Quello che per Tiziano Renzi era “una vera e propria opera dell’ingegno” frutto “del lavoro di mesi”, per i giudici è uno “scritto di due pagine e mezza contenente affermazioni di principio banali e del tutto generiche, espressioni tautologiche prive di un effettivo valore innovativo e creativo, tali da giustificare la convinzione di un documento predisposto, frettolosamente ed in modo maldestro, per dare l’impressione di una effettiva esistenza di uno ‘studio di fattibilità’ in realtà inesistente“. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui il 7 ottobre 2019 il Tribunale di Firenze ha condannato a un anno e nove mesi di reclusione per fatture false il padre e la madre dell’ex premier e a due anni il loro ex socio Luigi Dagostino, accusato anche di truffa aggravata. Un rapporto, quello tra i Renzi e Dagostino, svelato da Il Fatto Quotidiano a settembre 2015, nei mesi in cui i due andavano in giro per l’Italia ad incontrare i sindaci dei comuni in cui volevano costruire i nuovi centri commerciali. Nella fattispecie le due fatture contestate (per un valore complessivo da 160mila euro) riguardavano un progetto di sviluppo dell’outlet The Mall di Leccio Reggello, di proprietà del gruppo Kering: i giudici hanno parlato di “fragilità e clamorosa contraddittorietà” per descrivere le prove a difesa di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, accusati anche di aver allegato allo “studio di fattibilità inesistente” anche delle “tavole pianimetriche evidentemente copiate da un precedente elaborato predisposto dallo studio P&P, senza nemmeno l’accortezza di cancellare la stampigliatura attestante la paternità degli elaborati“.
Luglio 2019: la difesa di Tiziano – L’esatto opposto di quanto sostenuto da Tiziano Renzi sia in fase di indagini preliminari che durante il processo, quando il babbo dell’ex premier, nel dichiararsi innocente, ha rivendicato la bontà del lavoro svolto. Esempio lampante le dichiarazioni del 15 luglio 2019, tre mesi prima della sentenza; riferendosi a quanto prodotto per Luigi Dagostino, Tiziano Renzi sottolineò che “taluni reputano il marketing, la promozione e lo sviluppo di eventi attività ‘meno serie’, ‘meno importanti’, ‘meno qualificanti’ di altre, ‘di serie C o D'” e “sorridono”, “i progetti diventano ‘paginette‘, gli eventi semplici ‘feste’, gli studi ‘poco più che abbozzi di disegno'”, “peccato – disse l’allora imputato Renzi senior – che queste stesse persone ignorino i criteri della comunicazione, le tecniche di vendita e promozione, la progettazione marketing”. In quella occasione, inoltre, Tiziano Renzi aggiunse di non capire bene come possa venire giudicato il “quantum di un lavoro frutto dell’ingegno e di un’esperienza trentennale senza neppur alcuna valutazione tecnica sul punto”: “Questo mi ferisce dal punto di vista della dignità, ideare un progetto di sviluppo, lavorare mesi su questo sarebbe una ‘prestazione oggettivamente inesistente‘?”
Dopo tre mesi i giudici lo smentiscono, condannandolo – Per i giudici che l’hanno condannato non ci sono dubbi: quello studio di fattibilità non esiste e gli allegati sono stati copiati palesemente da un progetto precedentemente commissionato dallo stesso Luigi Dagostino a uno studio tecnico di Milano. Anche da questo dato di fatto deriva la nettezza delle espressioni usate nelle motivazioni della sentenza. “Per quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale, risulta sussistere un compendio probatorio preciso ed univoco che consente di affermare, senza incertezze, la ricorrenza di tutti gli elementi costitutivi dei reati contestati ai tre imputati”. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Firenze che il 7 ottobre scorso ha condannato Laura Bovoli e Tiziano Renzi, genitori dell’ex premier Matteo Renzi, alla pena di un anno e 9 mesi di reclusione al termine del processo per due fatture false, e l’imprenditore Luigi Dagostino a due anni di reclusione per fatture false e truffa aggravata.
