Quello che per Tiziano Renzi era “una vera e propria opera dell’ingegno” frutto “del lavoro di mesi”, per i giudici è uno “scritto di due pagine e mezza contenente affermazioni di principio banali e del tutto generiche, espressioni tautologiche prive di un effettivo valore innovativo e creativo, tali da giustificare la convinzione di un documento predisposto, frettolosamente ed in modo maldestro, per dare l’impressione di una effettiva esistenza di uno ‘studio di fattibilità’ in realtà inesistente“. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui il 7 ottobre 2019 il Tribunale di Firenze ha condannato a un anno e nove mesi di reclusione per fatture false il padre e la madre dell’ex premier e a due anni il loro ex socio Luigi Dagostino, accusato anche di truffa aggravata. Un rapporto, quello tra i Renzi e Dagostino, svelato da Il Fatto Quotidiano a settembre 2015, nei mesi in cui i due andavano in giro per l’Italia ad incontrare i sindaci dei comuni in cui volevano costruire i nuovi centri commerciali. Nella fattispecie le due fatture contestate (per un valore complessivo da 160mila euro) riguardavano un progetto di sviluppo dell’outlet The Mall di Leccio Reggello, di proprietà del gruppo Kering: i giudici hanno parlato di “fragilità e clamorosa contraddittorietà” per descrivere le prove a difesa di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, accusati anche di aver allegato allo “studio di fattibilità inesistente” anche delle “tavole pianimetriche evidentemente copiate da un precedente elaborato predisposto dallo studio P&P, senza nemmeno l’accortezza di cancellare la stampigliatura attestante la paternità degli elaborati“.
Luglio 2019: la difesa di Tiziano – L’esatto opposto di quanto sostenuto da Tiziano Renzi sia in fase di indagini preliminari che durante il processo, quando il babbo dell’ex premier, nel dichiararsi innocente, ha rivendicato la bontà del lavoro svolto. Esempio lampante le dichiarazioni del 15 luglio 2019, tre mesi prima della sentenza; riferendosi a quanto prodotto per Luigi Dagostino, Tiziano Renzi sottolineò che “taluni reputano il marketing, la promozione e lo sviluppo di eventi attività ‘meno serie’, ‘meno importanti’, ‘meno qualificanti’ di altre, ‘di serie C o D'” e “sorridono”, “i progetti diventano ‘paginette‘, gli eventi semplici ‘feste’, gli studi ‘poco più che abbozzi di disegno'”, “peccato – disse l’allora imputato Renzi senior – che queste stesse persone ignorino i criteri della comunicazione, le tecniche di vendita e promozione, la progettazione marketing”. In quella occasione, inoltre, Tiziano Renzi aggiunse di non capire bene come possa venire giudicato il “quantum di un lavoro frutto dell’ingegno e di un’esperienza trentennale senza neppur alcuna valutazione tecnica sul punto”: “Questo mi ferisce dal punto di vista della dignità, ideare un progetto di sviluppo, lavorare mesi su questo sarebbe una ‘prestazione oggettivamente inesistente‘?”
Dopo tre mesi i giudici lo smentiscono, condannandolo – Per i giudici che l’hanno condannato non ci sono dubbi: quello studio di fattibilità non esiste e gli allegati sono stati copiati palesemente da un progetto precedentemente commissionato dallo stesso Luigi Dagostino a uno studio tecnico di Milano. Anche da questo dato di fatto deriva la nettezza delle espressioni usate nelle motivazioni della sentenza. “Per quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale, risulta sussistere un compendio probatorio preciso ed univoco che consente di affermare, senza incertezze, la ricorrenza di tutti gli elementi costitutivi dei reati contestati ai tre imputati”. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Firenze che il 7 ottobre scorso ha condannato Laura Bovoli e Tiziano Renzi, genitori dell’ex premier Matteo Renzi, alla pena di un anno e 9 mesi di reclusione al termine del processo per due fatture false, e l’imprenditore Luigi Dagostino a due anni di reclusione per fatture false e truffa aggravata.
