Diverse associazioni hanno firmato a Venezia un dossier con l'elenco di fatti e misfatti, promesse disattese, interventi della politica che autorizzano scempi e sfruttamento del territorio, Patrimonio naturale dell’Umanità. Tanti i "pericoli immediati" per le Dolomiti, afflitte dall'uso dei mezzi a motore e dove non è stato fatto niente a tutela di “corridoi ecologici e paesaggistici”
Gli ambientalisti italiani sono pronti a proporre all’Unesco la possibilità di ritirare alle Dolomiti la prestigiosa qualifica di Patrimonio naturale dell’Umanità. Non è un semplice atto d’accusa, un grido di dolore per la montagna offesa dall’uomo. Il documento redatto dalle principali associazioni è un dossier circostanziato. Con l’elenco di fatti e misfatti, promesse disattese, interventi della politica che autorizzano scempi e sfruttamento del territorio. A cominciare dai campionati del mondo di sci che si terranno a Cortina tra poco più di un anno, nel febbraio 2021, per non parlare delle Olimpiadi invernali del 2026. Il documento è stato sottoscritto a Venezia da Mountain Wilderness Italia, Amici della Terra, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Federazione Pro Natura, WWF, Federazione Protezionisti sudtirolesi Dachverband, Lia per Natura y Usanzes, Peraltrestrade (Cadore) ed Ecoistituto del Veneto Alex Langer.
La premessa: “Pensiamo che solo un deciso e severo intervento dell’Unesco possa correggere un percorso destinato, passo dopo passo, a svuotare definitivamente la qualifica di Patrimonio naturale dell’Umanità da ogni reale valore, anche a livello simbolico. Ci opponiamo al pensiero che Dolomiti Monumento del mondo si trasformi in una farsa o in uno specchietto per le allodole: dietro la facciata, il nulla”. Dieci anni dopo il riconoscimento, gli ambientalisti sono “oltremodo preoccupati dall’avanzare del consumo indiscriminato di aree del patrimonio di inestimabile valore storico, paesaggistico, geologico e naturalistico. È urgente intervenire per preservare quanto ancora rimane di integro delle Dolomiti. Il riconoscimento dell’Unesco non potrà mai ridursi a un brand pubblicitario”. La Fondazione creata nel 2009 è accusata di seguire “convenienze politiche locali, non esenti da tentazioni mercantilistiche e demagogiche”, ripiegando “spesso su iniziative marginali, a volte al limite del folklore, mentre i poteri amministrativi e gestionali rimangono prerogativa delle Province e delle Regioni”.
Le proposte sono numerose. Tre a tutela del paesaggio: “Non permettere che le attuali aree sciabili subiscano ampliamenti”; vietare “al di sopra dei fondovalle ogni ulteriore potenziamento della ricettività alberghiera (rifugi privati) e del ristoro”; tenere “drasticamente sotto controllo la pressione turistica, soprattutto se motorizzata, con divieti e limitazioni, anche radicali ed impopolari”.
Gli ambientalisti denunciano come non sia stato fatto niente, dopo averli individuati, a tutela di “corridoi ecologici e paesaggistici”, per parificare ad altre aree protette le zone di Passo Sella, del gruppo Latemar-Catinaccio, della Marmolada o della valle di Fassa. Nulla anche per l’uso sostenibile delle risorse naturali. Denunciano, poi, come nelle province di Trento e Bolzano sia aperta (“con qualche vaga limitazione sul numero complessivo degli abbattimenti”) la caccia alla marmotta, al fagiano di monte, alla pernice bianca, mentre si pensa di aprire la caccia al cormorano e “teoricamente sarebbe perfino possibile abbattere gli stambecchi”. A questo si aggiunge la richiesta di autoregolamentare la presenza del lupo e dell’orso, nonostante gli accordi internazionali come il progetto Live. E lo stesso sta pensando di fare il Veneto.
Altro punto dolente, “l’uso dei mezzi a motore”. Se Trento e Bolzano “nel 1996 e 1997 hanno vietato (anche se con molte eccezioni) i voli in elicottero, gli atterraggi e decolli in quota per scoraggiare l’eliturismo, invece le Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia non hanno ritenuto opportuno adeguarsi a quel saggio indirizzo”. Ma il vero assalto è quello di “eserciti di quad, fuoristrada, motoslitte che hanno invaso sentieri, boschi, prati di quota, pendii innevati con notevole disturbo all’ambiente naturale, alla fauna, all’integrità del paesaggio”. Come è successo a Falcade, Alpe di Siusi e San Martino di Castrozza negli ultimi anni.
Numerosi i “pericoli immediati” per le Dolomiti. Si comincia con i progetti di 15 “balconi panoramici, inutili e antiquate protesi in cemento, legno, vetrate ed acciaio”. Si continua con le Tre Cime di Lavaredo, vero parco giochi estivo, per cui si chiede la chiusura del traffico da Misurina al rifugio Auronzo, dove si trovano tre livelli di parcheggi. Tutti i passi dolomitici in estate e inverno “si trasformano in distese disordinate di auto”, ma se almeno sul Sella si è provata nel 2017 la chiusura per un giorno alla settimana, la Regione Veneto ha manifestato “l’assoluta mancanza di volontà anche solo di affrontare il tema”. Se la politica non interviene, le Dolomiti muoiono.