Il premier dell'Iran Rohani ai familiari: "Lo vendicheremo". E l'ambasciatore Onu scrive a Guterres: "Da Washington terrorismo di Stato"
“Morte all’America“. In migliaia scendono in strada a Baghdad per il corteo funebre in omaggio al generale iraniano Qassem Soleimani, ucciso da un bombardamento operato dalle forze militari degli Stati Uniti e voluto dal presidente americano Donald Trump. Ai funerali ha partecipato anche il primo ministro iracheno Adil Abdul-Mahdi. I resti del potente generale dell’Iran saranno portati a Teheran dove martedì si terranno le esequie ufficiali alle quali sono attese centinaia di migliaia di persone. Ma nei giorni successivi alla morte di Soleimani non si placano le tensioni diplomatiche al di qua e al di là dell’oceano Atlantico. Mentre l’Iran minaccia di “tagliare via la mano malvagia” degli Stati Uniti, il capo della diplomazia Usa, Mike Pompeo, critica l’Europa perché “non è stata utile” come si augurava Washington. Tutto questo mentre ci sono i primi contraccolpi in Iraq dopo il raid americano che ha scatenato la nuova escalation nel quadrante mediorientale: alcuni razzi sono caduti nella Zona Verde, vicino all’ambasciata americana e all’interno della base aerea di al-Balad dove si trovano diversi statunitensi tra diplomatici e militari.
D’altra parte in giornata dall’Iran erano tornati a promettere vendetta in direzione di Washington. “La risposta ad un’azione militare è un’azione militare. Da parte di chi? Quando? Dove? Lo vedremo”, ha detto l’ambasciatore all’Onu, Takht Ravanchi, in un’intervista alla Cnn. Ravanchi ha scritto una lettera al segretario generale Antonio Guterres e al presidente di turno del Consiglio di sicurezza, l’ambasciatore del Vietnam Dang Dinh Quy: “L’assassinio del generale Qassem Soleimani è un esempio evidente di terrorismo di Stato e, in quanto atto criminale costituisce una grave violazione dei principi di diritto internazionale, compresi quelli stipulati nella Carta delle Nazioni Unite. Comporta quindi la responsabilità internazionale degli Usa”. “Questo atto illegale – aggiunge – invalida chiaramente la pretesa degli Stati Uniti di combattere il terrorismo. In realtà, stanno combattendo coloro che combattono i terroristi“.
“Non possiamo rimanere in silenzio, dobbiamo agire ed agiremo”, ha detto ancora sottolineando che il raid degli Stati Uniti contro il generale iraniano “è stato un atto di guerra contro il popolo iraniano”. Ha parlato invece di “conseguenze incontrollabili” il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif durante una conversazione telefonica con il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Zarif ha ribadito che l’azione è stata “un atto terroristico“, e che, per la grande popolarità di Soleimani tra i popoli della regione dovuta al suo impegno contro il terrorismo, “il suo martirio avrà conseguenze che non possono essere controllate da nessuno e la cui responsabilità ricadrà sugli Stati Uniti”.
“Il sangue del martire Soleimani sarà vendicato il giorno in cui vedremo la mano malvagia dell’America essere tagliata via per sempre dalla regione”, ha detto il presidente iraniano Hassan Rohani, che è tornato a far sentire la sua voce. Avvisando gli Stati Uniti: “Non si sono resi conto di quale grande errore” hanno fatto. “Vedranno gli effetti di questa azione criminale non solo oggi, ma negli anni a venire”, ha dichiarato nel corso di una visita ai familiari del generale, ucciso venerdì con un missile sparato sulla sua auto da un drone nei pressi dell’aeroporto della capitale irachena. “Il crimine dell’America rimarrà nella storia tra i più grandi commessi contro il popolo iraniano”, ha aggiunto Rohani, secondo il quale ora gli Usa sono “più odiati” dagli iraniani e dagli iracheni. Alla figlia di Soleimani che gli chiedeva chi “vendicherà la morte del padre” il presidente ha risposto “tutti”.
Mentre il segretario di Stato americano Mike Pompeo critica gli Stati europei che “non sono stati utili come mi auguravo potessero essere”, ha detto in un’intervista andata in onda ieri sera su Fox News. “I britannici, i francesi, i tedeschi – si è lamentato il capo della diplomazia americana senza citare l’Italia – devono tutti capire che quello che abbiamo fatto, quello che gli americani hanno fatto, ha salvato delle vite anche in Europa… Questa è una cosa buona per il mondo intero e invitiamo tutti nel mondo a stare dietro a quello che gli Stati Uniti stanno facendo per fare in modo semplicemente che la Repubblica islamica si comporti una normale nazione”.
L’escalation Iran-Usa, intanto, inizia già ad avere ripercussioni sulla situazione in Medio Oriente. Un funzionario della Difesa Usa ha detto che la coalizione anti-Isis in Iraq ridimensionerà la portata delle sue operazioni per “ragioni di sicurezza“. “Condurremo limitate azioni contro lo Stato islamico assieme ai nostri partner laddove possano a loro volta sostenere i nostri sforzi”, ha dichiarato il funzionario spiegando che gli Stati Uniti “hanno rafforzato le misure di sicurezza nelle basi della coalizione in Iraq”. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha dichiarato a SkyTg24 che “le missioni continuano come programmate, c’è stato un innalzamento delle misure di sicurezza previsto in situazioni di questo tipo e deciso con la coalizione. Nelle procedure di sicurezza che sono state innalzate si è deciso di sospendere temporaneamente l’attività di addestramento delle forze irachene, che riprenderà appena le condizioni lo permetteranno”.