Cruise e missili balistici a corto raggio. L’attacco contro due basi che ospitano le truppe americane e quelle della coalizione è solo la prima dimostrazione di forza della Repubblica Islamica dell’Iran in risposta al raid statunitense che ha ucciso il generale a capo delle Forze Quds, Qassem Soleimani, ma Teheran ha a disposizione anche missili a medio raggio che possono colpire obiettivi oltre i 2mila chilometri dai confini del Paese, riuscendo a raggiungere obiettivi sensibili come Israele, Arabia Saudita, Turchia, Egitto e anche il sud-est dell’Europa. A questi si aggiungono le forze di terra e, soprattutto, le varie organizzazioni satellite che, insieme agli alleati regionali, compongono la cosiddetta Mezzaluna sciita che, negli anni, è entrata in possesso di parte dell’arsenale degli ayatollah.
Truppe di terra: oltre 1 milione di soldati, a preoccupare sono le organizzazioni satellite
La struttura militare iraniana si divide sostanzialmente in due grandi rami: da una parte ci sono le forze regolari, le Artesh, che contano, secondo un recente rapporto della Defense Intelligence Agency americana (Dia), circa 420mila uomini tra forze di terra (350mila), marina (18mila), e aviazione (52mila). A queste si aggiungono i 190mila soldati delle Guardie della Rivoluzione, nate dopo l’ascesa al potere degli ayatollah, nel 1979, che accolgono 150mila soldati di fanteria, 20mila della Marina, 15mila delle forze aerospaziali e 5mila membri delle Forze Quds, le truppe speciali guidate fino a qualche giorno fa dal generale Soleimani che svolgono anche operazioni non convenzionali. Un totale di 610mila combattenti ai quali si possono sommare anche i Basij, le riserve volontarie dell’esercito, che fanno crescere così a oltre un milione di unità la forza militare iraniana.
A rappresentare la principale minaccia, tra queste, sono le forze speciali delle Guardie della Rivoluzione, impegnate in diversi teatri del Medio Oriente, dall’Iraq alla Siria, fino allo Yemen e, probabilmente, Libano. Oltre all’apporto militare, il loro ruolo più importante è quello di gestione e coordinamento con le varie organizzazioni satellite sparse per il Medio Oriente, pronte anch’esse a sferrare attacchi contro Paesi e milizie nemiche di Teheran. Tra queste, le più importanti sono gli Hezbollah libanesi di Hassan Nasrallah, i soldati di Bashar al-Assad in Siria, le varie milizie sciite pro-Iran presenti in Iraq, alcune delle quali si sono rese protagoniste dell’assedio all’ambasciata Usa a Baghdad il 31 dicembre scorso, i ribelli Houthi in Yemen, gruppi sciiti in Bahrein, gruppi palestinesi, tra cui anche formazioni sunnite come Hamas e la Jihad Islamica, oltre a una parte di gruppi Taliban più vicini a Teheran in Afghanistan. Alcuni di questi gruppi, negli anni, hanno anche ricevuto forniture militari da Teheran.
La spesa militare del Paese nel 2019 è calata rispetto agli anni passati, quando era sempre stata in crescita, soprattutto a causa delle nuove sanzioni che hanno colpito il Paese, ma le milizie della Repubblica Islamica possono contare comunque su un esborso di quasi 21 miliardi di dollari, finiti, se si escludono le pensioni che rappresentano il 34%, soprattutto nelle casse delle Guardie della Rivoluzione (29%), della polizia (17%) e dell’Artesh (12%).
L’arsenale missilistico più potente del Medio Oriente capace di raggiungere Israele e l’Europa
La maggior preoccupazione delle forze statunitensi impiegate nell’area e dei loro alleati è rappresentata dall’arsenale missilistico degli ayatollah, definito dal Dia “il più grande e variegato del Medio Oriente”. Stiamo parlando di testate di cortissimo, corto e medio raggio che hanno la capacità di lancio che varia dai 300 agli oltre 2mila chilometri e gestite dal Comando missilistico al-Ghadir, sotto il controllo delle forze aerospaziale delle Guardie della Rivoluzione. Queste tecnologie, negli anni, sono state anche messe a disposizione di alcuni alleati di Teheran.
