L'alleanza Pd-M5s-Iv-Leu, dopo i primi mesi di rodaggio, si prepara ad affrontare l'anno nuovo. Tanti gli ostacoli che dovrà superare e che stabiliranno se effettivamente l'esecutivo può reggere tutta la legislatura. Il primo è sicuramente la riforma dei tempi dei processi. Ma anche il voto sul caso Gregoretti per mandare a processo Matteo Salvini e naturalmente le elezioni in Emilia Romagna e Calabria. Non da ultima la revisione del accordo di governo che il premier intende dilatare nel tempo fino a dopo le regionali
Superato il nodo della legge di Bilancio e i primi tre mesi di rodaggio, il governo M5s-Pd si prepara a dimostrare che può reggere anche sulla lunga durata. Il 2020 si preannuncia un anno di ostacoli e, senza bisogno di aspettare troppo, già il mese di gennaio sarà rivelatore. Solo per fare qualche esempio: riforma della prescrizione e tempi dei processi, revoca della concessione ad Autostrade, voto sull’autorizzazione a procedere per Matteo Salvini sul caso Gregoretti. Ma soprattutto revisione del patto di governo che, nonostante gli annunci, sarà molto probabilmente dilatata nel tempo: il premier Giuseppe Conte inizierà incontrando singolarmente le forze dell’esecutivo e poi, dopo le Regionali in Emilia-Romagna e Calabria (26 gennaio), i partiti si incontreranno allo stesso tavolo per una sintesi operativa. Nel mentre, sia Pd che M5s, dovranno cercare di tenere unito il loro stesso partito: il Pd il 13\14 gennaio si riunirà in conclave vicino a Rieti; Di Maio cercherà di radunare i suoi per arginare i malumori. A rendere tutto più difficile: la situazione internazionale e la crisi Iran-Usa che chiede all’esecutivo compattezza di linea e capacità di reazione.
Al momento comunque, nessuno degli alleati che formano la maggioranza ha davvero interesse a far saltare il banco tra timore dei sondaggi e difficoltà di leadership interna. Il primo segnale importante è arrivato, a sorpresa, già la mattina del 4 gennaio: Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti, che non si vedevano dalla sfortunata foto di Narni per le regionali in Umbria, si sono incontrati per 45 minuti. Era solo la terza volta che i due si vedevano per un faccia a faccia e il messaggio è arrivato forte e chiaro: l’intesa c’è, o almeno riparte, e il capo politico 5 stelle non intende lasciare al premier tutto il ruolo di mediatore. Tra i primi temi discussi: la riforma della legge elettorale. I due leader sembrano essere d’accordo sul sistema proporzionale con soglia al 5%: l’ipotesi pare andare bene a Italia viva, ma ha già scatenato le proteste di Leu. La discussione è aperta, ma quello che contava era dare un segnale. Il premier non è stato da meno: ha aperto l’anno politico con un’intervista a Repubblica con cui ha invocato “stabilità” e parlato della prossima agenda che avrà al centro appunto giustizia e revoca delle concessioni, ma pure gli investimenti green. Poi ha diffuso una foto che lo ritrae da piccolo su una bicicletta con il commento: “Riconosco la tenacia che mi induce a non fermarmi mai”. Non sarà un gennaio facile e i leader si preparano, ognuno a suo modo. Ecco il cronoprogramma degli appuntamenti più importanti su cui il governo sarà messo alla prova.
Prescrizione e tempi della giustizia, vertice slitta dal 7 al 9 gennaio – A fine dicembre la maggioranza si è data appuntamento al 7 gennaio per cercare un’intesa per gli interventi che accompagnino lo stop alla prescrizione dopo il primo grado. Nelle ultime ore però, si è deciso di spostare l’incontro al 9: uno slittamento dovuto a vari fattori, tra cui il fatto che il giorno prima (8 gennaio) Luigi Di Maio partirà per una missione in Egitto, Algeria e Tunisia. La cosiddetta riforma Bonafede è entrata in vigore con l’anno nuovo e rappresenta uno dei cavalli di battaglia per il Movimento 5 stelle. Il Partito democratico ha accettato la mediazione, ma chiede che nel 2020 si facciano interventi concreti altrimenti minaccia di portare avanti la propria proposta di legge che “annulla” gli effetti della riforma ed è incentrata “sulla certezza dei tempi”. Il tema è delicato. Secondo le ricostruzioni di Repubblica, Di Maio all’incontro con Zingaretti ha detto che i 5 stelle sono pronti e disponibili a valutare le proposte perché anche i grillini hanno interesse a velocizzare i tempi dei processi. Quindi tutto ha lasciato intendere che ci sarà un tentativo congiunto di arrivare a una vera mediazione. Chi ha già detto di essere pronto allo strappo è invece Matteo Renzi: intervistato dal Messaggero il 5 gennaio, ha annunciato che, in mancanza di soluzioni soddisfacenti, Italia viva voterà la legge Costa e si allineerà al centrodestra. Il testo, contro la cui urgenza di discussione si era espressa l’Aula, arriverà in Parlamento per la discussione generale proprio a gennaio.
Autostrade – Per i 5 stelle arrivare alla revoca della concessione ad Autostrade è fondamentale se non necessario per rilanciare lo stesso Movimento e mantenere le promesse elettorali. Un primo passo è stato fatto nel decreto Milleproroghe approvato a dicembre scorso: sono state cancellate le penali da versare ai concessionari “in caso di revoca per adempimento”. In quel caso Italia viva ha votato contro e Matteo Renzi ha detto che i suoi si esprimeranno in senso contrario anche se si dovesse arrivare al voto in Aula. Il Partito democratico invece si è dimostrato finora più disponibile. La stessa ministra dei Trasporti Paola De Micheli, qualche giorno fa, ha detto che “sono evidenti” le inadempienze di Autostrade e la revoca è sul tavolo. Il ministero ha preparato un report che verrà discusso nel mese di gennaio. La maggioranza ha fatto sapere che il tema sarà discusso nel primo consiglio dei ministri utile e potrebbe già essere questa settimana.
Revisione dell’accordo di governo – Un’altra delle tappe fondamentali sarà appunto la revisione dell’accordo che ha fatto nascere il governo Pd-M5s-Leu-Iv. L’ipotesi, avanzata già a inizio novembre da Luigi Di Maio, è stata poi rilanciata da Beppe Grillo nel pieno del caos dentro il Movimento tra malumori e dissidenti. Rilanciare il patto partendo dalle riforme “prioritarie” per il Paese è una delle vie d’uscita fondamentali per i 5 stelle e il Pd ha sempre detto di essere disponibile al confronto. Il premier Giuseppe Conte ha sposato la retorica della “revisione” e nelle scorse settimane ha sempre invocato la necessità di una pianificazione, ma naturalmente solo dopo il via libera alla legge di Bilancio. Resta da capire su cosa e come riusciranno a trovare un’intesa: da una parte i 5 stelle spingono per una serie di leggi su conflitto d’interessi, acqua pubblica e salario minimo; dall’altra il Pd rilancia con nuove proposte su scuola e giustizia. A livello operativo, secondo le ultime indiscrezioni, Conte inizierà incontrando i singoli referenti dei partiti e poi, solo dopo le elezioni Regionali in Emilia-Romagna e Calabria sarà fatta la sintesi finale.
Espulsioni M5s – Nelle ultime settimane le uscite dei 5 stelle hanno agitato le acque dentro e fuori il Movimento, ma difficilmente gli addii mineranno la tenuta dell’esecutivo perché proprio gli espulsi o dissidenti hanno interesse a non tornare alle urne. E’ anche vero però che, i cambi interni al gruppo, vanno a colpire gli equilibri della maggioranza e rischiano di creare nuove difficoltà per il Movimento 5 stelle. Proprio il 7 gennaio i due capigruppo M5s Davide Crippa e Gianluca Perilli, i probiviri e il comitato dei garanti si vedranno per parlare dei circa 30 parlamentari in ritardo con le restituzioni dei rimborsi: non è escluso che contro alcuni di loro si proceda con l’espulsione e inevitabilmente ci saranno conseguenze politiche sulla decisione. Senza dimenticare chi lascerà il Movimento spontaneamente: tra le proteste dell’ormai ex M5s Gianluigi Paragone e il nuovo gruppo dell’ex ministro Lorenzo Fioramonti, si prospettano altri addii eccellenti che Luigi Di Maio dovrà gestire in qualche modo. L’8 gennaio è in programma la prima assemblea congiunta di M5s di Camera e Senato, dove emergeranno tempi più politici.
