A Viareggio nessuno ha dimenticato la vicenda del Teatro Politeama, un pezzo di storia internazionale che aveva ospitato Pirandello, Puccini e anche il regista Quentin Tarantino, costretto alla chiusura il 26 ottobre 2018, a quasi 150 anni dalla sua nascita, a causa dei canoni demaniali schizzati alle stelle con la Finanziaria 2007. Si tratta dei canoni “Omi” – si chiamano così perché calcolati secondo il criterio dei valori definiti dall’Osservatorio mobiliare italiano – da applicare, come disposto dalla legge di Bilancio 2006 (Governo Prodi), alle pertinenze demaniali: opere di difficile rimozione in buona parte costruite a suo tempo dagli stessi concessionari, incamerate dallo Stato e che oggi ne arricchiscono il patrimonio. Canoni tanto alti da costringere alla chiusura diverse imprese balneari e ristoranti in tutta Italia e che stanno spingendo al fallimento anche alcuni porticcioli turistici, da allora equiparati agli stabilimenti balneari con aumenti sui canoni fino a cinque volte.
Ora il decreto Milleproroghe tampona l’emergenza congelando fino al 30 giugno 2020 il pagamento dei maxi canoni. Che colpisce direttamente 300 aziende basate nelle Regioni i cui cittadini andranno al voto nei prossimi mesi: Emilia Romagna e Calabria, dove si vota in gennaio, ma anche Toscana e Campania, tra le sei regioni in cui le urne si apriranno tra maggio e giugno. L’articolo 37, dedicato a misure “a sostegno del settore turistico-balneare e della nautica da diporto”, sospende i pagamenti per “le concessioni relative a pertinenze demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e alle concessioni demaniali marittime per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto”. Il problema però, fa notare il sindacato di categoria dei balneari, è solo rinviato.
LA VICENDA DEI CANONI OMI – “In Emilia ci sono otto strutture in profonda crisi – spiega a ilfattoquotidiano.it Antonio Capacchione, presidente Sib-Confcommercio – ma, in generale, la costa Adriatica conta meno infrastrutture. Toscana e Lazio, ad esempio, sono due regioni in cui il problema è molto sentito”. Tutto è iniziato dalla Finanziaria 2007 che per questi canoni “ha disposto aumenti fino al +4500% – denunciano le associazioni di categoria – con cifre che arrivano anche a 300mila euro all’anno”. Questi canoni sono al centro di ricorsi ormai da più di dieci anni. “Stiamo parlando – continua Capacchione – di piccole e medie imprese a carattere familiare che, sempre più spesso, non riescono a sostenere questi costi e finiscono con l’indebitarsi fino al fallimento”.
Vittorio Scarpellini, gestore dopo il padre e lo zio del Teatro Politeama, era arrivato a pagare circa 250mila euro solo di tasse, oltre ai costi di manutenzione e del personale. Alla fine ha dovuto mollare. Oggi il teatro è abbandonato, come l’ex ristorante Mokambo, a cento metri dalla Capannina di Forte dei Marmi. Dopo la chiusura, anche in questo caso dovuta ai canoni troppo alti, sono andate tutte deserte le diverse gare bandite. Dietro queste e altre storie, avvenute negli ultimi dieci anni lungo lo Stivale, ci sono famiglie finite sul lastrico e altre che rischiano di fare la stessa fine. Nella stessa relazione illustrativa del Multiproroghe si spiega, ad esempio, come per le strutture destinate alla nautica di porto la legge 296/2006 abbia stabilito valori più alti per le aree/specchi acquei destinati a ospitare opere di difficile rimozione e via via decrescenti per le opere di facile rimozione ed infine per le aree scoperte, determinando “un aumento complessivo dei canoni dovuti per tali concessioni compreso tra un minimo del 10% circa (per le aree scoperte) ad un massimo del 350% circa (per le aree occupate da opere di difficile rimozione)”.
IL CONTENZIOSO CON I PORTI – Le proteste durano ormai da dieci anni e in Parlamento non si è mai arrivati a una soluzione. Nei mesi scorsi, l’Agenzia delle Entrate ha avviato i prelievi forzosi nelle casse di 24 porti turistici italiani, per ottenere il pagamento dei maxi canoni demaniali non versati per diversi milioni di euro e facendo tremare anche le imprese balneari. La situazione ormai giunta al collasso ha portato anche alla manifestazione organizzata a dicembre 2019 dagli operatori della nautica sotto il ministero delle Infrastrutture e Trasporti, per protestare contro la mancata chiusura del contenzioso legale che oppone 24 marine turistiche allo Stato. Contenzioso “che si protrae dalla finanziaria del Governo Prodi del 2006”, ha ricordato Ucina Confindustria nautica, e che riguarda “l’aumento retroattivo dei canoni demaniali dichiarato illegittimo, oltre che dai tribunali civili di mezza Italia, Corti d’Appello, Tar e Consiglio di Stato, anche da una sentenza della Corte Costituzionale del 2017”. Nonostante questo, le Agenzie del Demanio e delle Entrate hanno proceduto con l’emissione delle cartelle esattoriali, mentre in Emilia Romagna sono state revocate le concessioni demaniali per le due darsene di Cattolica.
I LIMITI DEL MILLEPROROGHE – “Di certo le vicine elezioni regionali avranno avuto il loro peso – commenta Capacchione – ma vogliamo credere che si sia presa consapevolezza del problema che rischia di portare all’abbandono delle darsene e alla perdita di migliaia di posti di lavoro”. Nel frattempo, però, i sei mesi passeranno e, com’è scritto nero su bianco nella relazione tecnica del Milleproroghe, la misura non apporta “alcuna innovazione sui criteri di calcolo dei canoni in questione, né la rideterminazione degli importi degli stessi, attuando esclusivamente una sospensione dei pagamenti dovuti per le annualità pregresse”. In pratica, restano le cartelle esattoriali ad attendere le imprese che non sono riuscite a pagare i maxi canoni. La questione resta aperta su due fronti: l’eventuale abolizione dei canoni Omi (da adeguare a quelli delle altre imprese di settore), richiesta da anni dalle associazioni di categoria e una soluzione per stralciare i debiti nel frattempo accumulati dalle imprese. E sei mesi passano in fretta.
Aggiornato da Redazione alle 18 del 22 gennaio 2020
Si precisa che, con riferimento al Porto di Rimini, la concessione dei beni del demanio marittimo rilasciata nel 2001 alla società Marina Blu S.p.a. non è mai stata revocata dalle competenti autorità. Tale società infatti risulta tuttora titolare della concessione, avendo sempre adempiuto ad ogni onere derivante da essa.