Basterà un tweet per avvisare il Congresso degli Stati Uniti di una rappresaglia contro l’Iran. Il presidente Donald Trump lo ha annunciato la sera del 5 gennaio, proprio su Twitter: “Questi post serviranno come notifica al Congresso degli Stati Uniti che se l’Iran dovesse colpire qualsiasi persona o bersaglio degli Stati Uniti, gli Stati Uniti reagiranno rapidamente e completamente, e forse in modo sproporzionato. Tale avviso legale non è richiesto, ma va considerato come dato!”. Immediata è arrivata la replica della commissione Affari esteri della Camera del Congresso: “Questo post servirà a ricordare che i poteri di guerra appartengono al Congresso ai sensi della Costituzione degli Stati Uniti. E che dovresti leggere il War Powers Act. E che non sei un dittatore“.

Il botta e risposta su Twitter si inserisce nel dibattito interno agli Stati Uniti dopo l’omicidio del generale iraniano Qassem Soleimani ordinato proprio da Trump che ha portato all’escalation delle tensioni tra Washington e Teheran. Il Congresso chiede che il presidente Usa venga a riferire sulla decisione presa. Mentre il tycoon preferisce evitare un dibattito di fronte a deputati e senatori, nel momento in cui è in discussione anche la richiesta di impeachment. Intanto proprio la Camera Usa, controllata dai democratici, voterà questa settimana una risoluzione sui poteri di dichiarare guerra per limitare eventuali azioni militari contro l’Iran da parte del presidente Trump. Lo ha annunciato la speaker Nancy Pelosi in una lettera ai deputati, spiegando che l’aula introdurrà e voterà una risoluzione simile a quella presentata la scorsa settimana in Senato dal senatore dem Tim Kaine.

Secondo la costituzione americana, citata anche nel tweet della commissione Affari esteri della Camera, il potere di dichiarare guerra spetta al Congresso. Il presidente è a capo delle Forze armate e per sferrare un attacco deve prima chiedere l’autorizzazione a Camera e Senato, con 48 ore di anticipo. Già in passato però la Casa Bianca ha aggirato quanto previsto della costituzione: la prassi però prevede che almeno vengano consultati i leader dei due partiti alla Camera e al Senato, oltre ai vertice del Comitato intelligence del Congresso.

Unesco contro Trump: “Washington ha firmato la convenzione per la protezione dei siti culturali”
Intanto Trump ha ribadito le minacce di “grandi sanzioni” all’Iraq: “Abbiamo lì una base straordinariamente costosa, costruirla è costato miliardi di dollari, ben prima che io mi insediassi. Non ce ne andremo a meno che non ci restituiscano i soldi“, ha detto il presidente americano. Ma ha anche rilanciato l’idea di colpire anche siti culturali iraniani in caso di rappresaglia di Teheran, nonostante si tratti di crimini di guerra. “A loro è consentito uccidere, torturare e mutilare la nostra gente e a noi non è consentito toccare i loro siti culturali? Non funziona così”, ha detto il presidente, sconfessando il segretario di Stato Mike Pompeo, il quale domenica aveva gettato acqua sul fuoco delle polemiche innescate dalla prima minaccia di Trump assicurando che qualunque azione militare contro Teheran rispetterà le leggi. Dopo le reiterate minacce del presidente americano, l’Unesco ha ricordato in un comunicato che Washington ha firmato la convenzione per la protezione dei siti culturali.

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