Per quanto riguarda le testate a corto e cortissimo raggio, gli ayatollah possono contare sui modelli denominati Shabab 1, Shabab 2 e Qiam-1, a propellente liquido, e i Fateh-110 e gli Zolfaghar, a propellente solido, per un raggio massimo di 750 chilometri. È il Qiam-1 a essere stato usato per sferrare attacchi contro lo Stato Islamico e forniti ai ribelli Houthi in Yemen ed è sempre questa tipologia di missili ad aver colpito le due basi in Iraq.
Ci sono poi i missili a medio raggio, di cui lo Shabab 3 rappresenta il modello principale, con una gittata che può superare i 2mila chilometri, mentre un suo simile, l’Emad-1, gode di maggior precisione e simile raggio d’azione.
Infine, gli ayatollah possono utilizzare, e lo hanno fatto anche nell’ultimo attacco, missili Cruise, sviluppati solo nel 2012, come il Meshkat e il Soumar, quest’ultimo con un raggio d’azione, secondo quanto dichiarato dall’Iran, superiore ai 2mila chilometri e una precisione superiore a quella dei missili a medio raggio.
Forze navali, il timore per le incursioni rapide nel Golfo dell’Oman
L’Iran ha a disposizione due forze navali indipendenti: la Marina della Repubblica Islamica (Irin) e la Marina delle Guardie della Rivoluzione (Irgcn). La prima, che opera soprattutto in alto mare, gode secondo la Dia di circa 18mila uomini che hanno a disposizione anche una flotta sottomarina. Si tratta, però, di mezzi obsoleti, circa 112 secondo gli Usa, dotati di sistemi di difesa contro attacchi di superficie, missili cruise, mine navali e mezzi da combattimento di superficie e sottomarini.
La Marina delle Guardie della Rivoluzione conta invece 20mila militari che operano più nelle aree costiere. È questa a essere più temuta dalle navi degli alleati americani che circolano nel Golfo dell’Oman e, soprattutto, nello Stretto di Hormuz, visto che sono dotati di mezzi più piccoli e veloci, equipaggiati con diversi tipi di armi, come mitragliatori, razzi, siluri, missili e mine navali, e capaci di sferrare attacchi hit and run (colpisci e fuggi), come era stato ipotizzato per gli agguati alle petroliere saudite nel maggio scorso. Sono almeno 142, sostiene la Dia, i mezzi a disposizione della Irgcn.
Forze aeree, il punto debole di Teheran: mezzi troppo obsoleti
L’aeronautica militare si divide in tre settori, quelli di competenza dell’Artesh, l’Iriaf e l’Iridiaf, e quella controllata dalle Guardie della Rivoluzione, l’Irgcasf. Ciò che le penalizza maggiormente sono però i mezzi obsoleti con i quali si trovano a operare. L’Iriaf, che può contare su 37mila unità, ha a disposizione F-14 Tomcat, F-4 Phantom II e F-5 Tiger II americani, Mig-29 e Su-24 russi e gli F-7 Airguard cinesi. Mezzi, però, che non possono competere con le forniture occidentali e più moderne degli avversari mediorientali. L’Irgcasf conta invece su 15mila uomini e aeromobili militari ed elicotteri. Ma la principale novità è rappresentata dagli Uav, aerei a pilotaggio remoto o droni, usati solo recentemente per colpire lo Stato Islamico in Siria e Iraq. Chi ha a disposizione i mezzi più moderni sono i 15mila dell’Iridiaf che possono contare sugli Sa-20c russi acquistati nel 2016.