino del Jenga che tiene su l’intera torre d’avorio delle parole scritte e pubblicate su carta.
Cosa resterà di questi anni Dieci… resterà l’idea che un’immagine, uno scatto fotografico, un frammento cromatico di luci e ombre, un video di pochi secondi, scambiati su un social facciano la storia. Anche se il concetto è vecchio come il cucco (vedi la nostalgia del secolo passato?), il ritmo altissimo, la congestione, l’iperutilizzo dei risultati del mezzo audiovisivo in mano ad ogni ora del giorno come non mai, ci sembrano una novità. Allora evitando video di puzzette o neonati mostrati come gingilli del proprio ego risolto, scatti che ritraggono le star in pigiama casalingo, voglio solo ricordare gli anni Dieci con la foto che vedete in evidenza.
Siamo a Montichiari (Brescia), il 28 aprile 2012. Alcuni attivisti animalisti sfondano le barriere dell’allevamento di Green Hill. Dentro ci sono oltre duemila beagle che sarebbero stati utilizzati poi da aziende di ogni tipo come animali da laboratorio, sfiancati da gas di sigarette, la pelle, gli occhi, il pelo, gli organi interni distrutti da sperimentazioni medico sanitarie e cosmetiche. Ne tirano fuori in pochi minuti alcune decine. Quel beagle forse di nemmeno un mese che attraversa il filo spinato tra tante mani fa il giro del mondo. Quel beagle gli anni Dieci del Duemila se li è passati su un divano a dormicchiare sereno.
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Roma, 8 gen. (Adnkronos) - "La liberazione di Cecilia Sala è un evidente successo della premier Meloni e del governo. Sin dall'inizio di questa vicenda, dal 19 dicembre scorso, l'esecutivo ha avuto la priorità di liberare la Sala, ponendo anche in questo caso al centro l'interesse nazionale. Oggi è tempo di far festa e non delle polemiche perché appare fin troppo chiaro che i fatti parlano da soli. L'Italia oggi, grazie a Giorgia Meloni, ha una credibilità ed un peso a livello internazionale mai avuti in passato". La dichiara il vicepresidente vicario di Fratelli d'Italia in Senato, Raffaele Speranzon.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - "La notizia della liberazione di Cecilia Sala e del suo ritorno in Italia ci riempie di soddisfazione. Ribadiamo la piena solidarietà alla giornalista e ai suoi familiari, dei quali abbiamo rispettato la richiesta di silenzio nella prospettiva di una rapida soluzione diplomatica. Esprimiamo inoltre un grande ringraziamento alle Istituzioni che hanno reso possibile questo importante risultato e ricordiamo la necessità di tutelare sempre la libertà di stampa". Così la delegazione italiana dei Verdi in Parlamento europeo, formata da Cristina Guarda, Ignazio Marino, Leoluca Orlando e Benedetta Scuderi.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - “Fi, con i suoi emendamenti, ha inteso sottolineare la funzione centrale del Parlamento nella individuazione dei membri laici del Csm. Ciò nonostante, d'accordo con il ministro Nordio, si è deciso di ribadire tali principi nella successiva, necessaria legge ordinaria. Sicché, pur di evitare il rischio di qualsiasi rallentamento nella definizione dell’iter della riforma costituzionale, riguardante la giustizia, Dna del partito, FI non sottoporrà al voto gli emendamenti in questione”. È quanto si legge in una nota del gruppo Forza Italia della Camera dei deputati.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - "Quando vediamo nelle serie tv distopiche società in cui poche persone controllano l’informazione e ci sono restrizioni dei diritti civili ci sembra tutto lontano. Invece quel mondo inimmaginabile e terrificante lo sta costruendo oggi Meloni accordandosi personalmente, senza nessuna gara pubblica, con un personaggio come Musk che insulta capi di governo e ingerisce nei processi democratici di altri Paesi, per la gestione della sicurezza delle comunicazioni e dei dati dei cittadini italiani. Meloni venga in aula a riferire su questa trattativa privata che, dopo aver svenduto asset industriali strategici a fondi di investimento, ora svende la sicurezza dell’Italia a un ultracapitalismo che non è sano". Lo ha dichiarato intervenendo in aula alla Camera il vicepresidente del Movimento 5 Stelle Riccardo Ricciardi.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - "Grazie al Governo per l'impegno, la determinazione, il coraggio e il successo nel riportare a casa la nostra concittadina". Su Facebook, Roberto Vannacci, europarlamentare indipendente della Lega, plaude alla liberazione della giornalista italiana, detenuta a Teheran. "Quando invece delle parole, di cui è tronfia una certa sinistra, contano i fatti", sottolinea, aggiungendo una serie di hashtag, tra cui #ilmondoalcontrario #menefrego #Decima #italia.
