Che lezione trarre dalla formazione del governo rosso-viola in Spagna, il più simile al mondo al governo giallo-rosso in Italia? Nel mio Come internet sta uccidendo la democrazia (Chiarelettere, in uscita giovedì 9 gennaio) mostro che le democrazie occidentali investite dai populismi mediatici, come quella inglese, americana, italiana e spagnola, sono ormai polarizzate, cioè spaccate come una mela, ognuna su un tema dirimente diverso. In Gran Bretagna il tema dirimente è, o era, la Brexit; negli Usa è Donald Trump; in Italia è Salvini. Tutto lì?, direte voi, ma persino l’esistenza di un movimento anti-salviniano come le Sardine sta lì a provarlo.
Bene, in Spagna il tema dirimente è l’indipendenza della Catalogna: un’eventualità osteggiata con una violenza inaudita dalla destra e con una parzialità di poco minore dagli stessi media progressisti, sia spagnoli, come El Pais, sia catalani, come La Vanguardia. Bene: mancandole i voti in Parlamento, la maggioranza rosso-viola formata dal Psoe di Pedro Sánchez e da Podemos di Pablo Iglesias ha dovuto contrattare l’astensione dei catalani di Esquerra Republicana, e accettare che escano di galera almeno gli indipendentisti eletti al Parlamento europeo.
Il minimo sindacale secondo me – come può lo Stato spagnolo incarcerare deputati regolarmente eletti nell’Unione europea? – ma sufficiente a suscitare la furia della destra. Anche il leader dei Popolari, Pablo Casado, ha ripreso la retorica italiana del “governo più a sinistra della storia” per accusare la nuova maggioranza di unire “radicali, comunisti e separatisti”. E in effetti, dinanzi ai numeri risicati – due soli voti in più, oltre all’astensione degli indipendentisti moderati – e sullo sfondo delle cicatrici della guerra civile, i Soloni dei nostri giornaloni diranno che la sinistra iberica sta scherzando con il fuoco.
Già lo vedo, per fare solo un esempio, un Angelo Panebianco, tanto “moderato” da ammonire il governo giallo-rosso a non smarcarsi da Trump nell’avventura iraniana, a strapparsi le vesti contro il solito estremismo iberico-terzomondista. Senonché i nostri moderatoni, veri o presunti, devono ancora capire come funzionano le democrazie populiste, polarizzate e mediatizzate. Specie in paesi come l’Italia, dove solo il dieci per cento dell’elettorato si dichiara centrista, nonostante la respirazione bocca a bocca cui viene quotidianamente sottoposto dai vari Renzi, Calenda & Carfagna.
C’era un’alternativa per la sinistra spagnola? E, se è per questo, c’è un’alternativa per la sinistra italiana? Evidentemente Sánchez e Iglesias hanno dovuto fare di necessità virtù, eppure – a differenza dei loro omologhi italiani, e anche di Jeremy Corbyn con la Brexit – hanno almeno avuto il coraggio di prendere per le corna il loro tema divisivo, il problema dell’indipendenza catalana. Anche i moderatoni italiani, in effetti, non dovrebbero ammettere che l’unica soluzione non è tenere gli indipendentisti in galera, ma trattare?
In ogni caso, a dispetto dei giornaloni, i due esperimenti di alleanza sinistra-populisti, il rosso-viola spagnolo e il giallo-rosso italiano, continueranno a movimentare questi nostri anni Venti, che altrimenti sarebbero di pura reazione, come quelli di cent’anni fa. A proposito: auguroni, compañeros.