Giustizia & Impunità

Afragola, l’ipotesi della procura sulla stazione dell’Alta velocità: “Inaugurata senza collaudo per far incassare premi a dirigenti Rfi”

La Procura di Napoli Nord guidata da Francesco Greco ipotizza la truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato. Per il momento l’ufficio della magistratura inquirente ha compiuto l’iscrizione solo a modello 44: reati noti (gli articoli 640 secondo comma e 316 bis del codice penale), persone da identificare

La faraonica stazione dell’Alta Velocità di Afragola (Napoli) fu inaugurata nel giugno 2017 in fretta e furia, a cantieri ancora in corso, con alcune vie di fuga inaccessibili, e in assenza di un collaudo valido, per consentire l’incasso di finanziamenti del governo e di premi di produzione per i dirigenti di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi). Dirigenti che non hanno ancora un nome e un cognome, e che secondo la Procura di Napoli Nord guidata da Francesco Greco potrebbero essere presto indagati per truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato. Per il momento l’ufficio della magistratura inquirente ha compiuto l’iscrizione solo a modello 44: reati noti (gli articoli 640 secondo comma e 316 bis del codice penale), persone da identificare.

L’accusa emerge tra le pieghe delle migliaia di pagine di un’inchiesta ricca di intercettazioni e di perizie tecniche. Nelle quali si respira l’agitazione e l’urgenza che circa tre anni fa accomunava i tecnici di Rfi spa e la politica locale, uniti nello scopo di aprire il più presto possibile la stazione. Mettendo in secondo piano – secondo gli investigatori – la sicurezza dei passeggeri e dell’infrastruttura. Salvo poi ascoltare il terrore dell’ufficio tecnico comunale di Afragola, i cui responsabili, intercettati un mese dopo insieme al sindaco Pd Domenico Tuccillo grazie a una cimice infilata sotto una scrivania di una stanza del Municipio, sfogano le loro paure durante una riunione nella quale si discute se sia il caso di avviare o meno le procedure pubbliche di chiusura della stazione aperta da poco: “Se domani cadesse una trave e morissero dieci persone, chi passa il guaio”? “Lo passeremmo anche noi, lo sappiamo che manca il collaudo statico. Ma chi lo doveva sapere?”.

La nuova pista investigativa battuta dal pm Giovanni Corona, che potrebbe dare una risposta a tanti interrogativi, non è contenuta tra i capi di imputazione notificati ai nove indagati. Tra i quali l’amministratore delegato di Rfi Maurizio Gentile, indagato per attentato alla sicurezza dei trasporti, e l’ex sindaco Tuccillo, indagato per le presunte illecite procedure di bonifica dell’area dai rifiuti. È una pista allo stato embrionale, gli sviluppi dipenderanno anche dall’esito di uno snodo cruciale dell’inchiesta: tra pochi giorni, il 14 gennaio, il Riesame discuterà l’appello della Procura che contesta ad altri indagati il falso ideologico dei collaudi assenti o irregolari, ed insiste nel chiedere il sequestro della stazione, rigettato due volte dal Gip Maria Gabriella Iagulli.

Il 28 giugno 2017, tre settimane dopo l’inaugurazione, l’ad di Rfi Gentile fu sentito in procura come teste. Fu l’occasione per provare a chiarire il perché di una “inspiegabile accelerazione dell’attivazione di un’opera incompleta”, come riassume il pm. Gentile mise a verbale “che l’inaugurazione del nodo ferroviario, intervenuta a cavallo con l’inizio del periodo estivo e vacanziero, avrebbe comportato un netto miglioramento dei collegamenti ferroviari dedicati al traffico passeggeri, che la stagione estiva alle porte si prevedeva potesse incrementare”. Previsione che per la verità non si avverò: la Tav di Afragola rimase per diversi mesi una cattedrale nel deserto dei pochissimi passeggeri che la usarono tra le mille difficoltà del parcheggio sequestrato e del bar chiuso.

“In realtà – controbatte il pm nella richiesta di sequestro della stazione – la verosimile e più credibile spiegazione della registrata urgenza con la quale a tutti i costi, dopo essere stata preordinata, era stata attuata la decisione di inaugurare la Stazione AV di Afragola a giugno del 2017, pur non essendovene i presupposti, si rinviene analizzando il Contratto di Programma allora vigente, stipulato da Rfi e il Ministero delle Infrastrutture (Mit)”. È il contratto che regola i finanziamenti e le relazioni economiche tra il governo e la spa chiamata a realizzare le infrastrutture indicate dei programmi approvati per i quattro anni dal 2012 al 2016. Fissava una linea al 30 giugno 2017: il termine entro il quale Rfi era tenuta “ad inviare al Mit la relazione annuale afferente lo stato di attuazione dei programmi e dei progetti di investimento”, nonché il dovere di “comunicare al Mit gli obiettivi di performance dell’anno in corso e la misurazione delle performance relative all’anno precedente, poiché la conoscenza di tali dati da parte del Ministero avrebbe costituito il presupposto per riconoscere ai responsabili dei progetti di investimento di aver perseguito i risultati prefissati nel medesimo CdP, con conseguente loro diritto ad ottenere un quantum a titolo di premio”.

Dunque, secondo la Procura la “fittizia rappresentazione della conclusione” dei lavori di Afragola avrebbe consentito lo sblocco e il saldo delle somme dal Ministero delle Finanze, e “per i responsabili degli investimenti di Rfi coinvolti nella realizzazione del progetto Stazione AV di Afragola” sarebbe maturato “il diritto ad ottenere a titolo di premio incentivante gli emolumenti” stabiliti da un articolo, il numero 8, del Contratto di Programma. Di qui le presunte truffe e malversazioni compiute dichiarando di aver raggiunto gli obiettivi “rappresentando fatti non veri”.