Scienza

Malattia di Lyme, questa è la patologia di cui Justin Bieber ha detto di soffrire

La malattia di Lyme è causata da un batterio di nome Borrelia burgdorferi, il cui serbatoio è la comune zecca, in particolare Ixodes ricinus. La puntura di questo artropode causa la trasmissione della malattia, che come abbiamo letto può provocare sintomi molto fastidiosi e in alcuni casi anche gravi. In Italia le regioni più colpite sono quelle a ridosso delle Alpi. Dati recenti estrapolati dal Simiweb riportano 312 casi accertati dal 2010 al 2014, di cui 2 in Abruzzo, 3 in Sicilia, 9 in Valle d’Aosta e 298 nel Veneto. Recentemente anche alcuni personaggi dello spettacolo ne sono stati colpiti, con gravi ripercussioni sulla loro salute e attività lavorativa.

La prima manifestazione dell’infezione è generalmente una chiazza eritematosa in corrispondenza del punto di inoculazione, che si può presentare con il tipico aspetto a coccarda: un centro eritematoso più scuro e un anello rossastro più largo, concentrico, con tendenza ad allargarsi, per cui è denominata “migrante”. Le regioni cutanee più colpite sono spesso situate vicino alle pieghe: inguine, ascelle, collo.

I sintomi iniziali sono quelli di una malattia virale, tra cui affaticamento, mal di testa, dolori muscolari, febbre e brividi. La malattia di Lyme può però progredire nelle fasi successive in maniera subdola, cioè senza questi sintomi e in assenza di un’eruzione cutanea. Altri sintomi iniziali possono includere febbre, mal di testa e stanchezza. Se non trattati, i sintomi possono includere, tra gli altri, paralisi della muscolatura del volto, dolori articolari, forti mal di testa con rigidità del collo e/o palpitazioni cardiache. Mesi o anni dopo, possono verificarsi episodi ripetuti di dolori articolari e gonfiore. Occasionalmente, le persone sviluppano dolori lancinanti o formicolio alle braccia e alle gambe.

Nonostante il trattamento appropriato, circa il 10-20% delle persone sviluppa dolori articolari, problemi di memoria e stanchezza per almeno sei mesi. Successivamente si possono verificare, specie nei casi che non hanno subito un trattamento antibiotico o ne hanno praticato uno inadeguato, delle evoluzioni cliniche a carico del sistema nervoso, dell’apparato cardiocircolatorio e delle articolazioni, con quadro di cronicità. In questi casi la sintomatologia è caratterizzata da debolezza e forte faticabilità, dolori articolari, disturbi della motilità, del linguaggio, cambiamenti caratteriali e di umore. A complicare ancora di più la situazione si ribadisce che la maggior parte dei pazienti non ricorda il segno lasciato dalla puntura o morso di una zecca e l’eruzione eritematosa può non apparire con l’aspetto a coccarda o essere accompagnata da altri sintomi.

Ulteriori aspetti riguardanti la diagnosi, il trattamento farmacologico e le manifestazioni cliniche sono di competenza specialistica. In questo post è sufficiente dire che gli antibiotici più efficaci, da assumere ovviamente sotto specifico controllo medico, sono la doxiciclina, la amoxicillina, la cefuroxima, l’azitromicina. Per quanto riguarda il discorso della prevenzione, che riguarda in modo particolare i viaggiatori e gli amanti del trekking, vanno evitate per quanto possibile le punture di zecche, ad esempio indossando indumenti che coprano braccia e gambe e spruzzandosi o spalmandosi la pelle scoperta con repellenti per insetti a base di Deet.

Risulta efficace anche l’uso di insetticidi a base di piretroidi per sanificare l’ambiente e, in caso di camping, impregnare preventivamente all’uso le tende con permetrina al 5%. Attenzione alla rimozione delle zecche con la pinzetta, che deve essere praticata da mani esperte e con adeguate strumenti, rispettando l’asepsi. Come profilassi farmacologica nei soggetti punti da una zecca si può consigliare una singola dose di doxiciclina. Nei bambini sotto i 12 anni, per i quali la doxiciclina è esclusa, può essere eventualmente somministrata azitromicina.

È stato sviluppato un vaccino ricombinante contro la malattia di Lyme, basato sulla proteina della superficie esterna A (ospA) di B. burgdorferi. Negli studi clinici che hanno coinvolto più di 10mila persone, il vaccino, chiamato LYMErix, ha dimostrato di conferire immunità protettiva a Borrelia nel 76% degli adulti e nel 100% dei bambini con effetti avversi lievi o moderati e transitori. LYMErix è stato approvato sulla base di questi studi dalla Food and Drug Administration (Fda) il 21 dicembre 1998.

Dopo l’approvazione del vaccino, la sua entrata nella pratica clinica è stata rallentata per una serie di ragioni, incluso il suo costo, che spesso non è stato riconosciuto rimborsabile dalle compagnie assicurative. Successivamente, centinaia di destinatari del vaccino hanno riferito di aver sviluppato malattie autoimmuni e altri effetti collaterali. Col supporto legale di gruppi di patrocinio, sostenendo che il vaccino ne fosse la causa, sono state intentate numerose cause legali contro la società farmaceutica produttrice.

Queste richieste sono state però smentite scientificamente dalla Fda e dai Centers for Disease Control, che non hanno trovato alcun legame tra il vaccino e le lamentate malattie autoimmuni. Nonostante l’inconsistenza delle accuse le vendite sono però precipitate e LYMErix è stata ritirata dal mercato a causa della copertura mediatica negativa e dei timori degli effetti collaterali del vaccino, che quindi è rimasto vittima di una persecuzione unicamente basata sul pregiudizio e sulla costruzione di prove false.