A margine della più importante fiera della tecnologia del mondo, il CES di Las Vegas, uno studio dell'azienda che si occupa di consulenza e servizi ha messo in luce come l'opinione pubblica americana sia ancora lontana da batterie e auto self driving: seri dubbi su autonomia e sicurezza
Mentre a Las Vegas va in onda tutto il meglio dell’elettromobilità al silicio, Deloitte – società attiva nel campo dei servizi di consulenza e revisione – rilascia i risultati di una ricerca che sembra ridimensionare l’ubriacatura di futurismo del Consumer Electronics Show: e lo fa vis-à-vis coi costruttori che quel salto tecnologico lo stanno teorizzando e promuovendo, ovvero proprio nell’ambito del Ces. In estrema sintesi, l’analisi di Deloitte afferma che le case automobilistiche stanno investendo miliardi di dollari in elettrificazione e guida autonoma, due aree tecnologiche in cui, però, i consumatori mostrano un interesse mediocre.
Più esplicitamente, lo studio sottolinea l’ambivalenza che gli acquirenti di auto provano nei confronti di tali avanguardie, le stesse per cui l’importo che il pubblico è disposto a pagare è ben al di sotto di quanto auspicano le multinazionali dell’auto e della componentistica. Basti pensare che il 58% dei consumatori statunitensi intervistati ha dichiarato di non voler spendere più di 500 dollari per beneficiare della tecnologia dei veicoli a guida autonoma. Non solo, se è vero che le aziende che sviluppano l’autopilota di terra usano spesso la promessa di garantire strade più sicure come strumento per promuovere le loro tecnologie, è anche vero che il 48% dei consumatori intervistati ritiene che i veicoli autonomi non siano sicuri. Tanto che il 51% del campione è preoccupato dall’idea che le automobili autopilotate vengano testate in aree abitate.
Da qui il monito di Joe Vitale, boss del settore automobilistico per Deloitte: “Visto lo scetticismo dei consumatori, le case automobilistiche dovrebbero razionalizzare i rendimenti sul capitale investito in tecnologia al fine di non perdere soldi, considerato anche che il desiderio dei consumatori di acquistare nuove tecnologie continua a calare”. In altri termini, il gioco potrebbe non valere la candela per i costruttori, perlomeno non adesso. Se non altro, l’andazzo è migliore quando si parla di veicoli elettrici: in questo caso il 41% dei consumatori afferma di considerare per il suo prossimo acquisto a quattro ruote un veicolo ibrido o 100% elettrico, tasso in aumento dal 29% rispetto allo scorso anno.
Anche se queste percentuali sono ridimensionate da una distorsione del pubblico relativamente alle auto 100% elettriche, conosciuta nel settore come “ansia da autonomia ridotta” o “ansia da ricarica”, cioè la paura di rimanere con le pile scariche in un contesto dove l’infrastruttura di ricarica non è pienamente sviluppata e i tempi di rifornimento ancora piuttosto lunghi rispetto agli standard delle automobili termiche. Pertanto, i consumatori chiedono di poter contare su un’autonomia di almeno 500 km, anche se mediamente ne percorrono circa 43 al giorno. Tutto ciò al netto delle considerazioni sul prezzo delle vetture a batterie, ancora molto elevato.
“L’ecosistema automobilistico ha ancora del lavoro da fare per rendere i veicoli elettrici convenienti come quelli con motore a combustione interna, ridurre i costi e capire chi costruirà e pagherà l’infrastruttura di ricarica” sostiene Craig Giffi, vicepresidente di Deloitte Insights. Ciò spiega perché sul mercato statunitense – che nel 2019 ha avuto un fatturato record di 462 miliardi di dollari, circa 8,5 in più del 2018, nonostante l’immatricolato (attorno a 17 milioni di pezzi) in lieve flessione – continuano a farla da padrone i tradizionali e mastodontici suv e trucks alimentati a benzina, favoriti da un prezzo del carburante molto conveniente.
E come se non bastasse, comincia a materializzarsi lo spettro di una tassazione per le auto a batteria del tutto assimilabile a quella dei veicoli tradizionali, a fronte di incentivi federali all’acquisto in esaurimento: in Usa sono già otto gli Stati che la prevedono e servono per compensare il mancato gettito delle accise. Lo stesso che in Italia valeva 18,5 miliardi di euro nel 2018. Tributi a cui difficilmente l’amministrazione pubblica sarebbe disposta a rinunciare: da qui la necessità di riconvertirli in accise sulle colonnine elettriche, con buona pace di chi oggi afferma che un pieno di elettroni sarà più conveniente di un pieno di benzina o gasolio.