“Comprovata l’inesistenza oggettiva delle due fatture emesse” – In ordine alle condizioni per la configurabilità dei contestati reati tributari, deve ritenersi comprovata l’inesistenza oggettiva delle due fatture emesse dalle società Party ed Eventi 6, sulla base di molteplici e convergenti elementi” hanno scritto i giudici. Che poi hanno spiegato la loro decisione nei dettagli: “Anzitutto – hanno sottolineato – rileva in tal senso il mancato rinvenimento di qualsiasi documentazione comprovante l’esistenza delle prestazioni indicate nei documenti fiscali, a partire dall’incarico che sarebbe stato conferito dalla Tramor, all’epoca amministrata e legalmente rappresentata dal Dagostino, per finire agli elaborati che avrebbero costituito l’esecuzione dello stesso”. E ancora: “Appare davvero strano che delle prestazioni di natura intellettuale di notevole valore, comportanti uno studio ed un’applicazione di particolare rilevanza, come vigorosamente sostenuto dallo stesso imputato Renzi Tiziano nelle sue dichiarazioni difensive, non solo non abbiano avuto una preventiva regolamentazione disciplinante le modalità con le quali le stesse avrebbero dovuto essere rese, tra le quali il prezzo, il tempo per l’esecuzione, il piano particolareggiato per l’attuazione delle idee innovative propugnate, ma anche – hanno specificato i giudici di Firenze – la redazione di documenti che possano aver costituito una preziosa opera di importanza fondamentale per la società committente, tale da dover essere scrupolosamente custodita nella documentazione amministrativa della compagine successivamente acquisita dalla multinazionale Kering“.
Le perquisizioni che non hanno portato a nulla – Contestualmente, il Tribunale di Firenze ha specificato che “nulla è stato rinvenuto nelle perquisizioni effettuate dalla Polizia Giudiziaria presso la sede della società emittenti, nulla è stato rinvenuto presso la sede della Tramor e tra la documentazione di quest’ultima in possesso del depositario delle scritture contabili, nulla – hanno continuato – è stato mai trovato da coloro che sono stati, successivamente, chiamati ad operare la revisione contabile ed amministrativa della società acquisita, tanto da rendere necessario un intervento di ravvedimento operoso da parte del gruppo acquirente, con un’operazione di espunzione degli importi fatturati dal bilancio della Tramor e dalle risultanze della dichiarazione fiscale“.
“Fragilità e la clamorosa contraddittorietà della posizione difensiva” – Per quanto riguarda la linea difensiva scelta dai Renzi, i giudici hanno sottolineato “la fragilità e la clamorosa contraddittorietà della posizione difensiva”, evidenziata “in modo emblematico laddove si presti attenzione ad elementi che si traggono dalla documentazione concernente le due fatture e la corrispondenza informatica relativa alla loro trasmissione“. Nella fattispecie, i giudici hanno sottolineato “l’esame delle tre diverse versioni della fattura n. 202/2015, emessa dalla Eventi 6”, da cui è emerso “non solo un’incertezza davvero sorprendente sul valore della presunta prestazione di consulenza, lievitato inspiegabilmente, nel giro di pochi giorni, di 40 mila euro, ma anche – hanno aggiunto – l’indicazione dell’esistenza di un incarico specifico, conferito in una determinata data, e di un altrettanto specifico momento di consegna dell’elaborato costituente l’oggetto della prestazione, avvenuto nelle mani di un fantomatico incaricato della società committente, la cui identità non è mai stata nemmeno allegata da parte dei due imputati“. Per i giudici non ci sono dubbi: “Ciò a dimostrazione di come, almeno nelle intenzioni degli ideatori dell’operazione – si legge nella motivazione di condanna – ben doveva esservi una documentazione comprovante l’effettività dell’incarico e della prestazione (sempre al contrario di quanto sostenuto nelle dichiarazioni difensive del Renzi e della Bovoli), tanto che una ‘relazione’ veniva, comunque, trasmessa in allegato ad uno dei messaggi di posta elettronica (peraltro, non si comprende il motivo visto che doveva esservi già stata la consegna dell’elaborato, secondo quanto indicato nelle varie versioni della fattura)”.
