È quanto stabilisce l'articolo 35 nella sua formulazione definitiva pubblicata nel pomeriggio di martedì in Gazzetta Ufficiale: con questa norma il governo punta a mettere spalle al muro le concessionarie e ovviamente avrà un riflesso nella 'battaglia' sulla revoca delle concessioni ad Autostrade per l'Italia in seguito al crollo del ponte Morandi
Autostrade non potrà risolvere il contratto sfruttando un cambio del quadro normativo, come quello avvenuto con il decreto Milleproroghe, e in caso di revoca della concessione per suo inadempimento potrà ricevere dallo stato solo somme pari al valore delle opere fatte. Non più altri indennizzi per il mancato guadagno negli anni rimanenti della concessione in scadenza nel 2038. Introiti che, stando alle stime di Mediobanca, avrebbero potuto avere un valore complessivo attorno ai 23 miliardi di euro.
È quanto stabilisce proprio il decreto Milleproroghe nella sua formulazione definitiva, firmata lunedì sera dal presidente della Repubblica e pubblicata nel pomeriggio di martedì in Gazzetta Ufficiale, secondo l’interpretazione del testo dell’articolo 35 sulle “Disposizioni in materia di concessioni autostradali” fornita a Ilfattoquotidiano.it da autorevoli fonti ministeriali. Con questa norma il governo, insomma, punta a mettere spalle al muro le concessionarie e ovviamente avrà un riflesso nella ‘battaglia’ sulla revoca delle concessioni ad Autostrade per l’Italia in seguito al crollo del ponte Morandi e agli sviluppi dell’inchiesta bis sui presunti falsi report, anche dopo il collasso del viadotto di Genova che il 14 agosto 2018 provocò 43 morti.
In sostanza, grazie al Milleproroghe, il governo punta a rendere meno costoso e complicato revocare le concessioni poiché sono state superare alcune norme previste nel codice degli appalti del 2016 che davano grandi garanzie alle società che gestiscono la rete autostradale italiana. Misure che erano anche state censurate in passato dalla Corte dei Conti.
È l’articolo 35 del Milleproroghe a stabilire che Autostrade “per effetto della presente disposizione” non possa operare “alcuna soluzione di diritto” come la concessionaria aveva minacciato di fare, all’indomani della pubblicazione delle bozze del decreto, nel caso in cui il quadro normativo fosse stato modificato. In questo modo è stata neutralizzata la “minaccia” della società del gruppo Atlantia, controllato dalla famiglia Benetton.
Non solo: perché lo stesso articolo stabilisce che di fatto sono da “intendersi come nulle” anche “eventuali clausole convenzionali, sostanziali e procedurali, difformi, anche se approvate per legge”. Un modo per scavalcare due commi del codice degli appalti che davano la possibilità alle concessionarie di richiedere “penali” e “indennizzi a titolo di risarcimento” di revoca.