Raid nella notte del 4 gennaio sul Collegio militare di Tripoli in Libia: almeno 28 i morti e circa 30 i feriti. L’attacco è arrivato poche ore dopo che Khalifa Haftar aveva chiamato alla “jihad” contro l’imminente intervento della Turchia nel Paese. In un primo momento era arrivata una prima rivendicazione da ambienti vicini al generale, ma sette ore dopo il portavoce, nel corso di una conferenza stampa, ha smentito che l’aviazione del comando generale dell’Lna sia responsabile del raid. Intanto il Gna, governo di accordo nazionale libico riconosciuto dalla comunità internazionale, ha chiesto una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite “per discutere delle atrocità di Haftar e dei crimini di guerra a seguito dell’attacco aereo mortale al Military College di Tripoli“.
Rimane molto confusa la matrice del bombardamento sul collegio militare. L’attacco secondo il portavoce di Haftar, “è opera di terroristi, di Al Qaeda e Isis, che sono contrari a ogni organizzazione di forze armate riconosciute in Libia, e avevano già colpito l’accademia militare di Bengasi”. “L’operazione terroristica a Tripoli mira a provocare l’opinione pubblica contro l’esercito (Lna) a Tripoli” ha detto Al Mismari, riportato da Libyas Channel, “ma ciò ci renderà più determinati a liberare la capitale”. Al Mismari ha anche detto che all’alba di oggi “un drone turco ha compiuto un raid contro le nostre forze, nella base di Al Wattiya, uccidendo 3 soldati e ferendone altri 6. Khaled Al-Mahjoob, ufficiale del sedicente esercito nazionale libico (Lna), facente capo al generale Khalifa Haftar ha a sua volta bollato come “fake news” la rivendicazione da parte del Lna del raid contro l’Accademia, riportata stamane da alcuni media che lo presentavano come uno dei portavoci di Haftar.
Il raid, assieme a un altro che avrebbe colpito di nuovo l’aeroporto internazionale Mitiga, è stato condotto mentre l’Italia e le altre potenze europee lavorano a una missione diplomatica che eviti un’escalation militare in Libia. Ma soprattutto è stato sferrato poche ore dopo che Haftar, il quale da aprile cerca di conquistare Tripoli, ha lanciato una drammatica chiamata alle armi: un appello a tutti i libici contro un eventuale intervento militare di Ankara, dove il parlamento ha autorizzato il presidente Recep Tayyip Erdogan a inviare soldati per rafforzare il governo di Tripoli sostenuto dall’Onu.
“Noi accettiamo la sfida e dichiariamo il jihad e una chiamata alle armi”, ha attaccato Haftar il 4 gennaio scorso in un discorso trasmesso in tv, invitando “uomini e donne, soldati e civili, a difendere la nostra terra e il nostro onore”. L’uomo forte di Bengasi ha quindi insultato Erdogan dandogli dello “stupido sultano” e ha accusato Ankara di essere intenzionata a “riprendere il controllo della Libia”, che è stata una provincia dell’Impero Ottomano fino alla conquista coloniale italiana nel 1911.