Una piccola premessa: quello dello sci è una vera e propria industria, con centinaia di migliaia di addetti che ci lavorano e che quindi sostengono le proprie famiglie. Dirò di più: sciare è una bellissima attività, liberatoria e emozionante, come è emozionante per chi ha bambini vedere i proprio figli cominciare a lanciarsi traballanti sugli scii. Eppure siamo, senza dubbio a un bivio. Ho seguito costantemente i bollettini di guerra di questa stagione di morti principalmente per valanghe. Uno degli ultimi fatti di cronaca ha riguardato la morte di una donna e due bambine, che non stavano fuori pista, anzi, eppure sono state vittime di neve franata all’improvviso. La cosa che mi ha colpito è che l’impianto è stato immediatamente riaperto. The show must go on. Terribile.

I climatologi avvertono: con le temperature che aumentano, sciare è sempre più pericoloso. Non è difficile capirlo: anche se la neve cade copiosa, come quest’anno, non si attacca in maniera sufficientemente stabile, e quindi più facilmente frana. Poi ci sono altri fattori, come ad esempio nel caso dei morti sul Gran Sasso, ovvero un vento gelido e fortissimo che ha reso completamente ghiacciato il percorso, e dunque rischiosissimo. La montagna è diventata più pericolosa, sia per i comportamenti spesso imprudenti di gente che si crede immortale o quasi, sia – soprattutto – per i cambiamento climatici.

Ma di fronte a questi eventi estremi e drammatici, di fronte all’innalzarsi della temperatura e alla sempre minore quantità di neve, di fronte a chi muore cosa si fa? Niente. Si cerca di andare avanti cercando il più possibile di mantenere gli stessi riti e le stesse vacanze. Da un lato, gli impianti tentano di restare aperti usando neve artificiale, i cannoni ormai sono ovunque e sono centinaia e centinaia per valle, dall’altro le famiglie continuano a non modificare minimamente i propri comportamenti. Non tutte le famiglie, però: come scrive in un bell’articolo sull’Espresso Fabrizio Gatti, le famiglie della piccola borghesia, che quando c’era neve potevano usare i piccoli ed economici impianti anche a basse quote, ora non possono più permettersi di sciare perché centinaia di questi impianti hanno chiuso. E si punta sui grandi comprensori sciistici, dove sciare costa una follia.

E proprio sui ricchi si basa oggi l’industria della neve. Si continuano a costruire maxi alberghi dotati di sauna e piscina, ormai immancabili, che costano migliaia di euro a settimana, a cui bisogna aggiungere i costi assurdi degli impianti di risalita e l’abbigliamento, oltre agli spostamenti. Non sono cifre per una famiglia normale, neanche un minimo abbiente. Così chi può continua a sciare come negli anni Ottanta, su piste dove fa sempre più caldo, per tornare in alberghi riscaldatissimi, fare la pausa al centro benessere e poi andare a cena in ristoranti dove, tra l’altro, si continuano a servire piatti inverosimili come carne di cervo o sella di vitello, piatti che dovrebbero sparire dalle nostre tavole. Per non parlare dell’immenso spreco di acqua di queste strutture.

Insomma si cerca di far finta che tutto sia uguale, anche se tutto è cambiato. Ma allora cosa si dovrebbe fare, chiudere tutto e mandare migliaia di persone sul lastrico? Ovviamente no. Anzitutto, però, ci vorrebbe per tutti una educazione al cambiamento climatico che spieghi perché la montagna è diventata più pericolosa e come adottare atteggiamenti prudenti. Non lo fanno certo questi maxi alberghi né gli impianti di risalita, che neanche segnalano il bollettino delle valanghe, per non spaventare i clienti. Poi bisognerebbe cominciare a pensare che, forse, se il clima è cambiato dobbiamo cambiare anche noi. Che il nostro rapporto con la montagna devo cambiare. Che probabilmente non ha senso sciare nello stesso modo in cui lo si faceva trent’anni fa. Che la montagna può essere ancora un posto meraviglioso dove andare, ma in condizioni e modi diversi.

Alcune strutture cominciano a capire e offrono percorsi alternativi, passeggiate, visite culturali. D’altronde, questo è il futuro, perché se non si contrasta il cambiamento climatico, e non lo si sta facendo, le temperature saliranno e renderanno impossibile anche sciare a quote più alte, così come sparare neve artificiale. La montagna sarà un luogo per fare altro, e infatti già d’estate ormai le montagne sono posti sempre più affollati a causa delle estati torride delle città. Insomma non c’è rischio di disoccupazione e fallimenti del settore. Bisogna trasformarsi, non sparire. Magari faremo vacanze più sostenibili, in tutti i sensi. E magari, le potremo fare tutti, ricchi e meno ricchi. Una cosa è sicura: continuare a fare come se niente fosse cambiato non si può. Spieghiamolo ai nostri bambini. Capiranno molto più rapidamente di quanto non riusciamo a fare noi.

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