La riforma fiscale di Donald Trump e la modifica della legislazione irlandese convincono Google a riportare negli Usa i profitti che spostava alle Bermuda grazie a uno schema noto come “Double Irish, Dutch Sandwich”. Lo ha annunciato martedì un portavoce del gruppo, parlando di una “semplificazione della struttura aziendale” che porterà a “dare in licenza la nostra proprietà intellettuale dagli Stati Uniti, non più dalle Bermuda”. Secondo documenti citati da Reuters, la multinazionale nel 2018 ha spostato 24,5 miliardi di dollari alle Bermuda attraverso la sua holding olandese. L’anno prima avevano preso la stessa via altri 22,7 miliardi.
Dietro la decisione si sono sia il Tax cuts and jobs act trumpiano, che ha istituito un’unica aliquota del 21% e ha esentato dalla tassazione gli utili riportati in patria dopo esser stati realizzati e tassati all’estero, sia la fine dei vantaggi fiscali in Irlanda che arriva a compimento proprio nel 2020 dopo sei anni di transizione.
Per più di un decennio, ricorda Reuters, la legislazione olandese, irlandese e statunitense ha consentito a Google di godere di un’aliquota effettiva a una sola cifra sui suoi profitti realizzati fuori dagli Usa: circa un quarto rispetto alla media nei suoi mercati oltreconfine. La sussidiaria basata nei Paesi Bassi era usata per spostare i ricavu da royalties realizzati fuori dagli Usa a Google Ireland Holdings, affiliata con sede alle Bermuda, dove le aziende non pagano tasse sui profitti. Questa strategia – legale – consentiva di non far scattare le tasse Usa sui redditi o le ritenute degli Stati europei su questi fondi.
Google dal canto suo sostiene che “includendo tutte le tasse annuali e quelle una tantum degli ultimi dieci anni, il tax rate effettivo è stato sopra il 23%, con più dell’80% pagato negli Usa”.