Tutti le anomalie rilevate dai giudici di Firenze – Altra “anomalia” rilevata dai giudici è rappresentata “dall’identità della prestazione fatturata da Eventi 6 e Party, secondo la descrizione contenuta nei relativi documenti fiscali; non si comprende, sul piano della logica – hanno scritto – l’utilità di richiedere una stessa prestazione a due diverse società, tra loro collegate dal punto di vista soggettivo; non si comprende il motivo della elevata differenza del valore delle due analoghe relazioni “fantasma” e perché, riguardo alla Party, ciò sia stato richiesto ad una società che nell’anno 2015 era sostanzialmente inattiva, come dimostrato dal fatto che fino al mese di giugno non aveva emesso alcuna fattura e che quella contestata sia stata l’unica prestazione (o presunta tale) eseguita nella predetta annualità“. “Per non parlare – è scritto ancora nella sentenza – del contenuto della relazione che, secondo la prospettazione difensiva e le dichiarazioni di tutti gli imputati, costituirebbe l’oggetto della prestazione di maggior rilevanza economica, il frutto, per dirla con le parole indignate di Renzi Tiziano, del “lavoro di mesi”, una vera e propria opera dell’ingegno; si tratta di uno scritto di due pagine e mezza – hanno invece spiegato i giudici – contenente affermazioni di principio banali e del tutto generiche, espressioni tautologiche prive di un effettivo valore innovativo e creativo, tali da giustificare la convinzione di un documento predisposto, frettolosamente ed in modo maldestro, per dare l’impressione di una effettiva esistenza di uno “studio di fattibilità” in realtà inesistente; a cui, peraltro, erano allegate delle tavole pianimetriche evidentemente copiate da un precedente elaborato predisposto dallo studio “P&P”, senza nemmeno l’accortezza di cancellare la stampigliatura attestante la paternità degli elaborati“.
“Anche il fratello di Laura Bovoli smentisce i genitori di Renzi” – Per quanto riguarda la mancata formalizzazione dell’incarico ai Renzi, inoltre, i giudici hanno utilizzato le parole del fratello di Laura Bovoli per sottolineare l’anomalia della prassi raccontata dai condannati durante il processo, ovvero quella di affidare incarichi senza documenti scritti: “La regola fondamentale nel settore di riferimento è sempre stata quella della formalizzazione degli incarichi, come pur dichiarato da uno dei testi della difesa, Stefano Bovoli, fratello di Laura Bovoli, il quale ha affermato come, di norma, un rapporto contrattuale di consulenza, che pure lui stesso aveva fornito in analogo ambito, venisse formalizzato, almeno in via generale, con la specifica previsione del compenso. Ciò in aperto contrasto con quanto sostenuto da Tiziano Renzi e da Laura Bovoli circa la presunta abituale informalità dei rapporti di consulenza forniti dalle società a loro riferibili, secondo una prassi ultradecennale“.
Le condanne per Tiziano Renzi, Laura Bovoli e Luigi Dagostino – Viste queste premesse, le conclusioni dei giudici sono conseguenti: “Può, pertanto, essere affermata la penale responsabilità dei tre imputati per quanto agli stessi, rispettivamente, contestato; quanto alla pena, equa appare, alla luce dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., per la Bovoli Laura ed il Renzi Tiziano, quella di anni 1 e mesi 9 di reclusione (pena base quella di anni 1 e mesi 6 di reclusione per il più grave reato di cui al capo 2, determinata in misura corrispondente al minimo edittale, con aumento di mesi 3 per la continuazione con il delitto di cui al capo 1), certamente espressione di una medesima risoluzione criminosa”. E infine: “Non vi sono ragioni positive che consentano il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, al di là della mera incensuratezza, di per sé insufficiente, non avendo i predetti imputati fornito un fattivo contributo per la ricostruzione dei fatti e mostrato segni di ravvedimento, continuando a sostenere la loro posizione al di là di ogni evidenza contraria)”, si legge nella sentenza. “Per il Dagostino, quella di anni 2 di reclusione (pena base quella di anni 1 e mesi 8 di reclusione per il più grave reato di cui al capo 3, determinata in misura lievemente superiore al minimo edittale in considerazione della personalità dell’imputato, per come ricavabile dai suoi precedenti penali, e della consistenza della sua condotta, con ruolo determinante nella vicenda, con aumento di mesi 4 per il delitto di truffa pluriaggravata, collocabile, anch’esso, nell’ambito di una medesima progettualità delittuosa)”.
