I lombardi si muovono prevalentemente in automobile e continueranno a farlo ancora per molto tempo, inquinando l’aria, congestionando le strade e abbassando così il livello di vivibilità nelle aree urbane e nelle loro periferie. Nonostante 2.200 km di rete ferroviaria, oltre 400 stazioni, 2.095 corse medie giornaliere e una spesa di quasi un miliardo di euro l’anno la qualità e la quantità del servizio ferroviario regionale sono assolutamente insoddisfacenti. Siamo lontani dai livelli offerti in regioni tedesche, inglesi, francesi o dell’area scandinava comparabili alla Lombardia: luoghi in cui da anni i servizi vengono affidati tramite gara, e in cui le vecchie ferrovie monopoliste sono state costrette a rinnovarsi per mantenere, dove hanno potuto, l’affidamento dei servizi.
In queste regioni, l’adozione di meccanismi competitivi e il recepimento della normativa antitrust europea ha consentito il rilancio del trasporto ferroviario e l’aumento della produttività (superiore mediamente del 30 per cento a quella di Trenord) in un contesto integrato di servizi (treno-autobus) e tariffe. In Lombardia, invece, dopo dieci anni di finto federalismo ferroviario – con un’azienda, Trenord, voluta dall’allora presidente Roberto Formigoni, e partecipata al 50% ciascuno dalla Regione e dalle FS – quello a cui abbiamo assistito è stato soltanto il consolidamento e allargamento del perimetro monopolista delle due società.
Da dieci anni la spesa cresce più dell’allargamento dei servizi, e se ne sono viste di tutti i colori: treni perennemente in ritardo o cancellati, pessime condizione di confort a bordo, standard di sicurezza in continuo calo, per non parlare del blocco di una settimana del dicembre 2012, che resta memorabile nella storia dei disservizi dei pendolari lombardi. E ancora: conflittualità sindacale alle stelle, consociativismo da prima Repubblica, continui cambi dei manager a seconda degli scostamenti degli equilibri politici (tutti interni al centro destra).
In questi anni sono nati una trentina di comitati di pendolari (più numerosi delle 21 linee gestite da Trenord), che hanno manifestato in ogni forma il proprio disagio e pressato l’azienda e la Regione per cambiare la situazione. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è arrivata pochi giorni fa: con una delibera del 21 dicembre scorso, la Regione Lombardia ha approvato un nuovo affidamento diretto della gestione del trasporto ferroviario locale per 10+5 anni (una vera e propria eternità) a Trenord. Si è perciò alzata forte la protesta dei pendolari, con la proposta di affidare il servizio (che scadrà alla fine del 2020) attraverso una gara europea.
I viaggiatori, più che legittimamente, si chiedono come si faccia ad avere fiducia in un gestore che ha fatto fiasco per dieci anni consecutivi. La risposta, purtroppo, è semplice: la Regione non solo è azionista di Trenord pariteticamente con le FS, ma soprattutto ne controlla, grazie ai patti sindacali, la scelta del management. La stessa Regione, seduta dall’altro capo del tavolo, programma i servizi ferroviari e li acquista da Trenord. Troppe parti in commedia, che alla fine rendono impossibile individuare le responsabilità di una gestione inefficiente, consociativa e, come i fatti hanno dimostrato, anche clientelare.
L’assessore regionale ai Trasporti Claudia Terzi (Lega Nord) si giustifica dicendo che in tutte le regioni italiane non ci sono state gare. Affermazione vera, e infatti non è un caso se l’Italia è ultima in classifica per trasporto ferroviario, sia pendolari che merci: ma le altre regioni – Mezzogiorno escluso – stanno certamente meno peggio della Lombardia. Inoltre, se la Regione decidesse di bandire una gara, ad essa potrebbe partecipare anche Trenord, quindi non è vero che sarebbero solo gli stranieri a concorrere. Sotto la pressione di una gara ben fatta, che abbia l’obiettivo di di dare migliori servizi, Trenord sarebbe messa con le spalle al muro, e finalmente si scoprirebbe perché nella regione di Monaco di Baviera, con la stessa dotazione ferroviaria della Lombardia si muovono 1 milione e 600mila pendolari, il doppio di quelli che utilizzano il treno in Lombardia.