Il Venezuela torna a surriscaldarsi. Ad accendere le polveri la mossa a sorpresa di un deputato rivale di Juan Guaidó, Luis Parra, che all’Assemblea nazionale ha preso in mano un megafono proclamandosi all’improvviso presidente del Parlamento. Colto di sorpresa, Guaidó ha definito l’accaduto “un golpe contro il Parlamento” realizzato “in associazione con la dittatura, avvenuto con il sequestro di un gruppo di deputati, senza quorum e privo di qualsiasi legalità costituzionale“.

Parra ha annunciato la sua decisione insieme ai deputati Franklyn Duarte e José Gregorio Noriega, presentati come i suoi vice, con l’appoggio di altri parlamentari dell’opposizione, ma non di quelli che sostengono il presidente uscente Guaidó. In suo favore avrebbero votato invece tutti i 44 deputati del gruppo chavista del presidente Nicolas Maduro che da settembre sono tornati a partecipare ai lavori parlamentari.

Per tutto il pomeriggio l’esterno dell’edificio che ospita la Assemblea nazionale è stato teatro di forti tensioni per l’azione delle polizia governativa che ha impedito l’ingresso nell’emiciclo di molti deputati del gruppo maggioritario dell’opposizione che intendeva far rieleggere il presidente uscente Guaidó per un altro anno.

Un altro problema che aveva ritardato l’inizio dei lavori era quello riguardante il raggiungimento del quorum per rendere valida la votazione del nuovo presidente. Era infatti necessaria la presenza di almeno la metà più uno dei 167 membri dell’An, e questa eventualità, esistente nei numeri, non si riusciva a raggiungere per l’azione della polizia intorno all’edificio.

Per facilitare il raggiungimento del quorum, fra l’altro, in dicembre l’Assemblea aveva approvato una modifica del regolamento in base a cui le decine di deputati che si trovano in clandestinità, in sedi di ambasciate o all’estero, avrebbero potuto partecipare alla votazione per via telematica. Ma questa risoluzione è subito stata dichiarata incostituzionale dal Tribunale supremo di giustizia (Tsj), che risponde a Maduro, per cui le autorità venezuelane hanno anche limitato oggi l’uso della rete telematica all’interno del Parlamento.

Per capire quanto accaduto si deve sottolineare che i quattro partiti più importanti all’interno del Parlamento (Voluntad Popular, Primero Justicia, Acción Democrática y Un Nuevo Tiempo), raccolti nel cosiddetto G4, hanno cercato di forzare una riconferma di Guaidó. Un accordo delle opposizioni firmato nel 2016 prevedeva una rotazione annuale alla presidenza, che nel 2020 sarebbe dovuta andare alla minoranza interna. Però una eventuale perdita di questa carica da parte del presidente uscente avrebbe comportato automaticamente anche l’impossibilità di mantenere la sua attuale condizione di autoproclamato presidente della repubblica ad interim, riconosciuta da 56 Paesi del mondo.

Ma la minoranza nell’opposizione non ha voluto sentire ragioni per cui una frazione, che fa riferimento al partito Cambiemos, ha deciso di uscire allo scoperto criticando “gli insuccessi” di Guaidó, e proponendo un candidato alternativo alla guida dell’An nella figura di Parra. Questi, apparentemente con l’appoggio dei parlamentari del Partito socialista unito del Venezuela di Maduro, ha assunto la presidenza del Parlamento. “Un tentativo disperato dell’ex regime di Maduro per rimpiazzare Guaidò”, hanno commentato gli Stati Uniti.

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