Marina Bruno, leccese di 32 anni, vive e lavora vicino Nantes da due anni. Nei colloqui in Francia, spiega, "nessuno ti fa domande personali perché guardano a cosa sai fare. In Italia la mia esperienza sembrava non contasse nulla: nel 90% dei casi non ho ricevuto risposta dopo avere inviato il cv"
La laurea magistrale e uno stage di sei mesi all’estero, in Francia, in una delle più grandi aziende del settore aeronautico. Settanta curriculum inviati, e nessuna risposta: “Ero scioccata: com’è possibile che un’esperienza in un’azienda così prestigiosa non contasse nulla?”. Per Marina Bruno, ingegnere leccese di 32 anni, trovare un lavoro in Italia è stato quasi impossibile, mentre con un recruiting day in Francia è arrivato il contratto a tempo indeterminato con l’azienda in cui lavora ancora oggi. “Il Salento mi manca, ma ci torno solo per le vacanze. Sono amareggiata per la scarsa considerazione ricevuta in Italia, il mio futuro lo sto costruendo qui”.
Marina ha studiato Ingegneria informatica a Lecce, e poi si è specializzata in Ingegneria gestionale al Politecnico di Bari, realtà in contatto con diverse aziende all’estero. “Tra le possibili mete c’era un’importante azienda aeronautica che proponeva uno stage attinente alla lavorazione criogenica, che era proprio l’oggetto della mia tesi di laurea. Così mi sono proposta, ho fatto i colloqui e sono stata presa”.
Nel 2017 fa le valigie e si trasferisce al di là delle Alpi. Ricordando quella esperienza, le brillano gli occhi: “Non riuscivo a crederci: era una delle più importanti aziende al mondo. Quando sono arrivata lì la visione degli aerei mi ha tolto il fiato, una vera emozione“. Durante i sei mesi passati in Francia si laurea e, con l’avvicinarsi del rientro, comincia a cercare lavoro in Italia. “Non c’è nulla come il Salento, il suo sole, la sua gente, il barocco quel calore non lo trovi in un nessun altro luogo al mondo – racconta sorridendo -. Mai mi sarei potuta immaginare in un’azienda così lontana da casa, a duemila chilometri di distanza dalla mia famiglia e dai miei affetti“. Tiene il conto delle aziende contattate su un foglio excel: alla fine invia 70 candidature, ma nessuna va in porto. “Il 90% non rispondeva affatto, il restante 10% non era interessato. Più passava il tempo più mi rendevo conto che la mia esperienza in questa grande azienda non veniva valutata adeguatamente, e questa scarsa considerazione mi amareggiava”. Poi Marina viene contattata da un’azienda che ha ricevuto il suo curriculum attraverso il servizio di job placement dell’università. “Ma nello stesso periodo ho partecipato a un recruiting day: quindi mi sono ritrovata con due proposte di contratto in mano, una in Francia e una in Italia“.
Il piano è quello di tornare a casa, ma quando mette a confronto i contratti, le differenze sono evidenti: “L’offerta francese non solo prevedeva 500 euro in più al mese, ma proponeva un contratto a tempo indeterminato da subito anziché a tutele crescenti. E quindi io, che pensavo di tornare in Italia, ho scelto di cominciare qui, con uno stipendio più alto dei miei colleghi rimasti in Italia e soprattutto con più tutele”. Un’altra cosa che ricorda è che nessuno, in Francia, le ha fatto domande personali al colloquio: “In Italia ti chiedono perché ti sei laureata in ritardo, qui guardano a ciò che sai fare”. Adesso Marina vive vicino Nantes e lavora in un’azienda di consulenza per l’ingegneria, dove si occupa della supply chain, cioè del flusso di materiale tra la sua azienda e i fornitori. «C’è più lavoro, ma anche più competizione: tra Saint-Nazaire e Nantes ci sono molti poli industriali, l’incarico che rifiuti tu lo prende al volo un altro ingegnere”.
Lì ha trovato un compagno, degli amici, una prospettiva di futuro: ha un lavoro stabile e nel tempo libero fa volontariato con il primo soccorso. Del nord della Francia ama i paesaggi e l’apertura delle persone: “Non sono amichevoli come noi italiani, ma sono accoglienti. Quando sono arrivata non parlavo il francese, mi hanno dato una mano, mi sono venuti incontro. Mi ha colpito il rispetto delle regole e la multiculturalità: sull’autobus incontri persone di diverse etnie e religioni, non è mai un problema. Il livello di integrazione e di rispetto che c’è qui ha sorpreso anche gli amici che sono venuti a trovarmi”. Marina vuole sfatare lo stereotipo degli “italiani brava gente” e dei francesi ostili: “Amo davvero la mia terra, ma mi piacerebbe che anche in Italia ci fosse il senso di comunità che ho trovato qui: le persone ti sorridono di più, ti ringraziano, rispettano le regole al volante e in qualsiasi altro ambito. Questa, secondo me, è la chiave della convivenza civile, mi piacerebbe vedere più di questo senso di umanità anche in Italia“. Racconta che ogni estate prende tre settimane di ferie per tornare in Salento a respirare l’aria di casa: “Il Salento mi manca, ma sto mettendo radici qui – dice con una punta di amarezza – non credo di poter tornare in Italia“.