“Cinzia, tu hai sostenuto dei costi… Io ho un fondo di rappresentanza in cui residuano 1200 euro… Ho pensato che se tu mi fai una fattura da 1200 euro, 500 te li tieni tu e la differenza la giri a me…”. È il 23 dicembre quando Cinzia Falcone, presidente della associazione dell’Associazione nazionale interculturale mediterranea (Animed), viene avvicinata dalla prefetta di Cosenza Paola Galeone che ha appena allontanato tre funzionari di polizia. La Falcone riceve la stranissima proposta che oggi ha portato agli arresti domiciliari la funzionaria che era stata iscritta nel registro degli indagati per induzione a dare utilità.
Siamo nella sede della prefettura e la Galeone istruisce la donna su come compilare la fattura e di prepararla per il giorno dopo, in modo da essere evasa tra il 28 e il 29 dicembre. Prima dei saluti la prefetta però dice alla presidente che esistono problemi nei documenti ha presentato per partecipare a una gara per l’affidamento dei servizi di gestione dei centri collettivi di accoglienza “alludendo alla inutilità di ricorsi amministrativi e lungaggini” possibili. La contropartita appare all’improvviso. La mazzetta, è l’ipotesi della procura, deve avere quindi la “forma” di una fattura da 1220 euro. La giustificazione è presto fatta: ovvero le presunte spese di organizzazione di un convegno sulla violenza di genere co-organizzato da Falcone e dalla prefettura di Cosenza che si è tenuto il 29 novembre 2019 al teatro Rendano. Questo perché, a dire della Galeone, l’operazione è possibile perché erano avanzati soldi in bilancio sul fondo di rappresentanza che è inutile restituire al ministero dell’Interno “non avendo – si legge nell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari Letizia Benigno – lo Stato rimborsato a lei dei soldi per una parabola satellitare comprata personalmente dal suo fidanzato”. La Falcone però esce dalla prefettura e va diretta in Questura a denunciare tutto. Ed è così che che è scattata la “trappola”: la consegna di denaro è stata registrata dagli investigatori.
La presidente Animed racconta agli investigatori di avere crediti per 300mila euro per fatture emesse per il Centro di accoglienza straordinario di Camigliatello e teme che la prefetta possa in qualche modo ostacolare il rimborso. Quindi d’accordo con gli inquirenti Falcone invia la fattura e il messaggio con la parola “ok” come concordato alla Galeone. Il messaggio di risposta è: “Io ti stimo tanto e faremo tanta strada insieme”. Quindi l’incontro in un bar vicino alla prefettura e la consegna del denaro in banconote da 50 euro, in una busta rosa, fotocopiate dalla polizia giudiziaria. La prefetta, ricevuta la busta, insiste per dare alla donna 100 euro, dicendole “comprati i biscotti… stai calma, respira”. All’uscita dal bar ci sono i poliziotti. Le indagini hanno poi permesso di verificare che l’associazione sarebbe stata esclusa dalla gara per mancanza di requisiti e che la prefetta ne era perfettamente a conoscenza.
Per il giudice “si coglie tra le righe della condotta una tendenza alla commistione tra il denaro proprio e il denaro di pertinenza della prefettura e più in generale della pubblica amministrazione, una versatilità nella gestione e precostituzione di titoli di spesa una inopportuna tendenza alla diretta ingerenza“. Ma non solo: “L’aver suggerito alla Falcone l’escamotage per utilizzare i fondi residui di bilancio, l’aver palesato la sconvenienza di un ri-trasferimento allo Stato… l’aver ipotizzato come alternativa di spesa l’utilizzo di fatture di un qualche ristorante, l’aver cercato di vincere le resistenze e gli imbarazzi della Falcone… sono comportamenti che palesano una dimistichezza di condotta gestoria che si traduce, a sua volta, in capacità di reiterazione di analoghi reati“. Per il giudice, anche se l’indagata ha chiesto di essere interrogata, questo non esclude il rischio di inquinamento probatorio. In serata la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha disposto la sospensione dal servizio dell’indagata.