Nonostante siamo il paese più motorizzato in Europa e tra i primi nel mondo, nonostante non passi giorno senza una strage sulla strada (circa 10 morti al giorno), le pubblicità di auto continuano a tartassare l’immaginario collettivo: una ogni pochi minuti, sulla tv, sulla radio, una ogni poche pagine sui giornali e riviste. Siamo bombardati.
Senza pubblicità, probabilmente, le auto (un mezzo altamente inefficiente e inquinante) non avrebbero invaso il mondo. Decine di miliardi di dollari ogni anno spesi solo per la pubblicità delle auto. Spese enormi, che dimostrano come l’industria automobilistica abbia bisogno di allettare la gente con immagini falsate, per nascondere i veri danni e i grandi svantaggi della motorizzazione privata. In un’intervista apparsa su Les Echos, il 12 luglio 2013, il Presidente della Renault Carlos Ghosn sottolineava infatti: “L’auto è qualcosa di razionale ed emozionale, la maggior parte della gente acquista vetture di cui non ha bisogno”.
E così per lo più si riprendono auto che viaggiano ad alta velocità su strade vuote, dove il traffico non esiste, dove tutto scorre liscio. Nel 2013 l’associazione Genitori antismog ha denunciato al comitato di controllo Iap (Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria) una pubblicità dell’auto Smart della Mercedes-Benz, ottenendo da quest’ultima l’impegno a non riproporre la campagna in futuro. Nello spot ‘incriminato’, la vita quotidiana del pendolare viene descritta come una tragedia, caratterizzata da pessime condizioni di viaggio: tutto il contrario rispetto al comfort garantito dall’automobile.
Altre volte si usano città senz’auto per pubbicizzare le auto, in un paradosso imbarazzante: nell’estate del 2018 il Comune di Venezia consentì alla Bmw di girare uno spot pubblicitario tra i suoi canali: il bolide arrivava trasportato da una chiatta, poi si avventurava sul Canal Grande, su una passerella costruita per lo scopo, passando sotto il ponte di Rialto. Il tutto a gran velocità. Immancabili il bellimbusto e la bella donna.
L’industria automotive non sa più cosa inventarsi, per spingere la gente ad acquistare le auto; e ogni giorno ne inventa una nuova. Qualche mese fa, come associazioni, abbiamo scritto e protestato contro la pubblicità di un’Alfa Romeo che seminava il terrore correndo a folle velocità tra le vie di Firenze. Una pubblicità rivoltante, che ammicca alla guida spericolata, che considera i pedoni come intralci da schivare, sullo stile del videogioco Gta. Se è vero che le pubblicità plasmano immaginario e comportamenti, che responsabilità hanno sui tremendi fatti di cronaca che si susseguono ogni giorno, di pedoni e ciclisti ammazzati come birilli?
Ma non è finita. In questi giorni sta imperversando su radio, web e tv un’altra pubblicità, questa volta della Jeep Renegade, sulle note melanconiche di All By Myself: un bambino viene portato a scuola in auto, dal padre, mentre nevica, mentre i compagni giocano a palle di neve. Lui resta in auto, solo, passivo, cantando tristemente. In classe non c’è nessuno, solo un’altra compagna entra in classe, anche lei accompagnata con la Jeep. Entrambi, tristi ma orgogliosi, pensano “Non tutti i genitori guidano una jeep”.
Qualche adulto potrebbe sorridere, notare il conflitto tra adulti e bambini, risolto con l’orgoglio di avere una jeep. La pubblicità ammicca agli adulti iperprotettivi, benestanti, arrivisti. Ma sullo sfondo resta un’infanzia viziata e allo stesso tempo sacrificata, trasportata come un pacco, bambini spronati al classismo fin da piccoli, inascoltati nei loro bisogni e nei loro diritti naturali. Sacrificato il loro diritto a muoversi per la strada a piedi o in bici, a sperimentare anche le intemperie, a socializzare coi coetanei, a giocare in modo spontaneo. Con molte associazioni di ambientalisti, genitori, e pediatri abbiamo protestato, chiedendo il ritiro della pubblicità.
Ricordiamoci che portare i bambini in auto a scuola aumenta il traffico, l’inquinamento e gli incidenti, che le auto sono la prima causa di morte per i bambini tra 5 e 14 anni in Europa, e molti incidenti avvengono davanti alle scuole. L’Italia ha un tasso di mobilità sostenibile nei tragitti casa-scuola tra i più bassi in Europa, ed è anche uno dei paesi dove l’obesità infantile è più alto. Come associazioni, rinnoviamo l’appello a rendere obbligatorie le strade scolastiche (aree car free davanti alle scuole), e chiediamo di porre un freno alle pubblicità di auto che inneggiano a comportamenti e stili di vita negativi. D’ora in poi, vogliamo vedere più pubblicità progresso che incentivano la mobilità attiva dei bambini e i loro diritti naturali.