Roma, 8 gen. (Adnkronos) - Una cosa pare sia ormai certa: il Parlamento in seduta comune non sarà più convocato senza accordo chiuso sui nomi dei quattro giudici costituzionali che sostituiranno a Palazzo della Consulta l'ex presidente della Corte Silvana Sciarra, l'ex presidente Augusto Barbera e i suoi vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti. La quadra fra le forze politiche potrebbe essere definita fra le capigruppo di oggi alle 15.30 a Palazzo Madama e quella di domani a Montecitorio e, in caso di intesa, la seduta comune delle Camere dovrebbe svolgersi martedì prossimo, 14 gennaio.
Il consenso al momento pare sia stato raggiunto su tre nomi della rosa 2+1+1 (due giudici alla maggioranza, un terzo all'opposizione ed un quarto 'tecnico/indipendente'): Francesco Saverio Marini, professore di Diritto pubblico all'università di Roma Tor Vergata nonché attuale consigliere giuridico di Palazzo Chigi considerato il 'padre' del premierato; il costituzionalista in area Pd Massimo Luciani, accademico dei Lincei nonché professore emerito di Diritto pubblico dell'università la Sapienza di Roma, da sempre strenuo paladino del "dovere di verità del giurista"; e come candidato tecnico/indipendente Valeria Mastroiacovo, segretario Centrale dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani, Ugci, docente ordinario di Diritto tributario presso l’Università degli Studi di Foggia, donna vicina ai popolari che non ha mai ricoperto ruoli politici e che dal 2018 ha già un piede a Palazzo della Consulta da assistente di studio presso la Corte costituzionale di Luca Antonini (giudice in quota Lega).
Forza Italia invece pare non riuscire a fare un nome, ancora nessuna decisione: i papabili cosiddetti "in guerra" sarebbero Pierantonio Zanettin, avvocato e capogruppo del partito nella Commissione giustizia di Palazzo Madama, ed il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto. Quest'ultimo parrebbe più improbabile dato che in caso di elezione a Palazzo della Consulta, quindi di sue dimissioni dal collegio parlamentare di Andria con conseguenti elezioni suppletive, potrebbe mettere a rischio un seggio oggi in mano alla maggioranza se si candidasse il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, governatore in scadenza già al secondo mandato. Ma non è detta l'ultima parola: in 10 minuti potrebbe sempre risolversi il rebus. (di Roberta Lanzara)
Teheran, 8 gen. (Adnkronos) - "La notizia dell'arresto, dell'isolamento e del rilascio della giornalista italiana Cecilia Sala evidenzia ancora una volta la realtà che giornalisti, reporter e professionisti dei media in Iran sono costantemente sotto pressione e a rischio di arresto, reclusione e tortura". Così la premio Nobel per la pace iraniana, Narges Mohammadi, in carcere dal novembre 2021 e rilasciata temporaneamente a inizio dicembre per motivi medici, commenta all'Adnkronos la notizia della scarcerazione di Sala, attesa a breve in Italia. Mohammadi è stata rinchiusa per anni a Evin, la stessa prigione dove era tenuta la giornalista italiana.
"Ciò evidenzia come il regime religioso autoritario metta a repentaglio la libertà di espressione", aggiunge Mohammadi, raggiunta dall'Adnkronos tramite il marito, il giornalista e scrittore Taghi Rahmani. Quest'ultimo sostiene che l'arresto di cittadini stranieri sia "un metodo usato ripetutamente dal regime iraniano quando vogliono ottenere il rilascio dei loro prigionieri. È la loro forma di diplomazia".
Nel caso di Cecilia Sala, prosegue Rahmani, le autorità puntavano a "scambiare la giovane giornalista con il loro prigioniero in Italia, il signor Abedini. È così che funziona il loro sistema".
Rahmani definisce gli arresti come quello di Sala "una violazione della legge" dal momento che "tenere in ostaggio un cittadino straniero va contro il diritto internazionale dei diritti umani, eppure questo continua a verificarsi in Iran".
"Quando qualcuno viene arrestato, dovrebbe essere sottoposto a un giusto processo - conclude - Ma il regime iraniano ignora i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale".