“Ci sono due tipi di disuguaglianza che stanno erodendo la nostra democrazia: quella del reddito e quella della ricchezza. E una volta che la ricchezza si concentra nelle mani di pochi, ogni anno di più a causa del nostro sistema fiscale, il divario si amplia ancora più drammaticamente”. È il cuore di un lungo tweet dello scorso novembre di Abigail Disney, erede del colosso fondato da Walt e Roy O. Disney. Con un patrimonio personale di circa 140 milioni di dollari, Abigail Disney è una voce fuori dal coro tra le 265.490 persone ultra wealthy nel mondo, cioè quelle che posseggono una ricchezza superiore a 30 milioni di dollari. Ma non teme smentita: secondo i dati di fine anno di Bloomberg, nel 2019 le 500 persone più ricche del pianeta hanno incrementato il proprio patrimonio di ben 1.200 miliardi di dollari. E se gli Usa guidano tutte le classifiche, alle loro spalle si affaccia ormai stabilmente la Cina, con una nuova generazione di ultra milionari che si sta affermando nel continente asiatico.

Le 500 persone più ricche nel mondo hanno visto crescere il proprio patrimonio di 1.200 miliardi di dollari nel 2019, il 25% in più rispetto al 2018, per una ricchezza complessiva che oggi ammonta a 5.900 miliardi di dollari. Sono gli ultimi dati raccolti dal Bloomberg Billionaires Index, che nell’anno in corso evidenzia l’entrata sul podio, al terzo posto, di Bernard Arnault. L’imprenditore francese, con la crescita del valore di LVMH di oltre 80 miliardi, nel 2019 ha incrementato il proprio patrimonio di 37 miliardi di dollari, entrando nel ristretto club dei detentori di oltre 100 miliardi di dollari che comprende Jeff Bezos con 116 miliardi e Bill Gates con 113. Il fondatore di Microsoft ha collezionato quest’anno 23 miliardi in più. Arnault, con 106 miliardi, ha invece superato Warren Buffet, fermo a 89 miliardi. Positivo anche il 2019 di Mark Zuckerberg, che ha incrementato le proprie risorse di 27 miliardi di dollari, per una ricchezza complessiva di 79 miliardi. In totale gli americani sono di gran lunga il gruppo più numeroso, ben 172 e quest’anno hanno accumulato 500 miliardi di dollari in più. In seconda posizione si consolida invece la compagine cinese, con 54 miliardari, guidata da Jack Ma, fondatore di Alibaba, e Ma Huateng, fondatore della compagnia internet Tencent, rispettivamente in posizione 19 e 23 con 47 e 39 miliardi di dollari. Nel 2019 si è distinto anche He Xiangjian, fondatore del maggiore esportatore cinese di condizionatori, Midea, che ha visto crescere il proprio patrimonio del 79%, a oltre 23 miliardi.

L’Italia è al nono posto per numero di ultra ricchi: 6.270 persone

La distribuzione piramidale della ricchezza vede la Cina protagonista anche nel segmento degli ultra high-net worth individuals, coloro che detengono un patrimonio di almeno 30 milioni di dollari. Il rapporto 2019 della società di intelligence Wealth X segnala per Pechino un incremento del 46% di persone in questa categoria, grazie a nuove metodologie di ricerca che hanno identificato una ricchezza finora nascosta, superando ufficialmente il Giappone, ora in terza posizione. Gli ultra wealthy cinesi sono dunque 24.965, con un patrimonio complessivo di 3.764 miliardi di dollari, in leggera contrazione a causa della guerra commerciale con gli Usa e dell’indebolimento della moneta. Nel pianeta gli ultra wealthy sono invece 265.490, con una ricchezza di 32.305 miliardi di dollari, in crescita dello 0,8% rispetto al 2017 quando invece si erano incrementati del 12,9% in numerosità e del 16,3% in valore. Saldamente in testa gli Stati Uniti con 81.340 persone e una ricchezza che sfiora i 10.000 miliardi di dollari, la Cina precede Giappone e Germania, rispettivamente con 17.855 e 15.685 persone. L’Italia è al nono posto con 6.270 persone. Nell’ultima rilevazione ha superato la Svizzera e nella top ten è l’unico Paese, con la Germania, che vede crescere i propri ultra wealthy sia in numerosità che in ricchezza complessiva. Nel 2018 se ne sono aggiunti oltre 300 per una ricchezza totale in crescita del 2,2% a 708 miliardi di dollari. I primi dieci Paesi raccolgono il 72% degli ultra wealthy in numerosità e il 71% in ricchezza.

Se la Cina aumenta progressivamente la propria presenza, il resto dell’Asia soffre la volatilità della regione, comunque una delle più dinamiche degli ultimi anni. Nel 2018 gli ultra wealthy asiatici si sono ridotti complessivamente dell’1,5%, dopo aver guidato le classifiche tra i Paesi con la crescita maggiore nel periodo 2012-2017. Il Bangladesh ha registrato la crescita maggiore in questo periodo con il 17,3%, seguito da Cina, Vietnam e India, tutti con percentuali in doppia cifra insieme al Kenya. Cinesi e giapponesi si distinguono oggi nel gruppo degli ultra ricchi under 50, e insieme ne rappresentano il 22,8%, a poca distanza dagli americani al 24,6 per cento. Col crescere dell’età cresce la presenza Usa e nel segmento degli over 70 occupa oltre un terzo del gruppo, con il 33,5 per cento. Gli ultra wealthy under 50 nel mondo sono 34.755, ovvero il 13 per cento. Sport e tecnologia, in quest’ordine, sono i loro interessi, mentre sono attivi soprattutto nei settori della tecnologia, dell’entertainment e dell’ospitalità. Il gruppo tra i 50 e i 70 anni è quello più numeroso e raccoglie 148.375 persone, e ha come interessi sport e filantropia. Gli over 70, circa 82.359, sono invece i più ricchi, e si dedicano, uno su due, ad attività di filantropia. Ma hanno anche una grande affinità con il lusso, con il 43% interessato ad arte, viaggi, moda, aviazione, collezionismo o veicoli. Complessivamente gli uomini rappresentano l’85,4% degli ultra wealthy in numerosità, e quasi il 90% in ricchezza.

Gli ultra wealthy under 50 nel mondo sono 34.755, solo il 13%

Le stime per i prossimi anni vedono ampliare ulteriormente il numero di ultra facoltosi, sia in testa alla classifica dove, secondo Wealth X, i possessori di oltre 500 milioni di dollari dovrebbero diventare quasi 10.000 nel 2023, sia in mezzo alla piramide, che vedrà coloro che hanno un patrimonio compreso tra i 30 e 100 milioni di dollari passare da 207.980 a 277.360. Secondo uno studio dell’Economic Policy Institute, il reddito medio degli amministratori delegati delle 350 aziende più grandi negli Stati Uniti nel 2018 è stato di 17,2 milioni di dollari, o 14 secondo stime più conservative. Tra il 1978 e il 2018 gli introiti dei ceo sono cresciuti del 940%, mentre il salario dei lavoratori solo del 12 per cento. Passando da un rapporto medio tra il reddito dei ceo e il reddito dei lavoratori di 30 a 1 nel 1978, a un rapporto di 278 a 1 nel 2018. Parallelamente lo 0,1% più ricco negli Usa ha incrementato la propria ricchezza complessiva dal 7% al 20%, mentre il 90% meno ricco ha visto ridurre la propria fetta di ricchezza dal 35% al 25 per cento. Una crescita della disuguaglianza che sembra non arrestarsi, complice un sistema fiscale che premia i più facoltosi.

Gli economisti Emmanuel Saez e Gabriel Zucman dell’Università di Berkeley hanno rivelato che con i tagli alle tasse sugli immobili e alle aziende, e grazie alla riforma fiscale del 2017, i 400 americani più ricchi hanno pagato complessivamente le tasse nell’ultimo anno ad un’aliquota inferiore a ogni altro gruppo nel Paese. “Questo è il sistema fiscale di una plutocrazia”, hanno scritto i due economisti sul New York Times. Non tutti i ricchi, però, ne sono felici. Un gruppo di milionari riunito sotto il nome di Patriotic Millionaries si oppone dal 2010 ai tagli alle tasse per le persone più ricche partiti con il governo Bush. Il gruppo è guidato dall’ex managing director di BlackRock Morris Pearl, comprende tra gli altri la stessa Disney e Steve Silberstein, e ha recentemente dichiarato il proprio supporto alla proposta di Elizabeth Warren di tassare del 2% i patrimoni maggiori di 50 milioni di dollari e del 3% quelli di oltre un miliardo, prima di raddoppiare la proposta e portarla al 6 per cento. Questa misura coinvolgerebbe 75.000 milionari e permetterebbe di raccogliere nel prossimo decennio fino a 2.700 miliardi secondo l’Università della Pennsylvania e 3.750 miliardi secondo le stime della senatrice.

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