“Comprovata l’inesistenza oggettiva delle due fatture emesse” – In ordine alle condizioni per la configurabilità dei contestati reati tributari, deve ritenersi comprovata l’inesistenza oggettiva delle due fatture emesse dalle società Party ed Eventi 6, sulla base di molteplici e convergenti elementi” hanno scritto i giudici. Che poi hanno spiegato la loro decisione nei dettagli: “Anzitutto – hanno sottolineato – rileva in tal senso il mancato rinvenimento di qualsiasi documentazione comprovante l’esistenza delle prestazioni indicate nei documenti fiscali, a partire dall’incarico che sarebbe stato conferito dalla Tramor, all’epoca amministrata e legalmente rappresentata dal Dagostino, per finire agli elaborati che avrebbero costituito l’esecuzione dello stesso”. E ancora: “Appare davvero strano che delle prestazioni di natura intellettuale di notevole valore, comportanti uno studio ed un’applicazione di particolare rilevanza, come vigorosamente sostenuto dallo stesso imputato Renzi Tiziano nelle sue dichiarazioni difensive, non solo non abbiano avuto una preventiva regolamentazione disciplinante le modalità con le quali le stesse avrebbero dovuto essere rese, tra le quali il prezzo, il tempo per l’esecuzione, il piano particolareggiato per l’attuazione delle idee innovative propugnate, ma anche – hanno specificato i giudici di Firenze – la redazione di documenti che possano aver costituito una preziosa opera di importanza fondamentale per la società committente, tale da dover essere scrupolosamente custodita nella documentazione amministrativa della compagine successivamente acquisita dalla multinazionale Kering“.
Le perquisizioni che non hanno portato a nulla – Contestualmente, il Tribunale di Firenze ha specificato che “nulla è stato rinvenuto nelle perquisizioni effettuate dalla Polizia Giudiziaria presso la sede della società emittenti, nulla è stato rinvenuto presso la sede della Tramor e tra la documentazione di quest’ultima in possesso del depositario delle scritture contabili, nulla – hanno continuato – è stato mai trovato da coloro che sono stati, successivamente, chiamati ad operare la revisione contabile ed amministrativa della società acquisita, tanto da rendere necessario un intervento di ravvedimento operoso da parte del gruppo acquirente, con un’operazione di espunzione degli importi fatturati dal bilancio della Tramor e dalle risultanze della dichiarazione fiscale“.
“Fragilità e la clamorosa contraddittorietà della posizione difensiva” – Per quanto riguarda la linea difensiva scelta dai Renzi, i giudici hanno sottolineato “la fragilità e la clamorosa contraddittorietà della posizione difensiva”, evidenziata “in modo emblematico laddove si presti attenzione ad elementi che si traggono dalla documentazione concernente le due fatture e la corrispondenza informatica relativa alla loro trasmissione“. Nella fattispecie, i giudici hanno sottolineato “l’esame delle tre diverse versioni della fattura n. 202/2015, emessa dalla Eventi 6”, da cui è emerso “non solo un’incertezza davvero sorprendente sul valore della presunta prestazione di consulenza, lievitato inspiegabilmente, nel giro di pochi giorni, di 40 mila euro, ma anche – hanno aggiunto – l’indicazione dell’esistenza di un incarico specifico, conferito in una determinata data, e di un altrettanto specifico momento di consegna dell’elaborato costituente l’oggetto della prestazione, avvenuto nelle mani di un fantomatico incaricato della società committente, la cui identità non è mai stata nemmeno allegata da parte dei due imputati“. Per i giudici non ci sono dubbi: “Ciò a dimostrazione di come, almeno nelle intenzioni degli ideatori dell’operazione – si legge nella motivazione di condanna – ben doveva esservi una documentazione comprovante l’effettività dell’incarico e della prestazione (sempre al contrario di quanto sostenuto nelle dichiarazioni difensive del Renzi e della Bovoli), tanto che una ‘relazione’ veniva, comunque, trasmessa in allegato ad uno dei messaggi di posta elettronica (peraltro, non si comprende il motivo visto che doveva esservi già stata la consegna dell’elaborato, secondo quanto indicato nelle varie versioni della fattura)”.