Gli avvocati dei Renzi: “Ricorreremo in appello, sentenza con palesi contraddizioni” – “La lettura delle motivazioni della sentenza di primo grado dimostra evidenti e palesi incongruenze giuridiche e nella ricostruzione dei fatti sulle quali presenteremo appello nei termini previsti dalla legge. Le contraddizioni presenti nella motivazione della sentenza ci fanno guardare al processo di appello con molta fiducia nel doveroso rispetto per i giudici”: parola di Federico Bagattini e Lorenzo Pellegrini, avvocati difensori di Tiziano Renzi e Laura Bovoli. Anche l’avvocato Alessandro Traversi ha fatto sapere che presenterà ricorso per conto del suo assistito Luigi Dagostino: “Ho letto con notevole interesse come il giudice ha motivato la sentenza di condanna e dopo la lettura sono più fermamente convinto della insussistenza dei reati contestati al signor Dagostino”.
Giustizia & Impunità
I Renzi condannati per fatture false, motivazioni dei giudici: “Fragilità e clamorosa contraddittorietà delle prove a difesa”
Al fine di giustificare il pagamento di 160mila euro da parte dell’ex socio Dagostino per un progetto di sviluppo degli outlet, secondo i giudici Tiziano Renzi e Laura Bovoli hanno predisposto in modo maldestro una relazione per dare l’impressione dell’esistenza di uno “studio di fattibilità” in realtà inesistente
Quello che per Tiziano Renzi era “una vera e propria opera dell’ingegno” frutto “del lavoro di mesi”, per i giudici è uno “scritto di due pagine e mezza contenente affermazioni di principio banali e del tutto generiche, espressioni tautologiche prive di un effettivo valore innovativo e creativo, tali da giustificare la convinzione di un documento predisposto, frettolosamente ed in modo maldestro, per dare l’impressione di una effettiva esistenza di uno ‘studio di fattibilità’ in realtà inesistente“. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui il 7 ottobre 2019 il Tribunale di Firenze ha condannato a un anno e nove mesi di reclusione per fatture false il padre e la madre dell’ex premier e a due anni il loro ex socio Luigi Dagostino, accusato anche di truffa aggravata. Un rapporto, quello tra i Renzi e Dagostino, svelato da Il Fatto Quotidiano a settembre 2015, nei mesi in cui i due andavano in giro per l’Italia ad incontrare i sindaci dei comuni in cui volevano costruire i nuovi centri commerciali. Nella fattispecie le due fatture contestate (per un valore complessivo da 160mila euro) riguardavano un progetto di sviluppo dell’outlet The Mall di Leccio Reggello, di proprietà del gruppo Kering: i giudici hanno parlato di “fragilità e clamorosa contraddittorietà” per descrivere le prove a difesa di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, accusati anche di aver allegato allo “studio di fattibilità inesistente” anche delle “tavole pianimetriche evidentemente copiate da un precedente elaborato predisposto dallo studio P&P, senza nemmeno l’accortezza di cancellare la stampigliatura attestante la paternità degli elaborati“.
