I giudici amministrativi: "Piena legittimità dell’operato del cda Rai che si è attenuto all’indirizzo espresso dalla stessa Commissione ottenendo poi il parere della medesima, favorevole alla nomina approvata"
La nomina di Marcello Foa a Presidente della Rai ha seguito un procedimento pienamente legittimo. Lo ha stabilito il Tar del Lazio che ha respinto il ricorso del consigliere Rita Borioni (Pd), suscitando la “soddisfazione” del diretto interessato che ha parlato di “conferma la posizione da me sostenuta fin dall’inizio”.
In particolare, secondo il Tribunale amministrativo regionale del Lazio il ricorso della Borioni è “nel suo complesso, infondato e, per l’effetto, deve essere respinto”. Più in dettaglio il Tar ha specificato in sostanza che il secondo voto da parte della Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai non è illegittimo: “Contrariamente a quanto esposto da parte ricorrente (Rita Borioni, ndr), con il suo secondo parere formalizzato in data 26.9.2018, la Commissione non ha affatto manifestato un avviso diverso ed opposto rispetto a quello già espresso in data 1.8.2018, atteso che, in quest’ultima seduta, in realtà, la nomina del dott. Marcello Foa non veniva approvata semplicemente perché, all’esito delle operazioni di voto, erano stati scrutinati 22 voti favorevoli alla nomina e una sola scheda bianca, il che aveva impedito il raggiungimento della prescritta maggioranza dei due terzi del totale dei componenti della Commissione (pari a 40 unità). Ciò significa che non vi è mai stato un parere di merito negativo sulla figura del candidato Presidente su cui la Commissione si sarebbe in seguito espressa in termini positivi e, dunque, in tesi, contraddittori, nella successiva seduta del 26.9.2018”.
In realtà, si legge nella sentenza pubblicata sabato 4 gennaio, “come meglio risulta dalla superiore narrativa in fatto, già in occasione della delibera del giorno 1.8.2018, la nomina aveva ottenuto il voto favorevole della maggioranza dei commissari, senza però raggiungere la soglia della maggioranza qualificata (pari ai 2/3 dei componenti) prescritta dal Regolamento disciplinante i lavori della Commissione di vigilanza”. L’insufficienza del quorum, si evidenzia nella sentenza, “ha valenza procedimentale e non di merito. Essa ha impedito, in un primo momento, la positiva conclusione dell’iter procedimentale di nomina del controinteressato, ma non ha in alcun modo comportato un giudizio sfavorevole di merito sulla nomina e cioè sulla personalità del candidato e/o sulla sua idoneità ad assumere il delicato ruolo di Presidente della Rai”.
Secondo il Tar, quindi, “non vi è alcuna contrarietà e, dunque, alcuna contraddizione tra il parere favorevole del 26.9.2018 e il precedente deliberato del 1.8.2018; l’unico giudizio sull’idoneità del Consigliere Foa, infatti, è stato formalizzato con il parere favorevole”. Per i giudizi amministrativi “si è rivelata priva di argomenti a proprio supporto l’affermazione della ricorrente secondo cui il c.d. Primo Parere (della Commissione di Vigilanza Rai, ndr) sarebbe stato obbligatorio, vincolante e definitivo e, quindi, insuperabile, atteso che non vi è alcuna norma atta a giustificare una simile conclusione. Invero l’art. 49, comma 5, del T.U. radiotelevisivo, già citato, si limita a disporre – è la precisazione del Tar – che la nomina del Presidente diviene efficace dopo l’acquisizione del parere favorevole della Commissione così come si legge anche nell’art. 22 dello Statuto Rai, senza che nessuna delle due disposizioni individui particolari effetti preclusivi in conseguenza di un precedente voto sfavorevole della Commissione, né in conseguenza di un voto favorevole, ma inferiore, nel numero, al quorum prescritto”.
Non solo. “Anche ove si ritenesse di qualificare come parere negativo la mancata approvazione, per carenza di quorum, della candidatura oggetto della delibera della Commissione del primo agosto 2018 – si legge nella sentenza – la rinnovazione del procedimento di nomina, l’istruttoria ulteriore compiuta mediante l’audizione del candidato, la rinnovata votazione da parte della Commissione con raggiungimento del quorum prescritto, hanno comunque comportato il legittimo superamento di quello che parte ricorrente definisce come Primo Parere. Ne consegue altresì la piena legittimità dell’operato del cda Rai che si è attenuto all’indirizzo espresso dalla stessa Commissione ottenendo poi il parere della medesima, favorevole alla nomina approvata”.
“Né a livello legislativo né a livello di regolamenti o prassi parlamentari – chiarisce la sentenza del Tar – è contemplata una norma che preveda una preclusione per la Commissione parlamentare di vigilanza al riesame della medesima candidatura già esaminata con precedente deliberato”. Pertanto, “si rivela infondata la tesi della ricorrente secondo cui l’anteriore espressione del parere (asseritamente) negativo, avrebbe determinato un impedimento definitivo ed irreversibile alla possibilità della Commissione parlamentare di pronunciarsi sul medesimo nominativo precedentemente discusso”.
Secondo il Tar, “non merita miglior sorte il secondo motivo” alla base del ricorso della consigliera Borioni: sviamento discriminazione; carenza dei presupposti; carenza di istruttoria, carenza di motivazione. “Le censure di difetto d’istruttoria e di carenza di motivazione – si legge – vanno trattate alla luce della precedente disamina che ha condotto il Collegio a ritenere che non vi sia stato, in realtà, nel primo deliberato della Commissione parlamentare, alcun giudizio di merito negativo sulla persona e sulla idoneità del candidato, il quale, al contrario, aveva ottenuto il voto favorevole della maggioranza, seppur non qualificata”.
Infine, nella sentenza, un’ultima precisazione: “Nell’attuale assetto normativo, pertanto, il Presidente non è di nomina ministeriale/governativa, ma autonomamente designato dal cda tra i suoi componenti. Non vi è nessuna ragione per ritenere che il Presidente designato, una volta non ottenuta l’approvazione della Commissione parlamentare, abbia l’obbligo di dimettersi né che lo stesso debba considerarsi decaduto dal mandato di componente dello stesso cda, secondo la tesi propugnata da parte ricorrente” nella propria memoria “dove però viene citato un caso risalente al 2005, nella vigenza di norme sul procedimento di nomina del tutto diverse da quelle vigenti”.