Tutti le anomalie rilevate dai giudici di Firenze – Altra “anomalia” rilevata dai giudici è rappresentata “dall’identità della prestazione fatturata da Eventi 6 e Party, secondo la descrizione contenuta nei relativi documenti fiscali; non si comprende, sul piano della logica – hanno scritto – l’utilità di richiedere una stessa prestazione a due diverse società, tra loro collegate dal punto di vista soggettivo; non si comprende il motivo della elevata differenza del valore delle due analoghe relazioni “fantasma” e perché, riguardo alla Party, ciò sia stato richiesto ad una società che nell’anno 2015 era sostanzialmente inattiva, come dimostrato dal fatto che fino al mese di giugno non aveva emesso alcuna fattura e che quella contestata sia stata l’unica prestazione (o presunta tale) eseguita nella predetta annualità“. “Per non parlare – è scritto ancora nella sentenza – del contenuto della relazione che, secondo la prospettazione difensiva e le dichiarazioni di tutti gli imputati, costituirebbe l’oggetto della prestazione di maggior rilevanza economica, il frutto, per dirla con le parole indignate di Renzi Tiziano, del “lavoro di mesi”, una vera e propria opera dell’ingegno; si tratta di uno scritto di due pagine e mezza – hanno invece spiegato i giudici – contenente affermazioni di principio banali e del tutto generiche, espressioni tautologiche prive di un effettivo valore innovativo e creativo, tali da giustificare la convinzione di un documento predisposto, frettolosamente ed in modo maldestro, per dare l’impressione di una effettiva esistenza di uno “studio di fattibilità” in realtà inesistente; a cui, peraltro, erano allegate delle tavole pianimetriche evidentemente copiate da un precedente elaborato predisposto dallo studio “P&P”, senza nemmeno l’accortezza di cancellare la stampigliatura attestante la paternità degli elaborati“.
“Anche il fratello di Laura Bovoli smentisce i genitori di Renzi” – Per quanto riguarda la mancata formalizzazione dell’incarico ai Renzi, inoltre, i giudici hanno utilizzato le parole del fratello di Laura Bovoli per sottolineare l’anomalia della prassi raccontata dai condannati durante il processo, ovvero quella di affidare incarichi senza documenti scritti: “La regola fondamentale nel settore di riferimento è sempre stata quella della formalizzazione degli incarichi, come pur dichiarato da uno dei testi della difesa, Stefano Bovoli, fratello di Laura Bovoli, il quale ha affermato come, di norma, un rapporto contrattuale di consulenza, che pure lui stesso aveva fornito in analogo ambito, venisse formalizzato, almeno in via generale, con la specifica previsione del compenso. Ciò in aperto contrasto con quanto sostenuto da Tiziano Renzi e da Laura Bovoli circa la presunta abituale informalità dei rapporti di consulenza forniti dalle società a loro riferibili, secondo una prassi ultradecennale“.
Le condanne per Tiziano Renzi, Laura Bovoli e Luigi Dagostino – Viste queste premesse, le conclusioni dei giudici sono conseguenti: “Può, pertanto, essere affermata la penale responsabilità dei tre imputati per quanto agli stessi, rispettivamente, contestato; quanto alla pena, equa appare, alla luce dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., per la Bovoli Laura ed il Renzi Tiziano, quella di anni 1 e mesi 9 di reclusione (pena base quella di anni 1 e mesi 6 di reclusione per il più grave reato di cui al capo 2, determinata in misura corrispondente al minimo edittale, con aumento di mesi 3 per la continuazione con il delitto di cui al capo 1), certamente espressione di una medesima risoluzione criminosa”. E infine: “Non vi sono ragioni positive che consentano il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, al di là della mera incensuratezza, di per sé insufficiente, non avendo i predetti imputati fornito un fattivo contributo per la ricostruzione dei fatti e mostrato segni di ravvedimento, continuando a sostenere la loro posizione al di là di ogni evidenza contraria)”, si legge nella sentenza. “Per il Dagostino, quella di anni 2 di reclusione (pena base quella di anni 1 e mesi 8 di reclusione per il più grave reato di cui al capo 3, determinata in misura lievemente superiore al minimo edittale in considerazione della personalità dell’imputato, per come ricavabile dai suoi precedenti penali, e della consistenza della sua condotta, con ruolo determinante nella vicenda, con aumento di mesi 4 per il delitto di truffa pluriaggravata, collocabile, anch’esso, nell’ambito di una medesima progettualità delittuosa)”.
Gli avvocati dei Renzi: “Ricorreremo in appello, sentenza con palesi contraddizioni” – “La lettura delle motivazioni della sentenza di primo grado dimostra evidenti e palesi incongruenze giuridiche e nella ricostruzione dei fatti sulle quali presenteremo appello nei termini previsti dalla legge. Le contraddizioni presenti nella motivazione della sentenza ci fanno guardare al processo di appello con molta fiducia nel doveroso rispetto per i giudici”: parola di Federico Bagattini e Lorenzo Pellegrini, avvocati difensori di Tiziano Renzi e Laura Bovoli. Anche l’avvocato Alessandro Traversi ha fatto sapere che presenterà ricorso per conto del suo assistito Luigi Dagostino: “Ho letto con notevole interesse come il giudice ha motivato la sentenza di condanna e dopo la lettura sono più fermamente convinto della insussistenza dei reati contestati al signor Dagostino”.