Luglio 2019: la difesa di Tiziano – L’esatto opposto di quanto sostenuto da Tiziano Renzi sia in fase di indagini preliminari che durante il processo, quando il babbo dell’ex premier, nel dichiararsi innocente, ha rivendicato la bontà del lavoro svolto. Esempio lampante le dichiarazioni del 15 luglio 2019, tre mesi prima della sentenza; riferendosi a quanto prodotto per Luigi Dagostino, Tiziano Renzi sottolineò che “taluni reputano il marketing, la promozione e lo sviluppo di eventi attività ‘meno serie’, ‘meno importanti’, ‘meno qualificanti’ di altre, ‘di serie C o D'” e “sorridono”, “i progetti diventano ‘paginette‘, gli eventi semplici ‘feste’, gli studi ‘poco più che abbozzi di disegno'”, “peccato – disse l’allora imputato Renzi senior – che queste stesse persone ignorino i criteri della comunicazione, le tecniche di vendita e promozione, la progettazione marketing”. In quella occasione, inoltre, Tiziano Renzi aggiunse di non capire bene come possa venire giudicato il “quantum di un lavoro frutto dell’ingegno e di un’esperienza trentennale senza neppur alcuna valutazione tecnica sul punto”: “Questo mi ferisce dal punto di vista della dignità, ideare un progetto di sviluppo, lavorare mesi su questo sarebbe una ‘prestazione oggettivamente inesistente‘?”
Dopo tre mesi i giudici lo smentiscono, condannandolo – Per i giudici che l’hanno condannato non ci sono dubbi: quello studio di fattibilità non esiste e gli allegati sono stati copiati palesemente da un progetto precedentemente commissionato dallo stesso Luigi Dagostino a uno studio tecnico di Milano. Anche da questo dato di fatto deriva la nettezza delle espressioni usate nelle motivazioni della sentenza. “Per quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale, risulta sussistere un compendio probatorio preciso ed univoco che consente di affermare, senza incertezze, la ricorrenza di tutti gli elementi costitutivi dei reati contestati ai tre imputati”. È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Firenze che il 7 ottobre scorso ha condannato Laura Bovoli e Tiziano Renzi, genitori dell’ex premier Matteo Renzi, alla pena di un anno e 9 mesi di reclusione al termine del processo per due fatture false, e l’imprenditore Luigi Dagostino a due anni di reclusione per fatture false e truffa aggravata.
“Comprovata l’inesistenza oggettiva delle due fatture emesse” – In ordine alle condizioni per la configurabilità dei contestati reati tributari, deve ritenersi comprovata l’inesistenza oggettiva delle due fatture emesse dalle società Party ed Eventi 6, sulla base di molteplici e convergenti elementi” hanno scritto i giudici. Che poi hanno spiegato la loro decisione nei dettagli: “Anzitutto – hanno sottolineato – rileva in tal senso il mancato rinvenimento di qualsiasi documentazione comprovante l’esistenza delle prestazioni indicate nei documenti fiscali, a partire dall’incarico che sarebbe stato conferito dalla Tramor, all’epoca amministrata e legalmente rappresentata dal Dagostino, per finire agli elaborati che avrebbero costituito l’esecuzione dello stesso”. E ancora: “Appare davvero strano che delle prestazioni di natura intellettuale di notevole valore, comportanti uno studio ed un’applicazione di particolare rilevanza, come vigorosamente sostenuto dallo stesso imputato Renzi Tiziano nelle sue dichiarazioni difensive, non solo non abbiano avuto una preventiva regolamentazione disciplinante le modalità con le quali le stesse avrebbero dovuto essere rese, tra le quali il prezzo, il tempo per l’esecuzione, il piano particolareggiato per l’attuazione delle idee innovative propugnate, ma anche – hanno specificato i giudici di Firenze – la redazione di documenti che possano aver costituito una preziosa opera di importanza fondamentale per la società committente, tale da dover essere scrupolosamente custodita nella documentazione amministrativa della compagine successivamente acquisita dalla multinazionale Kering“.
Le perquisizioni che non hanno portato a nulla – Contestualmente, il Tribunale di Firenze ha specificato che “nulla è stato rinvenuto nelle perquisizioni effettuate dalla Polizia Giudiziaria presso la sede della società emittenti, nulla è stato rinvenuto presso la sede della Tramor e tra la documentazione di quest’ultima in possesso del depositario delle scritture contabili, nulla – hanno continuato – è stato mai trovato da coloro che sono stati, successivamente, chiamati ad operare la revisione contabile ed amministrativa della società acquisita, tanto da rendere necessario un intervento di ravvedimento operoso da parte del gruppo acquirente, con un’operazione di espunzione degli importi fatturati dal bilancio della Tramor e dalle risultanze della dichiarazione fiscale“.