Legge elettorale – Tra l’8 e il 9 la maggioranza depositerà alla Camera il testo della riforma elettorale su cui, in questi giorni si cerca di chiudere. In ballo ci sono due sistemi proporzionali corretti (alla tedesca o alla spagnola), che però potrebbero essere messi in crisi il 15 gennaio, quando la Corte Costituzionale si pronuncerà sull’ammissibilità del referendum elettorale della Lega, che vuole trasformare l’attuale Rosatellum, in un maggioritario puro: se la Consulta desse il via libera al referendum, questo potrebbe essere evitato solo con una riforma che si muove nella stessa direzione, quindi in senso maggioritario e non proporzionale. Nel vertice del 4 gennaio, secondo le indiscrezioni, Di Maio e Zingaretti hanno trovato un’intesa per il proporzionale al 5 per cento. Un’ipotesi che però non va bene a Leu: “Se queste indiscrezioni sono vere, possiamo solo ribadire che noi siamo e restiamo contrari”, ha detto la senatrice Loredana De Petris. “L’ultima volta -e la soglia era al 3%- siamo passati solo noi. Con la soglia al 5, quanti entrerebbero in Parlamento? Cinque partiti? Anche Forza Italia sarebbe a rischio… Nell’accordo di maggioranza abbiamo convenuto su una legge elettorale che eliminasse le distorsioni ultramaggioritarie conseguenti al taglio dei parlamentari per garantire il pluralismo della rappresentanza. Una soglia 5% non credo lo garantirebbe”. Insomma, c’è ancora molto lavoro di mediazione da fare. E non solo con le opposizioni.
Il referendum sul taglio dei parlamentari – Entro il 12 gennaio, verranno depositate in Cassazione le firme dei 64 senatori che hanno chiesto il referendum sul taglio dei parlamentari. In base ad alcuni cavilli giuridici si apre una finestra di alcuni mesi che consente di andare alle urne eleggendo un Parlamento con il vecchio formato. Anche se difficilmente i partiti avrebbero interesse a far saltare il governo per poi presentarsi agli elettori: dovrebbero a quel punto spiegare un’operazione di palazzo fatta per salvare le poltrone. E’ tutto però ancora aperto: negli ultimi giorni, secondo alcuni retroscena, ci sarebbero stati movimenti di parlamentari per cercare di far ritirare le firme ed evitare il referendum confermativo. Quindi fino allo scoccare della data limite, tutti gli scenari rimangono aperti.
Il voto per l’autorizzazione a procedere contro Salvini – Mercoledì 8 gennaio ci sarà la prima riunione della giunta per le Immunità del Senato sulla richiesta di autorizzazione a procedere verso Matteo Salvini per la vicenda della nave Gregoretti: il voto è atteso il 20 gennaio e gli occhi sono puntati su M5s che dovrà motivare il suo voto contro Salvini, che un anno fa fu salvato proprio dai senatori pentastellati sulla vicenda della nave Diciotti. Intanto nelle scorse ore Italia viva, che in un primo momento aveva temporeggiato dicendo di voler leggere le carte prima di esprimere una posizione certa, ha annunciato che voterà a favore del processo per il leader del Carroccio.
Eurogruppo sul Mes – Il 20 gennaio si riunirà a Bruxelles l’Eurogruppo per discutere della riforma del fondo Salva Stati, su cui a febbraio ci dovrà essere la firma in un vertice Ue. L’argomento ha agitato il Parlamento italiano nelle scorse settimane ed è destinato tenere banco ancora. Nella mozione di maggioranza votata a dicembre è stato chiesto un nuovo passaggio parlamentare. Si tratta di vedere se il M5s ha superato le riserve espresse a dicembre. Nell’ultimo Eurosummit del 13 dicembre scorso, il premier Giuseppe Conte è riuscito a far inserire, nelle conclusioni, la necessità di lavorare ancora al testo.
Elezioni Regionali in Emilia Romagna e Calabria – Malgrado i leader del governo neghino che l’appuntamento elettorale del prossimo 26 gennaio in Emilia Romagna e Calabria avrà particolari effetti sul governo nazionale, tutti sanno che l’esame delle urne sarà decisivo per i giallorossi. Il terreno più temuto è quello dell’Emilia: se Salvini riuscirà a prendere la Regione storicamente rossa, allora gli equilibri si faranno davvero precari. L’esame è alle porte e anche per questo il premier Conte sembra intenzionato a rimandare la scrittura dell’agenda 2020 a fine mese. Insomma, di tutti gli ostacoli, il voto rimane quello che più spaventa l’esecutivo.