Da qualche anno molti musicologi scrivono testi divulgativi e didattici. È una propensione felice: il sapere musicale deve giungere anche ai ‘non addetti ai lavori’. Se vogliamo che la musica (e con essa la musicologia) susciti attenzione a livello socio-economico, politico, amministrativo, giova alimentare nei cittadini la coscienza di quanto quest’arte e questo sapere incidano sulla formazione della persona e sullo sviluppo della vita associata. Dobbiamo dunque diffondere gli strumenti di base per accedere alla cultura musicale. Per ciò occorrono libri che illustrino con semplicità forme, generi e vicende storiche della musica. Sono però molto difficili da scrivere: esigono obiettivi chiari, un target ben definito, uno stile accattivante.
Recentissima è anche una Storia della musica in due volumi, edita da Le Monnier Università per Mondadori Education. L’hanno stilata due musicologi che insegnano nelle università di Milano e di Torino: Davide Daolmi ha trattato il periodo dalle origini al Seicento; Andrea Malvano, dal Settecento all’età contemporanea. Gemelli nella strutturazione, i due volumi sono improntati a modelli di pensiero differenti, che traspaiono fin dalle prefazioni e dai risvolti di copertina: il che promana dalla diversa natura del materiale indagato, ma anche dalle personalità scientifiche dei due autori. L’arco della storia della musica è tracciato con la debita apertura interdisciplinare, con schede di approfondimento, schemi essenziali, e una bibliografia per ciascun capitolo. Il contenuto è cospicuo.
Malvano dichiara il proprio intento didattico nella prefazione. Seleziona le opere, e sottolinea opportunamente la rinunzia a una pretesa di sistematicità. Se ricorre a nozioni tecniche, le spiega, facilitandone l’apprendimento. Per la seconda metà del Sette e per l’Ottocento mette in risalto le concezioni filosofiche: i nessi interdisciplinari emergono limpidi dalla narrazione. Talvolta qualche concetto rimane astratto, confinato in una semplice nozione: ‘Biedermeier’, ad esempio; nel contesto dell’esposizione, è davvero utile? lo si sarebbe potuto evidenziare e sviluppare in altro modo? Grande attenzione spetta al Novecento: da Stravinskij a Šostakovič, da Maderna a Nono, da Stockhausen al minimalismo fino al ‘rompete le righe’ del postmoderno. Tremano le vene ai polsi: si apprezza la perizia e la destrezza.
I due coraggiosi colleghi hanno trovato un editore non meno coraggioso, cui spetta riconoscenza. Va mosso un appunto: se vogliamo che il cartaceo, sempre benvenuto, possa competere con il digitale, non sarà il caso di puntare a una qualità di stampa più nitida? Ne guadagnerebbero i lettori.