Cinzia Falcone è la donna che ha fatto scattare l'inchiesta su Paola Galeone: "Non avrei potuto fare diversamente. Da tempo sono impegnata nel sociale e spesso mi è capitato di pronunciare frasi del tipo: 'In questa terra dobbiamo scegliere da che parte stare subito!'. Ecco, questa volta, ho capito che toccava a me"
“Non avrei potuto fare diversamente. Da tempo sono impegnata nel sociale e spesso mi è capitato di pronunciare frasi del tipo: ‘In questa terra dobbiamo scegliere da che parte stare subito!’. Ecco, questa volta, ho capito che toccava a me”. La pensa così Cinzia Falcone, l’imprenditrice che ha denunciato la prefetta di Cosenza Paola Galeone. Dalla sua denuncia è nata l’inchiesta che ha portato la prefetta ai domiciliari con l’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità.
Tutto nasce da un dialogo tra Galeone e Falcone, con al prefetta che segnala all’imprenditrice problemi nei documenti ha presentato per partecipare a una gara per l’affidamento dei servizi di gestione dei centri collettivi di accoglienza. La contropartita – cioè una mazzetta da 700 euro – appare all’improvviso. La tangente, è l’ipotesi della procura, deve avere quindi la “forma” di una fattura da 1220 euro. La giustificazione è presto fatta: ovvero le presunte spese di organizzazione di un convegno sulla violenza di genere co-organizzato da Falcone e dalla prefettura di Cosenza che si è tenuto il 29 novembre 2019 al teatro Rendano. Questo perché, a dire della Galeone, l’operazione è possibile perché erano avanzati soldi in bilancio sul fondo di rappresentanza che è inutile restituire al ministero dell’Interno “non avendo – si legge nell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari Letizia Benigno – lo Stato rimborsato a lei dei soldi per una parabola satellitare comprata personalmente dal suo fidanzato”. La Falcone però esce dalla prefettura e va diretta in Questura a denunciare tutto. Ed è così che che è scattata la “trappola”: la consegna di denaro è stata registrata dagli investigatori.
“Passare dalle parole ai fatti non è semplice soprattutto quando ci si trova davanti ad un prefetto della Repubblica. Il giorno prima, però, avevo ascoltato l’intervista al procuratore Gratteri in cui invitava i calabresi a ribellarsi e questo ha determinato in me ulteriormente la volontà di dissentire e dire no a una ingiusta richiesta”, racconta Falcone in un’intervista alla Gazzetta del Sud. L’imprenditrice parla dei rapporti con il prefetto e dell’imbarazzo provato davanti alla proposta: “Ho poi pensato che si trattava solo di una persona non dello Stato“. “Ho conosciuto il prefetto Galeone — prosegue l’imprenditrice cosentina — quando si è insediata. Poi, in occasione della “Giornata internazionale sulla violenza contro le donne” mi è stato proposto, visto l’impegno nel settore con la mia associazione Animed, di collaborare alla realizzazione di un evento occupandomi di contattare le scuole e di moderare la manifestazione. Cosa che ho fatto senza compenso alcuno. Ero fiera che la Prefettura, dunque lo Stato, ci avesse coinvolti in questo incontro. Ho poi pensato che si trattava solo di una persona non dello Stato”.