“Fragilità e la clamorosa contraddittorietà della posizione difensiva” – Per quanto riguarda la linea difensiva scelta dai Renzi, i giudici hanno sottolineato “la fragilità e la clamorosa contraddittorietà della posizione difensiva”, evidenziata “in modo emblematico laddove si presti attenzione ad elementi che si traggono dalla documentazione concernente le due fatture e la corrispondenza informatica relativa alla loro trasmissione“. Nella fattispecie, i giudici hanno sottolineato “l’esame delle tre diverse versioni della fattura n. 202/2015, emessa dalla Eventi 6”, da cui è emerso “non solo un’incertezza davvero sorprendente sul valore della presunta prestazione di consulenza, lievitato inspiegabilmente, nel giro di pochi giorni, di 40 mila euro, ma anche – hanno aggiunto – l’indicazione dell’esistenza di un incarico specifico, conferito in una determinata data, e di un altrettanto specifico momento di consegna dell’elaborato costituente l’oggetto della prestazione, avvenuto nelle mani di un fantomatico incaricato della società committente, la cui identità non è mai stata nemmeno allegata da parte dei due imputati“. Per i giudici non ci sono dubbi: “Ciò a dimostrazione di come, almeno nelle intenzioni degli ideatori dell’operazione – si legge nella motivazione di condanna – ben doveva esservi una documentazione comprovante l’effettività dell’incarico e della prestazione (sempre al contrario di quanto sostenuto nelle dichiarazioni difensive del Renzi e della Bovoli), tanto che una ‘relazione’ veniva, comunque, trasmessa in allegato ad uno dei messaggi di posta elettronica (peraltro, non si comprende il motivo visto che doveva esservi già stata la consegna dell’elaborato, secondo quanto indicato nelle varie versioni della fattura)”.
Tutti le anomalie rilevate dai giudici di Firenze – Altra “anomalia” rilevata dai giudici è rappresentata “dall’identità della prestazione fatturata da Eventi 6 e Party, secondo la descrizione contenuta nei relativi documenti fiscali; non si comprende, sul piano della logica – hanno scritto – l’utilità di richiedere una stessa prestazione a due diverse società, tra loro collegate dal punto di vista soggettivo; non si comprende il motivo della elevata differenza del valore delle due analoghe relazioni “fantasma” e perché, riguardo alla Party, ciò sia stato richiesto ad una società che nell’anno 2015 era sostanzialmente inattiva, come dimostrato dal fatto che fino al mese di giugno non aveva emesso alcuna fattura e che quella contestata sia stata l’unica prestazione (o presunta tale) eseguita nella predetta annualità“. “Per non parlare – è scritto ancora nella sentenza – del contenuto della relazione che, secondo la prospettazione difensiva e le dichiarazioni di tutti gli imputati, costituirebbe l’oggetto della prestazione di maggior rilevanza economica, il frutto, per dirla con le parole indignate di Renzi Tiziano, del “lavoro di mesi”, una vera e propria opera dell’ingegno; si tratta di uno scritto di due pagine e mezza – hanno invece spiegato i giudici – contenente affermazioni di principio banali e del tutto generiche, espressioni tautologiche prive di un effettivo valore innovativo e creativo, tali da giustificare la convinzione di un documento predisposto, frettolosamente ed in modo maldestro, per dare l’impressione di una effettiva esistenza di uno “studio di fattibilità” in realtà inesistente; a cui, peraltro, erano allegate delle tavole pianimetriche evidentemente copiate da un precedente elaborato predisposto dallo studio “P&P”, senza nemmeno l’accortezza di cancellare la stampigliatura attestante la paternità degli elaborati“.
