La giustizia brasiliana chiede assistenza a quella americana per fare chiarezza su possibili transazioni finanziarie illecite fra 2002 e 2006, finalizzate a corrompere alti funzionari e conquistare una fetta del mercato delle telecomunicazioni nel Paese sudamericano. Una vicenda che in Italia è già stata oggetto di un'indagine, chiusasi con un'archiviazione per Marco Tronchetti Provera
Un’inchiesta che va dal Sud America agli Stati Uniti coinvolge Telecom Italia. Secondo l’accusa dei magistrati sudamericani, la compagnia avrebbe condotto una campagna di corruzione tra il 2002 e il 2006 al fine di conquistare una grossa fetta di mercato delle telecomunicazioni in Brasile. Sotto la lente degli inquirenti ci sono movimenti di denaro per 35 milioni di euro fra Italia, Stati Uniti e Brasile, che si ipotizza possano essere tangenti. La Sesta corte federale criminale del Brasile, secondo le carte ottenute da La Stampa, sta indagando “per riciclaggio, corruzione passiva e attiva, dal 2002 al 2006” Naji Robert Nahas, figlio dell’uomo d’affari Naji Nahas, che avrebbe prestato una consulenza a Telecom Italia e avrebbe ricevuto dalla compagnia italiana denaro per corrompere i funzionari del Paese sudamericano. I brasiliani hanno chiesto la collaborazione degli Stati Uniti, che hanno accettato la domanda di assistenza in forza di un accordo di cooperazione siglato nel 1997. Il 12 dicembre 2019 il dipartimento della Giustizia americano ha dunque presentato una richiesta alla corte distrettuale di Washington per l’incarico di un commissario, sollecitando la nomina di Teresita Mutton, avvocato della Divisione criminale nell’ufficio degli Affari internazionali del ministero.
Nel periodo fra 2002 e 2006 Telecom era guidata da Marco Tronchetti Provera, il quale è stato indagato dalla giustizia italiana per corruzione internazionale. L’inchiesta è stata archiviata nel 2014. Tronchetti Provera era sospettato di aver corrotto attraverso il finanziere Naji Nahas funzionari e politici del governo brasiliano per ottenere il controllo di Brasil Telecom. All’epoca si parlava di circa 26 milioni di euro, versati da Telecom a Nahas sotto forma di pagamento di consulenze per intermediazioni. Ora la cifra sospetta è di 35 milioni, ma non cambia nulla sul piano processuale in Italia. Per i pm italiani che hanno archiviato il caso, infatti, era “carente la ricostruzione certa della destinazione ai fini della corruzione”. L’accusa negli Stati Uniti ora è quella di non aver dichiarato il passaggio di denaro incriminato e non riguarda Tronchetti Provera, ma solo Nahas e suo figlio.
Per le autorità brasiliane invece quei soldi sarebbero serviti proprio per corrompere. Secondo gli inquirenti del Paese sudamericano, “Nahas ha usato le sue connessioni con il governo brasiliano per ottenere un trattamento di favore da parte dell’Agenzia nazionale delle telecomunicazioni brasiliani (Anatel) e dall’Agenzia Antitrust (Cade), per la compagnia italiana di telecomunicazioni Telecom Italia”. Ma qual era l’obiettivo di Nahas? Secondo gli indizi raccolti nel corso dell’investigazione, Nahas “aveva convinto funzionari di Anatel e Cade a consentire che Telecom Italia vincesse un contratto per controllare un blocco di Brasil Telecom su base temporanea”, nonostante la compagnia italiana fosse associata a Tim Brasil, principale competitore di Brasil Telecom. Tale operazione era stata in precedenza rigettata dall’Antitrust brasiliano.
Ma c’è di più. Le autorità brasiliane continuano affermando che “in una dichiarazione data alle autorità italiane (…) il dipendente di Telecom Italia Fabio Ghioni ha ammesso che Telecom italia aveva dato a Nahas approssimativamente 5,4 milioni di dollari da usare per corrompere i pubblici ufficiali brasiliani, allo scopo di ottenere il controllo di Brasil Telecom. Per legittimare il trasferimento di tali fondi, Ghioni ha ammesso che Nahas aveva fatto un accordo di consulenza con Telecom Italia“.
Ed è a questo punto che entrano in gioco gli Stati Uniti. “I record finanziari ottenuti dalle autorità italiane (…) rivelano che tra il 2 luglio del 2002 e il 31 ottobre del 2006, Telecom Italia ha trasferito 35.218.811 euro sul conto XX1070 della Banca Audi, intestato al figlio di Nahas, Robert Naji” e aperto a New York. Le autorità brasiliane hanno confermato che né Nahas, né suo figlio hanno dichiarato questo trasferimento, in violazione della legge. Il documento ottenuto da La Stampa afferma dunque che “il trasferimento probabilmente rappresentava fondi usati in seguito da Nahas per corrompere i pubblici ufficiali brasiliani“. È proprio da qui che nasce la richiesta di assistenza del Brasile agli Stati Uniti, affinché aiutino a fare chiarezza sul transito dei soldi dall’Italia attraverso New York. La commissaria Mutton, se nominata, avrà ampi poteri per andare a fondo della questione, raccogliendo prove e ordinando gli interrogatori dei testimoni. Anche se Telecom Italia ha cambiato guida e proprietà, ha ancora interessi in Brasile, che saranno ora esaminati dagli investigatori statunitensi.