“Anche il fratello di Laura Bovoli smentisce i genitori di Renzi” – Per quanto riguarda la mancata formalizzazione dell’incarico ai Renzi, inoltre, i giudici hanno utilizzato le parole del fratello di Laura Bovoli per sottolineare l’anomalia della prassi raccontata dai condannati durante il processo, ovvero quella di affidare incarichi senza documenti scritti: “La regola fondamentale nel settore di riferimento è sempre stata quella della formalizzazione degli incarichi, come pur dichiarato da uno dei testi della difesa, Stefano Bovoli, fratello di Laura Bovoli, il quale ha affermato come, di norma, un rapporto contrattuale di consulenza, che pure lui stesso aveva fornito in analogo ambito, venisse formalizzato, almeno in via generale, con la specifica previsione del compenso. Ciò in aperto contrasto con quanto sostenuto da Tiziano Renzi e da Laura Bovoli circa la presunta abituale informalità dei rapporti di consulenza forniti dalle società a loro riferibili, secondo una prassi ultradecennale“.
Le condanne per Tiziano Renzi, Laura Bovoli e Luigi Dagostino – Viste queste premesse, le conclusioni dei giudici sono conseguenti: “Può, pertanto, essere affermata la penale responsabilità dei tre imputati per quanto agli stessi, rispettivamente, contestato; quanto alla pena, equa appare, alla luce dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., per la Bovoli Laura ed il Renzi Tiziano, quella di anni 1 e mesi 9 di reclusione (pena base quella di anni 1 e mesi 6 di reclusione per il più grave reato di cui al capo 2, determinata in misura corrispondente al minimo edittale, con aumento di mesi 3 per la continuazione con il delitto di cui al capo 1), certamente espressione di una medesima risoluzione criminosa”. E infine: “Non vi sono ragioni positive che consentano il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, al di là della mera incensuratezza, di per sé insufficiente, non avendo i predetti imputati fornito un fattivo contributo per la ricostruzione dei fatti e mostrato segni di ravvedimento, continuando a sostenere la loro posizione al di là di ogni evidenza contraria)”, si legge nella sentenza. “Per il Dagostino, quella di anni 2 di reclusione (pena base quella di anni 1 e mesi 8 di reclusione per il più grave reato di cui al capo 3, determinata in misura lievemente superiore al minimo edittale in considerazione della personalità dell’imputato, per come ricavabile dai suoi precedenti penali, e della consistenza della sua condotta, con ruolo determinante nella vicenda, con aumento di mesi 4 per il delitto di truffa pluriaggravata, collocabile, anch’esso, nell’ambito di una medesima progettualità delittuosa)”.
Gli avvocati dei Renzi: “Ricorreremo in appello, sentenza con palesi contraddizioni” – “La lettura delle motivazioni della sentenza di primo grado dimostra evidenti e palesi incongruenze giuridiche e nella ricostruzione dei fatti sulle quali presenteremo appello nei termini previsti dalla legge. Le contraddizioni presenti nella motivazione della sentenza ci fanno guardare al processo di appello con molta fiducia nel doveroso rispetto per i giudici”: parola di Federico Bagattini e Lorenzo Pellegrini, avvocati difensori di Tiziano Renzi e Laura Bovoli. Anche l’avvocato Alessandro Traversi ha fatto sapere che presenterà ricorso per conto del suo assistito Luigi Dagostino: “Ho letto con notevole interesse come il giudice ha motivato la sentenza di condanna e dopo la lettura sono più fermamente convinto della insussistenza dei reati contestati al signor Dagostino”.
Articolo Precedente
Ilva, i giudici del Riesame sull’altoforno 2: “Già adesso i vecchi rischi per i lavoratori sono inesistenti. Coi lavori diminuiranno ancora”
Articolo Successivo
Cosenza, ex prefetta Galeone interrogata dal gip. L’avvocato. “Resa versione dei fatti con limpidità, coerenza e tranquillità”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Zonaeuro
L’assalto all’Ue dei lobbisti delle armi: 18 incontri con i commissari nei primi tre mesi del von der Leyen II. E il budget dei gruppi di pressione fa +40% in un anno
Mondo
Ucraina, Mattarella: “Pace basata su prepotenza non durerebbe a lungo”. Truppe italiane? “Presto per dirlo”
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
La corsa militare dell’Europa innesca una ondata di vendite sui debiti dei Paesi: su gli interessi
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.